Home Blog Page 534

Vite d’acciaio

Precari / Cineforum, questo il titolo della rassegna cinematografica in svolgimento a Faenza, organizzata dalla Società cooperativa di cultura popolare, che da oltre trent’anni si occupa di ridisegnare le geometrie delle proposte culturali con laboratori e iniziative. Proprio all’interno della rassegna, è stato presentato Acciaio, tratto dal fortunato romanzo di Silvia Avallone, per la regìa di Stefano Mordini, che abbiamo raggiunto, cogliendo l’occasione per una chiacchierata sul bel lungometraggio presentato all’ultimo festival di Venezia.

In Acciaio, è centrale la tematica del lavoro, che lei sembra voler raccontare in quanto elemento di coesione e fondamentale importanza nei rapporti sociali e nelle relazioni interpersonali tra i protagonisti della storia. Qual è la sua interpretazione?

«In Acciaio e non solo, sono da sempre convinto che un’attenta rilettura dei diritti acquisiti in chiave progressista sia al centro dei rapporti sociali. Negli ultimi trent’anni, un preciso progetto neoliberista ha lavorato alla divisione sempre più netta delle classi sociali. Abbiamo assistito in silenzio ad una lotta di classe dall’alto verso il basso. A farne le spese coloro che hanno creduto in una rappresentanza che purtroppo non ha saputo controllare questo passaggio. Quella fiducia tradita ha sconvolto anche le relazioni interpersonali e nella classe operaia si è riscontrata una perdita d’identità».

Possiamo ancora parlare di classe operaia oggi e che senso assume questa definizione alla luce dell’Italia post-Berlusconi?

«Esiste una classe operaia, non esiste l’operaismo, ma di questo ce ne eravamo già accorti tempo fa, nel bene e nel male. Non esiste più il rapporto tra classe operaia e proprietà, nascosta dal finazialcapitalismo. Mi chiedo come sia possibile che nella società dei consumi ci sia un problema di occupazione».

Quale dovrebbe essere per lei la funzione del cinema oggi e il ruolo dell’intellettuale?

«L’intellettuale come uno stalker con il coraggio di portarci dentro La zona dove non tutto può essere spiegato con il solo raziocinio. Il cinema come espressione di punti di vista su ciò che siamo e che non riusciamo ad esprimere».

È possibile fare cinema indipendente in Italia?

«Direi di no, ma poi se penso ad alcune esperienze credo di sì. Certo serve grande passione e tanto, forse troppo sacrificio».

Lei è originario di Marradi e nei suoi film affronta spesso le dinamiche della provincia, dove le relazioni umane assumono spesso toni esasperati avendo a che fare spesso con mondi ristretti. Cosa ricorda della provincia?

«Ricordo una provincia che ha cercato per anni di omologarsi e da questo nasceva una sorta di frustrazione. Oggi mi sembra che la provincia possa diventare territorio di sperimentazione civica. Una sorta di piccolo prototipo per un’idea di vita migliore ».

Il film è stato presentato proprio in concomitanza della vicenda dell’Ilva di Taranto, crede sia stato importante il contributo della pellicola per poter affrontare il tema del lavoro con maggiore determinazione?

«Spero che qualcosa sul tema e sulla siderurgia italiana che in Acciaio è stato trattato, serva come spunto di riflessione. Credo che il cinema sia utile a questo, ma non sempre ci si riesce».

Pensa che oggi la fabbrica possa essere interpretata ancora alla luce della famosa frase produci consuma crepa?

«No, non credo. Penso che oggi si possa interpretarla con la frase Soltanto non ci hanno ucciso».

Un flash mob in difesa delle donne

Svegliatevi, ballate, partecipate! Fate quel che volete ma il 14 febbraio battete un colpo. Perché se «Un miliardo di donne violate è un’atrocità, Un miliardo di donne che ballano è una rivoluzione». Questo lo slogan del V Day di One Billion Rising, la giornata mondiale che contrasta la violenza sulle donne. Ravenna farà la sua parte. Si parte alle 12 in piazza del Popolo: il mondo della scuola si incontrerà per un flash mob di ballo sulle note dell’inno mondiale break the chain, letture, brevi performance e tanta creatività. Potete ballare come vi pare, massima libertà, l’importante è condividere il gesto finale della mano alzata e i colori rosso e nero. Alle 16.30, sempre in piazza del Popolo: danza, performance, letture, per tutta la cittadinanza. Alle 18 presso l’ESP di via Bussato 74 un altro flash mob di musica e performance.

14 febbraio, V Day di One Billion Rising, Ravenna. Info: mauriziap@gmail.com, pontidiva@ libero.it, http://obritalia.livejournal.com

Roba vecchia, buona

L’ultima parte dell’inverno in Romagna è forse la più difficile per alcuni, quelli che sono stati concepiti solo per rosolarsi sul lettino mentre da sotto agli occhiali da sole guardano le ragazze passare in riva al mare. Il tempo al chiuso non passa mai (e le occasioni di vedere una bella ragazza in costume scarseggiano). Io ovviamente adoro questa stagione. Idealmente proietto i miei piedi dentro ad un paio di pedule, appoggiati al bordo di un camino acceso di cui mi godo la fiamma e il caldo irregolare (faccia in fiamme e culo gelato) dopo una bella passeggiata solitaria al freddo.

