«Un invito a ridestare le parole»: Chiara Guidi a Ca’ Colmello

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Chiara Guidi - foto di Simona Barducci

 

Nella Casa Laboratorio sulle colline bolognesi la cofondatrice della Societas farà conoscere e sperimentare, in un workshop residenziale per attori, una peculiare pratica di Teatro infantile. E mostrerà a tutto il pubblico uno storico video documentario. L’abbiamo intervistata.

Alla sesta edizione di S.I.A – Sottili Innesti Amorevoli, rassegna di workshop residenziali e spettacoli a cura dell’associazione culturale Baba Jaga in programma alla Casa Laboratorio Ca’ Colmello di Sassoleone, sulle colline sopra a Bologna, dal 10 al 12 giugno proporrai un’esperienza intitolata Il lavoro dell’attore davanti allo sguardo di un bambino. È un laboratorio da te già sperimentato in diverse occasioni. Quale spiazzamento solitamente propone, a chi vi partecipa? E quali sorprese ha finora riservato, per te?

Sulle colline sopra Bologna racconterò le tappe del mio lavoro sull’infanzia attraverso la proiezione di alcune fotografie e documenti video tratti dall’archivio della Socìetas Raffaello Sanzio, per evidenziare quelle domande fondamentali con le quali, a ogni rappresentazione, inconsapevolmente, interrogo il teatro: Come stare davanti a un bambino e alla sua capacità innata di giocare? Come reggere il suo sguardo? Di fronte a un pubblico infante nascono domande che sono un invito a cercare ciò che si conosce. Come fanno i bambini quando, giocando, vedono in un luogo un altro luogo, perfetto per ciò che vogliono fare. Essi, mettendo alla prova un mondo, trasformano lo spazio in un posto. Lo occupano e lo connotano con un’inavvertibile alterazione e gli assegnano un altro nome: al pavimento il mare, alla sedia il treno, all’angolo nascosto dietro l’armadio il rifugio…

Il workshop che guiderai a Ca’ Colmello avrà contenuti o elementi peculiari, rispetto ad altre tue esperienze analoghe?

A Cà Colmello, a differenza di altri laboratori, non incontreremo i bambini. Parleremo di loro ma loro non ci saranno. Attraverso alcuni esercizi ne immagineremo la presenza e idealmente la attenderemo. Avviene la stessa cosa quando scrivo uno spettacolo per l’Infanzia: “apparecchio” uno spazio calcolando la misura esatta dei volumi e la lunghezza dei perimetri per tracciarvi, all’interno, il movimento del pubblico infantile. Occorre vederlo e poi attenderlo. Per questo, durante il laboratorio a Cà Colmello ci guiderà la domanda: Chi è per te il bambino? ben sapendo che il bambino non sa di essere bambino.

Com’è possibile incidere sul modo di guardare di qualcuno in soli tre giorni? 

Non ho nessuna intenzione di influenzare e né, tantomeno, incidere le concezioni altrui. Voglio solo condividere con chi parteciperà al laboratorio un’esperienza ventennale di lavoro con l’infanzia, con i genitori e con la scuola pubblica. Voglio prima di tutto porre a me stessa delle domande che ancora non hanno cessato di esistere. Faremo esercizi legati all’arte del raccontare per porre l’accento sulla durata, quel tempo che lega gli attimi tra loro, che supera la frammentazione per ritrovare unità. Chi racconta, lo mostra. Gli dà vita. Il laboratorio è un invito ad andare e raccontare.

 

La terra dei lombrichi – © foto di Nicolò Gialain

 

Domenica 10 giugno alle ore 21.30 a Ca’ Colmello avrà luogo la prima proiezione pubblica (al di fuori di Università e convegni) del video documentario La scuola sperimentale di teatro infantile. Un non addetto ai lavori cosa potrebbe ricavare, da tale visione?

La parola infanzia non può interrogare solo coloro che hanno a che fare con i bambini. La sua etimologia rimanda a colui che è senza parola, che vive prima del linguaggio; per cui indica una condizione originaria della lingua che va ritrovata. È un invito a ridestare le parole e a ritrovarne la voce necessaria. Viviamo in un tempo di mistificazione del linguaggio. Come può l’attore rintracciare il gesto originario della parola? Della frase? Come può, con il suono della sua voce, ricollocarla nell’esperienza? Come riaccenderne il fuoco nascosto?

Il video documentario presenta la scuola che, dal 1995 al 1998, coinvolse al Teatro Comandini di Cesena trenta bambini di otto, nove e dieci anni. A distanza di oltre vent’anni cosa permane nella tua prassi, di quell’esperienza? 

Non è cambiato nulla. Faccio sempre da vent’anni la stessa cosa. Con la stessa passione.

Tra pochi mesi uscirà un libro che avrà per oggetto il tuo rapporto con il Teatro infantile. Secondo quali principi è stato composto?

Il libro Teatro infantile –presto in uscita per Luca Sossella Editore– racconta la nascita del Teatro infantile a Cesena nel 1992, quando la Socìetas Raffaello Sanzio, oggi Societas, invoca lo sguardo dei bambini sulla propria arte. Il volume affida il racconto a due punti di vista: quello ravvicinato della mia esperienza e quello prospettico di un’osservatrice esterna, Lucia Amara, che per la distanza e al contempo la verticalità della sua veduta, ha creato connessioni con il pensiero e la pratica di filosofi, pedagogisti e linguisti per ritrovare il mio lavoro su un orizzonte più ampio. Una teatrografia integrata, posta in appendice, ripercorre cronologicamente l’intero cammino e si fa strumento di lettura delle varie sezioni del libro. Lo sguardo prezioso di Cristina Ventrucci ha curato e guidato l’unità della scrittura.

 

MICHELE PASCARELLA

 

10-12 giugno – Sassoleone (BO), Casa Laboratorio Ca’ Colmello, via Gesso 21 – info e prenotazione (obbligatoria): 349 2826958, 340 7823086, info@babajaga.it – web: babajaga.it, societas.es