Steve e le corde. Sei, persino sette quelle della chitarra. E le corde sue, pure. Corde di musicista autentico, che sempre vibrano per una musica incatalogabile. Un ibrido sonoro permanente che non è rock, non è metal, non è progressive, non è musica contemporanea, non è circo equestre né saggio da fiera degli strumenti. Una folle e inafferrabile musica totale su cui lasciar correre strumenti dalle fogge improbabili come fossero cavalli imbizzarriti, capaci però di ricomporsi in un istante dalla pazzia a una perfetta coreografia da parata.
Steve Vai, musicista totale, totem del chitarrismo moderno come pochi altri.
Arriva a Ravenna, in mezzo a un festival nato classico che oggi gira intorno alla classica esplorandone i confini, e persino gli sconfinamenti, con coraggio e mente lucida. Arriva Steve, e arriva con orchestra. Passaggio rischiosissimo, chè il rock con orchestra spesso (sempre?) riserva sfumature barocche da overdose, robe da rimanerci secchi all’istante.
Ma Steve il rock-barock lo supera da destra e da sinistra, e il passaggio con orchestra è solo una sfumatura. Del resto la sua chitarra è già un violino, anzi una sezione, è già orchestrale, è già un’architettura dettagliatissima. È già melodia sontuosa e fuga da virtuoso. Virtuoso per davvero, talmente tanto da esserlo persino troppo per qualcuno, e diventare per i detrattori il simbolo di una musica circense ripiegata su se stessa.
Vero? Falso? Steve con il circo ci ha sempre giocato, da principio. Prendere o lasciare. La tentazione di chiuderlo nel gruppo dei saltibanchi è stata spesso forte, motivata e persino inevitabile. C’è stato un momento in cui il chitarrismo lo si misurava con i secondi, o frazioni di secondo, utili a completare una scala. Steve c’era, era competitivo su tutti i fronti, e per la breve durata di uno sviso a velocità da ritiro della patente si poteva anche immaginarlo destinato alle fiamme eterne nel Girone degli Onanisti, molto frequentato all’epoca.
Tuttavia Steve era già altro, e bastava tendere l’orecchio per rendersene conto. Pensate forse che Frank Zappa avrebbe potuto innamorarsi di un giovane italian virtuoso come un altro? La visione di Steve è una visione totale, che parte e torna alla chitarra ma che ha in sé una sua poesia, e un suo perché. E 15 milioni di dischi venduti, scusate se è poco.
Classica e rock centrifugati, una chitarra che parla, nitrisce e s’impenna, una carriera zeppa di imprese da macho-rocker quasi impossibili eppure svolte con la facilità dei predestinati (non fare rimpiangere prima Yngwie negli Alcatrazz, poi Eddie di fianco a David Lee Roth) a mischiare il blues e Paganini con la faccia del diavolo, a sminuzzare il rock in frammenti minuscoli e ricomporlo in puzzle surreali. Chè la follia zappiana, una volta metabolizzata, non te la scordi più.
E l’ironia, sempre e comunque. Che certe musiche quando non sono ironiche, e autoironiche, collassano dentro la propria seriosità. Il prossimo 15 giugno Steve Vai proporrà al pubblico i suoi pezzi più famosi rivisitati in chiave classica, accompagnato dai 50 strumentisti della Evolution Tempo Orchestra, formazione rumena diretta da George Natsis. A ricordare a tutti che chitarra, anche in mano al più virtuoso dei virtuosi, è sempre un mezzo, e mai un fine.
ANTONIO GRAMENTIERI
15 giugno
RAVENNA FESTIVAL
Ravenna, Pala de Andrè
Info: 0544 249211, ravennafestival.org