Il momento migliore per raccontare/leggere/ ascoltare storie. Magari vecchie storie. Capita a fagiolo (alla gionuein) il Dizionario delle cose perdute di Francesco Guccini. Il maestrone voleva un diverso titolo, Quando al cinema pioveva, non si tratta infatti di palloso glossario con auliche spiegazioni, ma del racconto di cose che non ci sono più, oggetti e situazioni sospese in un delicato equilibrio di nostalgia, ironia e desiderio di non dimenticare tutto alla velocità della luce. Le siringhe di vetro per la penicillina, il flit, le fionde, le cerbottane, la carta moschicida, le sale da ballo, i liquori fatti in casa con le boccettine di estratti, le braghe corte, i pennini per l’inchiostro e le sigarette senza filtro (Nazionali Esportazione, che sul pacchetto verde avevano il veliero che si trova sulla copertina del libro). Non necessariamente a fermarsi un attimo a guardare indietro ci si trasforma in statue di sale, può essere l’occasione per riflettere su come le cose oggi passano in fretta e ce le godiamo di meno mentre c’è stato un tempo in cui ci si poteva godere di più le cose perché non erano usa e getta. Si, godere. Per quanto si possano godere un paio di mutande di lana fatte a mano.

“Temo che mia figlia stia diventando anoressica”

Cara dottoressa, sono la mamma di una ragazza di 13 anni e sono molto preoccupata perché in seguito allo sviluppo temo che mia figlia stia cadendo nell’anoressia. In un paio di occasioni l’ho sentita vomitare in bagno dopo un pasto abbondante, è molto dimagrita, dice di vedersi grassa… Non so come affrontare la cosa con lei e mi sento in colpa.
Grazie per il consiglio.

A., Ravenna

Cara A.,
per informazione passo ad elencarti i criteri specifici per fare diagnosi di anoressia nervosa, anche se ovviamente l’accertamento deve essere effettuato da uno specialista sulla base dei colloqui e degli esami su tua figlia. Il manuale statistico dei disturbi diagnostici (DSM-IV) impone che siano rispettati contemporaneamente dei set di criteri per poter parlare del disturbo in questione, ovvero: A) Rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o al peso minimo normale per età e statura (per esempio perdita di peso che porta a mantenerlo al di sotto dell’85% rispetto a quanto previsto, oppure incapacità di raggiungere il peso previsto durante il periodo di crescita in altezza, con la conseguenza che il peso rimane al di sotto dell’85% rispetto al previsto), B) Intensa paura di acquistare peso o di diventare grassi, anche quando si è sottopeso, C) Alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo o eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sui livelli di autostima, o rifiuto di ammettere la gravità dell’attuale condizione di sottopeso e D) nelle ragazze dopo il menarca, amenorrea, cioè assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi (in assenza di altre condizione in grado di giustificare l’assenza).

Detto ciò ti consiglio di parlare con uno specialista di tua fiducia per conoscere le dinamiche psicologiche del disturbo – nel caso dovesse essere diagnosticato poi a tua figlia – e per evitare inutili autocolpevolizzazioni che non hanno – credimi – ragione di esistere. L’anoressia è un disturbo che incute molta paura, soprattutto nei famigliari, ma non pensare che la battaglia contro questo male (qualora tua figlia dovesse esserne afflitta) sia persa in partenza, l’importante è non isolarsi e chiedere gli aiuti opportuni.

articolo rubrica con-divisione

Pellentesque habitant morbi tristique senectus et netus et malesuada fames ac turpis egestas. Vestibulum tortor quam, feugiat vitae, ultricies eget, tempor sit amet, ante. Donec eu libero sit amet quam egestas semper. Aenean ultricies mi vitae est. Mauris placerat eleifend leo. Quisque sit amet est et sapien ullamcorper pharetra. Vestibulum erat wisi, condimentum sed, commodo vitae, ornare sit amet, wisi. Aenean fermentum, elit eget tincidunt condimentum, eros ipsum rutrum orci, sagittis tempus lacus enim ac dui. Donec non enim in turpis pulvinar facilisis. Ut felis. Praesent dapibus, neque id cursus faucibus, tortor neque egestas augue, eu vulputate magna eros eu erat. Aliquam erat volutpat. Nam dui mi, tincidunt quis, accumsan porttitor, facilisis luctus, metus

Fruit of the book

0
fruit-of-the-book
il particolare di un’esposizione al Fruit 2012

L’editoria è in crisi? La carta stampata ormai da museo? Forse approfittando del secondo appuntamento con Fruit. self-publishing exhibition in programma a Bologna dal 23 al 26 marzo qualcuno cambierà idea.

L’evento si svolgerà in concomitanza e sinergia con la Fiera del Libro per Ragazzi ed il suo nucleo è rappresentato dalla mostra mercato di editoria self-publishing italiana ed internazionale che riunisce eccellenze editoriali di diverse dimensioni spaziando dall’illustrazione alle arti visive, dalla grafica alla fotografia, fino al fumetto ma proponendosi anche e soprattutto quale strumento di indagine, promozione ed esposizione delle molteplici forme che assume la stampa contemporanea.

«L’intero progetto – spiega la curatrice Anna Ferraro – a partire proprio dalla scelta della concomitanza con una grande fiera, fa leva sull’incontro tra il grande e il piccolo, vale a dire il grande editore incontra il microeditore, il grande illustratore viene intervistato dall’emergente e così via. Inoltre organizziamo incontri e conferenze, laboratori per bambini e adulti ed un tour di micro case editrici e spazi di autoproduzione bolognesi o convogliati in città».

