Ho percorso la via Emilia da Rimini a Faenza e poi da Faenza a Bologna. Con calma, nei giorni delle vacanze, in mattinate di sole. La luce di taglio, la radio accesa, una guida senza meta. Ho incontrato un paesaggio familiare e rassicurante. Un percorso che dalla Romagna arriva alle porte dell’Emilia come una linea ininterrotta di città, paesi, frazioni che sfumano una sull’altra. I campi coltivati ad albero da frutto lasciano il posto ai bar, alle trattorie, ai chioschi delle piadine, prima a strisce, poi a tinta unita. Si susseguono le attività commerciali, le imprese edili, i capannoni, i semafori, le rotatorie, i concessionari di auto, i rivenditori di macchine agricole, di mobili, le fabbriche. Le insegne raccontano di lavoro, piccole storie di prosperità.
Sotto a tutta questa operosità vive una fervida proposta di cultura underground: piccoli club «alla berlinese» persi in mezzo alla nebbia, cinema d’essai di provincia, produzioni teatrali di ricerca, ristorazione alternativa, produttori e mercati del biologico, musei, librerie indipendenti. Operatori culturali eccellenti che cercano il confronto internazionale, si aggiornano e propongono nuovi stili di vita, formule innovative di mercato.
Negli stessi giorni sono stata a Roma e poi a Firenze. Due regine d’Italia, che stregano per la loro bellezza. Non ho trovato altrettanta diversità. Qui la cultura è fagocitata dal turismo. La logica dei grandi eventi spazza via le proposte alternative. E succede che in tutta Roma, in una sera qualsiasi, ci siano meno proposte interessanti che in un piccolo lembo di Romagna. Vuol dire che in Italia le cose più interessanti succedono in Provincia? Non so, ma intanto mi sono chiesta se questo paesaggio culturale e questa società orgogliosamente a s dolce potrà resistere alla crisi, se la politica lo difenderà e se resisterà alla rassegnazione e al disincanto di quelli che hanno scritto con la vernice su un lenzuolo: «Povera Italia, solo se ti pentirai Dio potrà salvarti» e lo hanno appeso su due bastoni in un terreno arato lungo la via Emilia.
STEFANIA MAZZOTTI