Soffrir d’amicizia. ‘Onde’, la nuova creazione di Wundertruppe

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Foto di Alice Durigatto

Qualche mese fa, la giornalista tedesca Paula Fürstenberg, in un articolo tradotto in italiano e pubblicato nel n.1565/2024 della rivista “Internazionale”, si chiedeva per quale motivo l’amicizia fosse considerata «qualcosa di meno rispetto alle relazioni sentimentali». La domanda la porta a scontrarsi con una constatazione: nella nostra società vige una gerarchia dei rapporti umani, per cui si fatica ad accettare e a riconoscere l’importanza del legame di amicizia e delle implicazioni emotive che esso comporta, in positivo e in negativo, sull’animo umano. «Non esiste neanche una parola  per descrivere il dolore che si prova quando un’amicizia è in crisi o finisce. – scrive Fürstenberg – Nel caso delle pene d’amore si attiva subito una vera e propria macchina per superare la crisi: si fanno discorsi per risolvere i conflitti o affrontare la separazione, gli amici si presentano a casa con una birra consolatoria, e c’è anche l’opzione della terapia di coppia. Per le pene d’amicizia non c’è niente di tutto questo». 

La rivendicazione del valore dell’amicizia sembra oggi una vera e propria questione da affrontare, specie a fronte di un’epoca segnata dalla solitudine, dalle vite frenetiche e spesso lontane gli uni dagli altri. 
Non è infatti un caso se dopo un’indagine sulla condizione di solitudine, Wundertruppe – ovvero l’autrice e attrice Natalie Norma Fella e l’autrice e dramaturg Giulia Tollis –  arrivano a realizzare Onde, una performance e installazione sonora attorno al tema dell’amicizia e della perdita, in prima nazionale il 9 e il 10 novembre a Campsirago Residenze a Colle Brianza. Questa loro nuova indagine artistica si è sviluppata tra Italia, Francia e Canada ed è realizzata in collaborazione con la regista Milena Buziak della compagnia canadese Voyageur Immobiles e con artista del suono Marie-Hélène Massy Emond.

Ideazione

«Onde nasce dall’incontro con un libro – racconta Natalie – ovvero The waves di Virginia Woolf. Si tratta di un testo composto da frasi brevi, con didascalie che scandiscono l’arco della giornata su un paesaggio di mare. I protagonisti sono sei amici, tre donne e tre uomini, che si alternano in descrizioni con frasi suggestive come “vedo un cerchio sulla mia testa” oppure “vedo una luce fra gli alberi”. Mi sono immaginata questi scambi in una stanza buia, come se fossi sdraiata a terra con altre sei persone accanto a me, a raggiera, mentre ognuno prova a ricordare qualcosa. Mi è sembrato tutto molto sonoro, legato all’evocazione di una memoria e questo aspetto ce lo siamo portate dietro nel processo di creazione».

Ciò che ha portato Wundertruppe a voler affrontare il tema dell’amicizia è stata anche l’indagine condotta nel precedente lavoro, Piazza della solitudine, una performance itinerante in cuffia che ha messo in dialogo la condizione personale di solitudine con lo spazio pubblico della città, nata dal desiderio di Natalie di indagare questo sentimento che in quel periodo, il 2019, sentiva a livello artistico e esistenziale. «Potrebbero sembrare due temi opposti – precisa Natalie – ma nel tempo abbiamo scoperto essere invece profondamente vicini».
Questo si fa evidente con la lettura del romanzo della Woolf, in cui a un certo punto uno dei personaggi improvvisamente muore. Da qui, le due artiste hanno infatti iniziato ad approfondire la separazione, la rottura e l’allontanamento che può avvenire all’interno di una relazione gratuita come l’amicizia. 

«Si tratta di un tema di cui si parla molto meno – spiega Giulia – rispetto alla separazione in una relazione amorosa; ma dal momento che anche l’amicizia è una forma d’amore, abbiamo voluto indagare questo legame che si spezza. È davvero complesso capire perché si sparisce dalla vita di qualcuno ed è interessante scoprire cosa accade in quei momenti di crisi, come ci si ricompone, come eventualmente ci si ritrova».

Il tema guida la forma 

I progetti di Wundertruppe spaziano tra audiowalk, performance, installazione e teatro, e sono allestiti in spazi non teatrali. Ogni creazione si compone di differenti linguaggi artistici e la forma «non è mai scelta preliminarmentespiega Natalie – ma deriva dal lavoro di ricerca, dai materiali che raccogliamo, ma soprattutto dal tema che decidiamo di indagare».

Il processo creativo di Onde, iniziato con la lettura di The Waves, si è concretizzato poi in una serie di residenze in Italia, Francia e Canada, durante le quali le artiste – ispirate dal romanzo della Woolf che attraversa le varie fasi della vita – hanno incontrato persone di diverse generazioni per riflettere insieme sul tema dell’amicizia. Si tratta di una pratica, quella dell’arte relazionale, ormai consolidata nella poetica di Wundertruppe, insieme alla progettualità a partire da una tematica e alla costruzione di esperienze performative fuori dagli ambienti teatrali tradizionali. 