Si tratta dunque di un progetto concreto e al contempo ambizioso per i tempi di magra che corrono, nato fattivamente nell’estate di due anni fa ed esordiente nella città felsinea nel marzo 2012.

road
jhvjh ufukyfg ui fuy ofguy o

«Se dovessimo fare un bilancio del primo anno ci diremmo piuttosto soddisfatti del percorso intrapreso – continua – Il progetto ha avuto un riscontro immediato da parte degli editori, del pubblico e anche delle Istituzioni che hanno fortemente creduto in noi come ad esempio Comune e Provincia di Bologna che hanno sostenuto il progetto sin dal primo momento. I feedback sono stati indubbiamente positivi. Siamo consapevoli che si possa ancora migliorare, ci stiamo impegnando molto in questo senso e i risultati ci auguriamo si potranno apprezzare già in questa seconda edizione. Inoltre si è consolidata e ampliata la rete di collaborazioni con una serie di realtà che stimiamo e si è intensificata la sinergia con la fiera, cosa che rappresenta per noi un traguardo importante». Le aspettative sono dunque di tutto rispetto. Dato l’esordio per l’edizione 2013 il pubblico di appassionati si augura di poter ammirare e acquistare progetti editoriali mai visti prima a Bologna mentre l’organizzazione auspica che gli sforzi fatti conducano all’inizio di nuove interessanti collaborazioni che forniscano arricchimento per la città e per tutti i fruitori, oltre che implementare il numero dei paper addicted, ovvero di avvicinare e appassionare all’editoria creativa un numero di persone sempre maggiore. «Purtroppo anche Fruit si inserisce in un momento di incertezza generale – conclude Ferraro – che impedisce di fare previsioni. Certamente vorremmo che diventasse un appuntamento cittadino atteso e partecipato come accade per altri festival. Come obiettivi abbiamo sicuramente quello di viaggiare proponendo dei focus in altre manifestazioni e di programmare incontri e percorsi didattici durante tutto l’anno». Insomma un inizio niente male per questa operazione di resistenza e salvaguardia di un’editoria tradizionale e dell’autoproduzione.

 

CONTAGIOSA EVOLUZIONE CULTURALE

Vuoi dare un senso al tuo fine settimana? Iscriviti a Meme – unità contagiosa di evoluzione culturale, tre laboratori di teatro o teatro danza proposti dalle compagnie Menoventi, In_ocula, gruppo Nanou. Tre sguardi differenti pensati secondo una logica comune: accompagnare i partecipanti attraverso un iter pluriforme, che sappia far interagire le differenti proposte, senza tentare fusioni ma rispettandone differenze attingendo forza proprio dal confronto comune. Ogni laboratorio (articolato in due week end) si svolgerà venerdì sera e sabato e domenica pomeriggio presso gli spazi della Casa del Teatro di Faenza. Il primo sarà esercizi di stile (1/3 e 8/10 febbraio) guidato da Gianni Farina e Consuelo Battiston (Menoventi), per poi procedere con gruppo Nanou e dancing hall project (1/3 e 8/10 marzo) e concludere con reexistence di Inocula (22/24 marzo e 5/7 aprile). Ognuno dei tre esiti sarà presentato al pubblico in un unico evento finale, il 14 aprile al Masini di Faenza.

Info: 331 9528553, lab@inocula.it, laboratori_ meme@hotmail.it, e-production.org

La struttura del desiderio

LA-STRUTTURA-DEL-DESIDERIODue meritatissimi premi (Ubu e Hystrio) alla regìa di Antonio Latella per Un tram che si chiama desiderio, drammone di Tennessee Williams del 1947 che molti ricordano per l’omonimo film di Elia Kazan (con Vivien Leigh e Marlon Brando) o, in anni più recenti, per Tutto su mia madre di Pedro Almodóvar, pellicola in cui il dramma ha un ruolo focale. Antonio Latella, che da anni vive e lavora tra Berlino e l’Italia, in questo spettacolo assembla un congegno in cui la struttura e il linguaggio usati sono continuamente dichiarati, messi in evidenza, allo scopo di raffreddare, e dunque di intensificare (McLuhan docet!), una vicenda così carica di pathos che, altrimenti, facilmente potrebbe scadere nell’eccesso enfatico e appiccicaticcio. Il regista campano raffredda e opacizza il linguaggio, mostra il meccanismo, dichiara la finzione, insomma, ad esempio facendo recitare a un attore tutte le didascalie del copione, o creando precise sfasature drammaturgiche, come racconta la protagonista Laura Marinoni (Blanche): «la didascalia recitata descrive un personaggio che si abbottona la camicetta, mentre l’attrice resta immobile». O lasciando la platea illuminata e accogliendo una scenografia composta da scheletri di mobili, cavi, aste di microfoni, fari e macchinerie che ingombrano il palco e che sono azionati a vista dagli attori. Certo c’è Brecht, dietro a tutto questo, e il suo rifiuto dell’immedesimazione dello spettatore, per un teatro inteso come strumento di consapevolezza sociale e affilata arma di lotta politica. In Latella, figlio di un’epoca affatto diversa, resta una grande, preziosa, sapienza teatrale. E non è poco. (michele pascarella)

17 gennaio, Un tram che si chiama desiderio, regìa di Antonio Latella. Teatro Alighieri, Ravenna. Info: ravennateatro.com/prosa

BUONE NOTIZIE DA FORLÌ

BUONE-NOTIZIE-DA-FORLiIl 2013 forlivese inizia bene: il Teatro Diego Fabbri, il luogo di spettacolo più istituzionale della città, accoglie per la prima volta una rassegna dedicata al teatro e alla danza contemporanei. Quattro appuntamenti doppi (alle ore 20.30 e alle 22.30) in due teatri della città: il Diego Fabbri e Il Piccolo. Il primo appuntamento della rassegna, affidato all’apocalittico e compassionevole Displace (nella foto di Luigi Angelucci) di Muta Imago e a Il giro del mondo in 80 giorni di MK, grande prova di maestria e capacità visionaria dell’ensemble romano, ha portato a Forlì appassionati, studiosi e giornalisti da tutta la regione (tra cui numerosi esponenti del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna): rara quanto preziosa occasione data alla città dalla nuova direzione artistica, formata da Ruggero Sintoni e Claudio Casadio (Accademia Perduta/Romagna Teatri), Lorenzo Bazzocchi (Masque Teatro) e Claudio Angelini (Città di Ebla). Nel programma a venire: Santasangre (Bestiale improvviso), Carlotta Sagna (Tourlourou), Accademia degli Artefatti (My Arm), Ivo Dimchev (I-On), Virginio Liberti/ Gogmagog (Non è quel che sembra) e Maria Donata D’Urso (Pezzo O [due] e Strada étude). Esempi di come l’arte performativa possa essere espressione di un articolato e critico pensiero sul mondo, e al contempo proposta di una coraggiosa alternativa. (michele pascarella)

