In uno degli ultimi numeri di Gagarin, il cartaceo di febbraio-marzo, suggerivo di utilizzare gli avanzi di potatura dei salici per costruire una viminata viva, un’idea che coltivavo da tempo ma che non avevo mai messo in pratica… Fino a qualche settimana fa, quando ne abbiamo realizzata una nell’orto di alcuni amici. Che gusto! In una sola giornata, lavorando con lentezza e in compagnia, abbiamo completato una viminata di circa undici metri, una sorta di piccolo terrazzamento utile a pareggiare il sentierino lungo la recinzione.
Vi illustro le fasi di lavoro, in modo da chiarire meglio ciò che nell’articolo precedente, per questioni di brevità, non avevo potuto descrivere in dettaglio (le foto mostrano soltanto il risultato finale). Si possono trovare indicazioni utili in molti manuali di fai-da-te e giardinaggio, ma è importante adattare il progetto considerando le condizioni specifiche del luogo, soprattutto l’umidità del suolo; in caso di terreni asciutti, sarà necessario irrigare durante la stagione estiva, almeno per i primi due anni.
Per prima cosa, come riscaldamento, abbiamo raccolto parecchi “gomitoloni” di vitalba, liberando alcuni alberi dall’abbraccio del rampicante: la vitalba è un ottimo materiale da intreccio, e le liane più grosse hanno una buona resistenza nel tempo (si può leggere in proposito un altro dei miei articoli qui pubblicati, “Di liana in liana: buoni motivi per amare la vitalba”).
Poi abbiamo definito l’area di intervento: piantando alcuni bastoncini a mo’ di picchetti, mantenendo la stessa distanza dalla recinzione, e legandoli dal primo all’ultimo con un filo, abbiamo segnato la linea guida lungo cui piantare le talee. (In caso di linea retta bastano ovviamente due picchetti agli estremi, mentre più la linea è curva, più numerosi saranno i picchetti necessari a descrivere una curva armoniosa.)
A questo punto abbiamo calcolato quanti “montanti vivi” (ovvero le talee di salice) dovevamo piantare, uno ogni 30 cm circa, e li abbiamo conficcati verticalmente lungo la linea, per almeno 30 cm in profondità e lasciando fuori circa 80 cm; in questa fase è importante cercare di non danneggiare le gemme, e quando le talee affondano con difficoltà si fa prima il buco con un tondino di ferro. Poi, tra una talea e l’altra, abbiamo piantato altrettanti “montanti secchi”, cioè destinati a non germinare, nel nostro caso rami lunghi e dritti di sanguinello. I montanti, vivi e secchi, costituiscono la struttura dell’intreccio, così come l’ordito nella tessitura: tale struttura deve essere adeguata allo sforzo che dovrà reggere; nel nostro caso, per tenere su un gradino di 20-30 cm abbiamo scelto dei rami di 1,5-2 cm di diametro, distanziati tra loro di 15 cm.
Rimossi i picchetti e il filo, abbiamo cominciato a intrecciare la viminata con la vitalba raccolta, rami di salice (freschi e secchi), rami di sanguinello e altri avanzi di potatura sufficientemente flessibili. L’intreccio non dev’essere un semplice “slalom” tra i montanti ma nemmeno essere troppo preciso: L’importante è mantenere tutti i montanti in posizione verticale e schiacciare bene l’intreccio di tanto in tanto. Alcuni rami freschi di salice sono stati anch’essi piantati nel terreno, ma orizzontalmente, nei punti di maggiore altezza del gradino, e poi tessuti come gli altri. L’altezza della tessitura è variabile, ma deve terminare possibilmente diritta e orizzontale, essere un po’ più alta del livello del terreno che dovrà contenere, e lasciare scoperti i montanti per almeno 5 cm.
Una volta terminato il lavoro d’intreccio, il più divertente, non resta che armarsi di vanga e zappa per pareggiare la pendenza del sentierino, togliendo terra vicino alla recinzione e aggiungendola lungo la parete intrecciata che funge da sponda. Il gioco è fatto: se tutto va bene le talee di salice emetteranno nuovi getti, e radici che sosterranno la gradinata; i getti potranno essere incorporati all’intreccio o lasciati liberi di ondeggiare al vento, ed essere potati annualmente per farne cesti e legature.
Le potenzialità delle strutture viventi sono notevoli, tanto per fini pratici, come in questo caso, quanto per fini estetici; costruendone una si dà inizio a un processo in divenire, che affida alla vitalità delle piante il compito di proseguire l’opera. Si potrà lasciare andare tutto “come vuole la natura”, o intervenire periodicamente con una piccola manutenzione.