Fino al 12 aprile, Teatro Diego Fabbri e Teatro Il Piccolo – Forlì, Stagione Contemporaneo. Info: teatrodiegofabbri.it/contemporaneo

TESORI IN SOFFITTA

un momento delle Brigate teatrali Omsa a cura del Teatro Due Mondi
un momento delle Brigate teatrali Omsa
a cura del Teatro Due Mondi

«Avvengono miracoli, se siamo disposti a chiamare miracoli quegli spasmodici trucchi di radianza»: i versi di Sylvia Plath vengono in mente, a leggere i titoli della 25ª rassegna di teatro, danza, musica e cinema promossa dal Centro La Soffitta dell’Università di Bologna. È davvero miracoloso il programma che, nonostante i tagli forsennati e implacabili, il responsabile scientifico Marco De Marinis, assieme ai suoi collaboratori, è riuscito a costruire: 24 spettacoli di teatro e danza, 7 concerti, 4 presentazioni di libri di musica e 2 di teatro, 10 incontri con gli artisti, 5 convegni e seminari, 2 rassegne video, una mostra e 5 laboratori. Per di più, quasi tutto è a ingresso gratuito.

Alcune segnalazioni dal ricchissimo calendario (con l’invito a visionarlo per intero con l’attenzione che merita). Si celebrano i primi vent’anni della compagnia Le Belle Bandiere con una serata d’onore, a cura di Gerardo Guccini, in cui i fondatori, Elena Bucci e Marco Sgrosso, sono protagonisti dello spettacolo La pazzia di Isabella. Vita e morte dei comici gelosi.

Un’intera giornata, nel mese di marzo, è dedicata a Claudio Meldolesi, professore di Drammaturgia e Storia dell’attore all’ateneo bolognese: alla mattina un convegno e al pomeriggio una Festa, con la regìa di Claudio Longhi, cui sono invitati artisti ex allievi di Meldolesi, tra cui Andrea Adriatico, Anna Amadori, Kassim Bayatly, Elena Bucci, Stefano Casi, Elena Guerrini, Angela Malfitano, Marco Martinelli, Francesca Mazza e Ermanna Montanari.

Tornano a Bologna il mitico Odin Teatret di Eugenio Barba e, in collaborazione con l’Arena del Sole, Enzo Moscato (di cui si segnala, tra le altre cose, Ritornanti, recital/reading dai suoi spettacoli Spiritilli, Trianon e Cartesiana). La compagnia romana O Thiasos Teatronatura, che da anni con rigore incarna e reinventa la tradizione grotowskiana, realizzando spettacoli e azioni in natura alla ricerca del genius loci, presenta gli spettacoli La donna scheletro e Demetra e Persefone, oltre al laboratorio (riservato agli studenti) Natura dentro: il mito, il canto e l’azione narrante.

Nell’ambito del progetto Teatro e comunità, curato da Cristina Valenti, oltre al commovente Pinocchio presentato da Babilonia Teatri/ Compagnia Gli Amici di Luca, si segnalano due coraggiose proposte del Teatro Due Mondi: Lavoravo all’Omsa, spettacolo con la regìa Alberto Grilli in cui, in un allestimento scenico minimale, attori e attrici della compagnia sono in scena assieme a una delle operaie che hanno vissuto la chiusura della fabbrica faentina e, con riferimento alla stessa vicenda (attorno alla quale il gruppo si è enormemente speso in questi anni), le Brigate teatrali Omsa: azioni di strada con la partecipazione di ex operai Omsa, attori e non attori, realizzate per l’occasione nel tratto pedonale di via d’Azeglio, in centro città.

Danza: il progetto di quest’anno, a cura di Elena Cervellati, è dedicato al coreografo Enzo Cosimi, che presenta, tra l’altro, la sua prima creazione coreografica, riallestita a trent’anni dal debutto, Calore. A proposito dei «trucchi di radianza» di cui parlava Sylvia Plath: questi lampi, queste piccole scintille, queste preziose fiammelle, in mezzo al buio feroce degli anni che stiamo vivendo, ci fanno davvero ben sperare. E ringraziare.

MICHELE PASCARELLA

Curzul a la Canténa

CURZUL-A-LA-CANTeNASulla strada che da Faenza volgerebbe a Modigliana, basta prendere invece a destra e si raggiunge Brisighella passando per la parrocchia di Sarna. Qui, negli anni ’60, il Botteghino di Sarna, con una di quelle licenze di una volta che ci vendevi di tutto, dalle scarpe, agli alimentari, alle bombole del gas, cominciò a preparare merende per i gitanti domenicali, che ci presero gusto e di lì a poco ci vennero proprio a pranzo e a cena e il botteghino cambiò nome.

Divenne la Canténa d’Sêrna. Da quasi quindici anni la sfoja lorda in brodo, la trippa, i tagliolini colle regaglie di pollo, le pezze di sacco coi canellini e il rosmarino, te li serve il signor Benedetti. La sua mamma, Elena Neri, il coniglio lo mette in casseruola, con l’olio, alle nove di mattina. Gli fa fare l’acqua e poi ci aggiunge cipolla e aglio triti, prezzemolo, sale, pepe e lo fa cuocere prima coperto e poi no, sulla piastra per la piadina. Pianino. All’una è pronto. D’estate, sotto il pergolato ci si starà anche in centocinquanta che ci vengono per mangiare anche la carne ai ferri. Col castrato, il cuoco, Endreo Bosi, ci fa pure i curzul, dei grossi tagliolini all’uovo, autoctoni faentini, che prendon nome dalle stringhe degli zoccoli di un tempo. Nel trito di aglio e cipolla, col loro filo d’olio, ci butta il ragù di castrato, tagliato al coltello. Si bagna con un po’ di rosso, si aggiungono i pelati e poi si lascia cuocere per un paio d’ore. Chi vuol esagerare con un dolce casalingo, d’estate è consigliabile ci arrivi in bicicletta per poi smaltire gli inevitabili eccessi con la pedalata di ritorno. A febbraio, invece, si può solo sperare di non dover bruciare le calorie in eccesso spalando una di quelle calme nevicate che sanno rendere morbida tutta la bella campagna attorno.

La Canténa d’Sêrna, via Sarna 221, Faenza (RA). Info: 0546 43045, info@lacantinadisarna.it

Magico couscous

0

MAGICO-COUSCOUSTipico non solo dei Paesi desertici: il couscous, curiosamente, fa parte anche della tradizione italiana. Ne parla perfino l’Artusi nell’irrinunciabile la Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene chiamandolo cuscussù. «È un piatto d’origine araba – si legge alla ricetta n°46 – che i discendenti di Mosè e di Giacobbe hanno (…) portato in giro pel mondo (…). Ora è usato in Italia per minestra dagli israeliti, due dè quali ebbero la gentilezza di farmelo assaggiare e di farmi vedere come si manipola». Multietnico e gustoso, pietanze a base del piatto più diffuso del pianeta, insieme a pasta e riso, si trovano un po’ in tutto il Mediterraneo ed in molte zone del nostro Meridione, soprattutto della Sicilia. Non male per un cibo inventato dalle tribù Berbere del Magreb, le cui prime testimonianze scritte risalgono all’Andalusia del XIII secolo.

«Fatto sta che proprio noi ne siamo i massimi produttori – sottolinea il giornalista gastronomade chef Kumalé alias Vittorio Castellani nelle sue tante conferenze/degustazioni di cucina internazionale – grazie alla bella realtà emiliana di BIA». Il pastificio Bacchini Industrie Alimentari, infatti, ogni anno fa uscire dagli impianti di Argenta oltre 18.000 tonnellate di biondi chicchetti in confezioni che si possono trovare davvero in ogni dove.

«Pur se semplice, serve perizia nel farlo e comunque occorre materia prima d’eccellenza e tanta sensibilità. Alla fine diventa un cibo completo, un vero e proprio piatto unico. Gli ingredienti sono pochissimi: grano duro e acqua per trasformare la farina in una sorta di sabbia a grana grossa. Lo stesso nome sarebbe onomatopeico col ritmico suono dei bracciali portati dalle donne indigene mentre, appunto, girano tra le mani l’impasto».

Tuttavia questo cibo ha, culturalmente parlando, una ricchezza ben più grande del suo potere nutrizionale, che sta nell’eccezionale significato ambientale dettato dai luoghi di origine. Dovendo servire come vettovaglia nei lunghi spostamenti nel deserto, oltre ad essere facilmente conservabile perché esclusivamente essiccato, non spreca acqua come la pasta in quanto, per cucinarlo, basta l’equivalente del suo peso in liquido. Si reidrata ed insaporisce cuocendo al vapore di verdure o carni con cui può essere accompagnato, nell’enorme versatilità di pietanze in cui riesce a trovare impiego.

MONICA ANDREUCCI

LA CHIOCCIOLINA

LA-CHIOCCIOLINAQuando voglio darmi arie da esperto, io la chiamo at, ma in Italia è più nota come chiocciola o chiocciolina. Oggi i grafici ne abusano, è utilizzata come segno di tecnologia e modernità. Se in un logo scrivono c@ffè invece che caffè, significa che quello è un bar per nativi digitali, con il wi-fi gratis e tutto il resto…

Invece io mi ricordo che era l’unico segno incomprensibile sulla tastiera del mio primo personal computer, a metà degli anni Ottanta.

Fu un ingegnere americano di nome Ray Tomlinson, uno dei padri di Internet, a darle improvvisa e universale notorietà. Tomlinson infatti sviluppò un sistema di posta elettronica da utilizzare su Arpanet, la rete antenata del Web. Gli serviva un simbolo da inserire tra il nome del destinatario e il nome del server ospitante, e l’occhio gli cadde su quel segno lì.

Erano gli anni Settanta, ma il simbolo @ si trovava sulle tastiere delle macchine da scrivere anglosassoni già dalla fine dell’Ottocento. Si usava in ambito commerciale ed aveva il significato di at the price of, al prezzo di.

La sua storia però parte da lontano. Secondo alcuni, era una contrazione grafica del latino ad (verso) usata dai monaci medievali, molto adusi alle abbreviazioni per risparmiare inchiostro e pergamena…

Di altro parere è Giorgio Stabile, docente alla Sapienza di Roma, che nel corso di una ricerca svolta per la Treccani, ha documentato che il misterioso simbolo appare solo in testi che adottano la scrittura mercantesca, cioè la grafia commerciale usata dai mercanti italiani – in particolare fiorentini e veneziani – a partire dal tardo medioevo. Nel suo articolo L’icon@ dei mercanti sostiene che in origine il simbolo indicasse in realtà la parola anfora nel significato specifico di unità di misura, di capacità e di peso, usato già nell’antica Grecia e a Roma. Nei secoli successivi l’uso dell’@ si diffuse, nel linguaggio contabile anglosassone, come commercial at col significato di at a price of, seguito da un valore numerico indicante la quantità di moneta. E così finì sulle tastiere delle macchine da scrivere e dei computer.

Nel 2010 il dipartimento di Dipartimento di Design del MOMA di New York, diretto dalla leggendaria Paola Antonelli, ha inserito la chiocciolina nella propria collezione.

Per la Antonelli questa acquisizione apre una nuova era, che decreta la fine del possesso fisico dell’opera d’arte: la chiocciola del web appartiene a tutti, ed è un simbolo che merita di essere tutelato da uno dei più importanti musei d’arte moderna del mondo.

@ccidenti.

BILBOLBUL, FUMETTI AD ARTE

BILBOLBUL-FUMETTI-AD-ARTEDa giovedì 21 a domenica 24 febbraio Bologna torna ad essere capitale della graphic novel e del fumetto d’autore. Si alza il sipario sulla 7ª edizione del BilBOlbul, coinvolgente festival internazionale di fumetto, punto d’incontro/confronto tra grandi artisti e giovani talenti di quest’arte. L’intera città ne è coinvolta (tante sono le location interessate), con incontri, proiezioni, performance, concorsi, laboratori e soprattutto mostre che metteranno in relazione il fumetto e gli altri linguaggi della cultura contemporanea. Le mostre sono la punta di diamante della rassegna. Si potranno ammirare le opere (e incontrarne gli autori) di Vittorio Giardino, Jason, Henning Wagenbreth, Aisha Franz, Lorenzo Mattotti, dei Tonto Comics, dei Mamut Comics, dei Peso Alle Immagini, di Berliac, Allegra Corbo, Luca Vanzella e Luca Genovese, Andrea Zoli, Michelangelo Setola, Silvia Rocchi, Tomi Um, Nicolò Pellizzon, Sam Alden, Sharmila Banerjee, Laura Scarpa, Lorena Canottiere, Alice Milani e Michela Osimo, Marta Iorio, Tracciamenti, Manuele Fior, Emiliano Ponzi, Liliana Salone, Yocci e Fabio Bonetti, di Amenità, dei Remake, dei Lök e di Eleonora Marton. Ma grande attenzione BilBOlbul dedica anche all’infanzia, per far emergere il grande potenziale pedagogico di questo linguaggio con iniziative di divulgazione del fumetto, formazione di nuovi lettori e attività laboratoriali nelle scuole e nelle biblioteche. La Cineteca di Bologna fungerà da polo delle attività per i più piccoli. Info: bilbolbul.net

Udine contemporanea

UDINE-CONTEMPORANEADormire in centro: Hotel Vecchio Tram; Hotel Clocchiatti Next; zona fiera: Hotel Continental. Udine Città del Tiepolo (4ª edizione): nella seicentesca Villa Manin (Passariano, Codroipo), eccezionale mostra: Giambattista Tiepolo. Luce, forma, colore, emozione (fino al 7 aprile); I colori della seduzione. Giambattista Tiepolo e Paolo Veronese (fino all’1 aprile, Castello di Udine); Museo Diocesano e Gallerie del Tiepolo; Oratorio della Purità. Musei: Casa Cavazzin recente restauro su progetto di Gae Aulenti (Metamorfosi. Le collezioni Moroso fra design e arti visive). Gallerie: Galleria Tina Modotti (all’interno dello storico mercato del pesce, in stile liberty); Gallerie del Progetto (Palazzo Valvason Morpurgo) è una sezione della Galleria d’Arte Moderna dedicata al tema della progettualità in architettura e nel design in Friuli. Visite: Arco Bollani di Andrea Palladio; Monumento alla Resistenza (dell’architetto friulano Gino Valle); Banca Popolare di Gemona del Friuli e Casa Veritti (del veneziano Carlo Scarpa); Ville Venete in provincia di Udine: Villa Elodia (Trivignano Udinese); Villa Beria (Manzano); Castello di Villalta (Fagagna). In provincia di Pordenone: Villa Varda (Brugnera); Castello di Cordovado (Cordovado). In provincia di Gorizia: Villa Locatelli (Cormons); Villa della Torre Hohenlohe (Sagrado). Escursioni: Strada dei sapori e del Friuli collinare (turismofvg.it); Cividale per la visita al Tempietto longobardo. Librerie: Libreria Antiquaria; La Tarantola. Enograstromia: Wolf Sauris (prosciuttificio dal 1862). Locali d’autore: Caffè Contarena in stile Art Nouveau (opera dell’architetto friulano D’Aronco); per un taglio al banco: Osteria al Cappello; per cena a Udine: la Ghiacciaia; nei colli: Osteria Da Toso (Leonacco di Tricesimo) con griglia magica; Agli Amici (Godia), uno dei migliori ristoranti della regione (organizzano anche corsi di cucina). (Roberto Bosi)

*piccoli viaggi culturali consigliati da ProViaggiArchitettura

L’ex magazzino Sir di ravenna

2

ex-magazzino-sirSono sicuramente pochi gli edifici abbandonati che possono vantare l’interesse sollevato dall’ex Sir di Ravenna, che da qualche anno a questa parte è salito alla ribalta dell’opinione pubblica. Una pagina facebook dedicata, convegni, conferenze, articoli comparsi periodicamente sulla stampa locale e sul web hanno reso noto ormai a tutti il sigarone, così scherzosamente soprannominato per la sua caratteristica forma allungata. Complice di questo successo potrebbe essere la posizione del complesso, che sorge nel quartiere portuale della dismessa Darsena di Città, coinvolta in un piano di riqualificazione, all’interno del quale è già stata realizzata la Torre del Canale, progettata dall’architetto Cino Zucchi.

L’ex magazzino Sir, adibito allo stoccaggio di concimi chimici per l’agricoltura, fu costruito tra il 1956 e il 1957, su progetto dell’ingegnere ferrarese Elio Segala. L’elemento che più contraddistingue l’edificio è la struttura portante interna, costituita di 34 archi parabolici in cemento armato che nella loro fuga prospettica conferiscono all’ambiente un forte impatto spaziale. La suggestione di questo luogo è stata immortalata dal fotografo Gabriele Basilico, in occasione della mostra intitolata La riqualificazione delle aree urbane in Emilia Romagna. Tale tipologia costruttiva deriva dai modelli sviluppati da Pier Luigi Nervi fin dagli anni Trenta e che hanno trovato ampia diffusione sul territorio nazionale, dove ancora oggi esistono numerosi esempi di questi magazzini, detti paraboloidi. All’esterno una lunga tettoia copre l’intero corpo di fabbrica, che su uno dei due lati è ritmato da quattro piccole torri destinate a stazioni di carico.

Dismesso a metà degli anni Ottanta e utilizzato fino a tempi recenti come deposito di materiale edile, a seguito anche di una sentita mobilitazione da parte della cittadinanza, l’ex magazzino è scampato alla demolizione, mentre ora la discussione sembra essersi spostata sulle modalità del suo recupero. Tutto ciò ha contribuito a far diventare il sigarone una vera e propria star dell’archeologia industriale nostrana.

BIBLIOGRAFIA

I. Zannier (a cura di), Viaggio nell’archeologia industriale della provincia di Ravenna, Longo editore, Ravenna, 1997; G. Basilico, L.R. 19/98. La riqualificazione delle aree urbane in Emilia Romagna, P. Orlandi (a cura di), catalogo della mostra, IBC, Editrice Compositori, Bologna, 2001; F. Santarella (a cura di), Il magazzino Ex-Sir, Ravenna, 2012, in beppegrillo.it.

La fotografia come letteratura

Nino Migliori, Il tuffatore
Nino Migliori, Il tuffatore

Il perfetto tuffo, quasi improbabile e atleticamente ineccepibile, che accoglie il visitatore al secondo piano di Palazzo Fava, ci fa riflettere sulla straordinaria potenza del mezzo fotografico. Per Nino Migliori la fotografia è «l’interpretazione del reale», è parola ed è più vicina alla letteratura perché esprime concetti, suggestioni, impressioni, come in un grande racconto, intimo e personale.

Schivo e riservato, lontano dai riflettori, ormai 87enne, Migliori è più conosciuto all’estero che in Italia e, finalmente, questa grande antologica bolognese gli rende omaggio attraverso oltre 300 opere, suddivise in cicli distinti e poeticamente differenti, ma legati da un’unica grande poesia. Artista poliedrico e ricercatore, Migliori non ha mai amato la ripetizione in arte e nella vita, vocazione, questa, che condivide con un altro grande artista, da lui molto ammirato: Pablo Picasso. «Mi guardo attorno e cerco – e trovo – sempre qualcosa di nuovo», afferma, poiché nella vita bisogna sapere sorprendere.

E la sorpresa è davvero tanta alla fine di un lungo percorso che inizia idealmente con un omaggio all’Emilia, attraverso quegli scatti intensissimi che raccontano tutta l’epopea dell’Italia postbellica, in un realismo struggente ma mai retorico. E poi le sperimentazioni delle segnificazioni o il bellissimo omaggio alla Bottega del macellaio di Annibale Carracci, dove, in una sorta di camera oscura si avverte il passaggio di stato della materia che imputridisce e si sfalda, come in quadro informale.

Non poteva mancare un omaggio a Morandi, con cui condivide «la calma sospesa e indefinita» come avverte il critico Graziano Campanini, che ha brillantemente curato la mostra. Ma la sorpresa nella sorpresa è sicuramente l’installazione Orantes, una riflessione attualissima sul ruolo del potere oggi, del gesto dell’inchino e del prostrarsi (metaforico e non), del riverire qualcuno o qualcosa di importante. L’avvicinarsi a questi oggetti in bronzo, tra proiezioni video e un sonoro avvolgente, ci fa scoprire la nullità di quel gesto e la vera essenza di quella platea. Anche in questo caso, una vera e propria sorpresa.

Fino al 28 aprile, Nino Migliori a Palazzo Fava, a cura di Graziano Campanini. Bologna, Palazzo Fava, Palazzo Pepoli, Casa dei Saraceni. Info: genusbononiae.it

L’ultima fatica dei raveonettes

0

Se sento una canzone dei Raveonettes penso immediatamente che la metafora abusata per descrivere il loro genere, cioè che sarebbe un sapiente mix tra le vocalità degli Everly Brothers e la musica dei Jesus & Mary Chain, è una bufala di qualche ufficio stampa che ha attecchito tra i pigri recensori. Come i Raveonettes suonano solo i Raveonettes, e l’originalità, loro ne sono una conferma, è la dote migliore per non ballare soltanto un’estate.

Attivi dal 2001, i danesi Sune Rose Wagner e Sharin Foo hanno pubblicato a fine 2012 il loro sesto album intitolato Observator e come sempre lo stanno suonando in giro per il mondo. La data che li porta a Rimini è l’occasione per scoprire qualche segreto della loro carriera parlandone con Sune Rose finalmente guarito dai malanni alla colonna vertebrale che lo hanno costretto ad un lungo periodo di immobilità. Non posso che esordire chiedendogli se le sue condizioni di salute abbiano inciso sul risultato finale delle canzoni.

«Sì, naturalmente. Così vanno le cose, l’ispirazione nasce non soltanto dalle situazioni positive ma anche da quelle negative. Il mio stato d’animo e di salute hanno interessato gran parte del songwriting: in questo album parlo di amore non corrisposto e di promesse non mantenute, è di gran lunga il lavoro più scuro che abbia mai scritto».

In effetti dai testi emerge come ti sia dovuto relegare al ruolo di osservatore della realtà piuttosto che viverla dinamicamente.

«Sai, a volte è necessario fermarsi e guardare il mondo in movimento: le vite intorno a te assumono un ruolo diverso, magari anche di motore della tua vita. Ci si lascia volutamente soli per contemplare il significato dell’esistenza».

Per quanto riguarda le registrazioni vi siete affidati nuovamente a Richard Gottehrer, tecnico del suono del primo album. È un ritorno al passato?

«Richard è un grande produttore, ha lavorato anche con Jerry Lee Lewis e per me è soprattutto un caro amico, anzi di più, considero lui e sua moglie i miei genitori americani. Comunque questo non ha niente a che vedere con il passato, noi guardiamo avanti. Sempre!».

E infatti sul disco c’è la grossa novità dell’utilizzo del pianoforte.

«È uno strumento meraviglioso, lo scopriamo solo ora e quasi per caso: c’era un riff del singolo Observations che non riuscivo a rendere bene con la chitarra, così ho utilizzato un pianoforte e tutto ha suonato perfettamente».

L’impronta musicale, vostro vero marchio di fabbrica, rimane però la stessa: un suono retrò, ma che in realtà scaturisce dall’utilizzo di tonnellate di tecnologia.

«Amo la tecnologia. Sono un nerd che impazzisce a collegare centinaia di spinotti e che gode degli stimoli che vengono dal suono del computer. È sempre stato così. Abbiamo sempre registrato con i computer, senza amplificatori».

Hai dichiarato che Observator potrebbe essere il vostro ultimo album. .

«Probabile. L’idea di fare album non mi interessa più di tanto per i Raveonettes, sento che abbiamo di meglio da offrire, nel senso che preferisco concentrarmi sullo scrivere singole canzoni. Comunque non sono ancora sicuro di ciò che sarà in futuro, ma difficilmente faremo nuovi album».

Tu e Sharin state entrambi per compiere quarant’ anni, come vivi questo traguardo?

«Ne siamo molto felici, personalmente ho sempre desiderato invecchiare!».

Avete già suonato in Romagna cinque anni fa. Hai ricordi legati a quella data?

«Fu fantastico, in generale amiamo moltissimo suonare in Italia e non te lo dico per piaggeria».

 

GIANMARCO PARI

Ps. Suonano al Velvet Club di Rimini il 19 febbraio

Centinaia di chilometri disseminati di crossroads

Sarà Enrico Rava, assieme a Giovanni Guidi, ad inaugurare l’edizione Crossroads 2013, il 28 febbraio al Teatro De André di Casalgrande (Re). Da febbraio a fine maggio il jazz sarà di nuovo itinerante lungo tutta la regione con nomi internazionali ed emergenti nella 14ª edizione di questa stimolante rassegna, organizzata come sempre da Jazz Network in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura della Regione Emilia Romagna e numerose altre istituzioni.

Dopo l’inaugurazione con Rava, che tornerà il 14 aprile a Imola (Teatro dell’Osservanza), il mese di marzo sarà dedicato alle voci femminili come fosse una lunga festa della donna nel jazz: un cast di interpreti ad esplorare gli stili più vari. Chi propone la musica brasiliana e il repertorio di Gilberto Gil come Barbara Casini col suo trio Barato Total, (Cesenatico, 2 marzo, Teatro Comunale), chi come Tiziana Ghiglioni rende omaggio a Duke Ellington (Massa Lombarda, 8 marzo, Sala del Carmine). L’intensità della vocalità afroamericana sarà invece nel repertorio di Cheryl Porter, col suo quartetto (Argenta, Teatro dei Fluttuanti, il 15) mentre altre voci femminili saranno quelle di Ada Montellanico, artista che ha definito lo standard vocale del jazz italiano dagli anni Ottanta ad oggi e che sarà presente in duo col chitarrista Francesco Diodati (Solarolo, il 21, Oratorio dell’Annunziata) e quella di Chiara Pancaldi, rappresentante invece delle novità che stanno affiorando sulla scena nazionale, con il suo quintetto (Massa Lombarda, il 22).

Sempre in marzo ci sarà spazio anche per il jazz strumentale come nel caso dell’effervescente duo tromba-pianoforte formato da Fabrizio Bosso e Julian Oliver Mazzariello (Longiano, Teatro Petrella, il 14) e dei tre concerti a Castel San Pietro Terme (Cassero Teatro Comunale) con il travolgente trio BassDrumBone del trombonista Ray Anderson più la performance in duo della danzatrice Teri Jeanette Weikel con il percussionista Michele Rabbia (il 16) o l’incontro tra gli Improplayers e Michele Rabbia (il 17). E siamo solo a metà programma, perché ad aprile e maggio il festival offre ancora tanti appuntamenti fino ad ospitare all’interno del suo cartellone il Ravenna Jazz. Un festival lungo tre mesi che ha per palco l’intera regione Emilia Romagna, passando dal Conservatorio di Piacenza al JazzClub di Ferrara, dal Teatro Asioli di Correggio fino al Teatro degli Atti di Rimini per 40 concerti e oltre 270 chilometri di musica. Un’occasione per gli appassionati di jazz per diventare anche metanisti convinti.

Machweo e Go Dugong al Diagonal

0

Per gli amanti della musica electro, questa potrebbe essere un’occasione da non perdere. Al Diagonal, che sempre più spesso dedica i suoi mercoledì alla scoperta delle nuove correnti musicali digitalizzate, sarà previsto un doppio appuntamento con due nomi che meritano. Machweo (foto), uscito a novembre scorso con l’EP No way out descrive la sua musica come dance fredda, lenta e morente. Fredda come il nord, lenta come muoversi in un sogno e morente come un riff che si ripete all’infinito. Go Dugong, che dedica al nome all’animale che ispirò la leggenda delle sirene, ha un suono dance nel senso più convenzionale del termine, che sostiene l’atmosfera del club. Come Machweo, Go Dugong ha prodotto diversi mix ed è uscito a luglio 2012 con l’EP White Sun, un disco che ci sveglia piano come un’alba d’estate. (caterina cardinali)

 

27 febbraio, Diagonal, Forlì,viale Salinatore 101. Info: diagonalloftclub.it