«Il processo che mettiamo in campo è molto potente – afferma Giulia – perché tutte le questioni, prima di farsi opera compiuta, le affrontiamo insieme alle persone incontrate nei nostri laboratori. Raccogliamo perciò materiale vivo – interviste, testimonianze e racconti –, tutto ciò che ci viene portato in condivisione nel processo di attivazione attorno a un tema. A questi, si aggiungono le nostre letture, le nostre riflessioni ed esperienze personali. Quel che emerge è un materiale prezioso e delicato, che per noi come autrici rappresenta una possibilità molto fertile». 

I diversi tasselli recuperati lungo il processo creativo, in Onde prendono la forma di una performance-installazione, che fa immergere lo spettatore in un ambiente sonoro, di ascolto principalmente collettivo, composto da testimonianze, scritture originali e brevi momenti live. «L’archivio di testi e di contenuti che sono stati raccolti – racconta Giulia – in Onde prendono vita e corpo anche attraverso la lettura da parte del pubblico di alcune lettere, mai inviate, scritte dai partecipanti ai nostri laboratori. Abbiamo immaginato un montaggio in modo tale che queste lettere vadano a rispondersi l’un l’altra, dando vita a uno spazio sonoro dove le parole dell’amicizia, della separazione e della perdita si manifestano».

«L’emozione e le reazioni in chi le legge o in chi riceveaggiunge Natalie – cambia di replica in replica insieme all’interprete, generando così un dialogo e uno scambio unici. Pur essendo dunque sempre gli stessi testi, ogni volta raccontano storie di amicizia diverse, in cui una persona diventa portatrice delle parole di qualcun altro».

 

Arte relazionale e drammaturgia dell’esperienza 

Quello dell’incontro e della raccolta di materiale sonoro è una pratica che Wundertruppe porta avanti fin dai primi progetti: da 40 d.t | Galateo per un terremoto realizzato da Natalie insieme a Sara Rainis per raccontare i quarantanni dal terremoto in Friuli Venezia Giulia; al primo lavoro ideato con Giulia, evoluzione di 40 d.t, Piante Pioniere; fino alla già citata Piazza della solitudine, performance da cui «si sono poste solide basi dell’incontro artistico tra me e Giulia, anche se già nei lavori precedenti, insieme e in autonomia, ritrovavamo risonanze e interessi in comune, che poi sono convogliati in questi ultimi progetti “fondativi”». 

Questo lungo lavoro relazionale parte dal confronto fra le artiste sul tema scelto, passa per l’incontro con le comunità e si compie nel coinvolgimento del pubblico all’interno di un’opera che è una vera e propria esperienza da attraversare in prima persona. 
«L’incontro con le comunità e il far entrare i loro contributi nella creazione finale, significa già in fase di produzione di materiale, lavorare sulla relazione» spiega Giulia, che nel suo ruolo di dramaturg tiene traccia di tutto ciò che viene raccolto per poi immaginare un ordine e un possibile disegno. La sua è una funzione di guida, perché ogni composizione viene continuamente rivista e ripensata collettivamente e «l’ultima parola non ce l’ha nessuna di noi, ma sta nell’organicità di quello che stiamo facendo».

Natalie e Giulia, a un certo punto, prendono un grande cartellone bianco e tanti post-it colorati e cominciano a mettere ordine a tutto il materiale raccolto. Si tratta di un momento delicato, soprattutto perché si trovano ad affrontare una sfida etica nei confronti delle persone che hanno incontrato. Un passaggio però essenziale che aiuta a capire cosa tenere, cosa manca, cosa funziona e quali sono le basi per costruire l’esperienza da proporre agli spettatori. 

«Nel momento in cui mettiamo ordine – racconta Natalie – torna centrale l’attenzione alle relazioni, sia a quelle che abbiamo avuto, sia a quella che avremo col pubblico. Noi definiamo il nostro lavoro, sia sul piano della scrittura che della regia, nei termini di “drammaturgia dell’esperienza”: se nel teatro tradizionale si deve pensare a come far entrare il pubblico in un mondo, nel nostro caso si tratta di pensare dove portiamo gli spettatori e in che condizioni li mettiamo, fino a che punto possiamo spingerci». 

La densità del materiale e la partecipazione attiva del pubblico, hanno infatti bisogno di una composizione basata sul ritmo, sull’alternanza quindi di vuoti e pieni, voci e silenzi, come in un brano musicale. «Si tratta di comporre una drammaturgia che possa accompagnare gli spettatori nell’esperienza emotiva e intellettuale che gli proponiamo. L’aspetto relazionale si manifesta quindi anche nell’attenzione che riserviamo ai momenti di accoglienza e congedo, vere e proprie tappe dell’esperienza, possibili anche perché lavoriamo con un numero di spettatori ridotto rispetto al teatro tradizionale». 

«Accoglienza e congedo – precisa Natalie – sono spesso anche parte integrante della drammaturgia, ma soprattutto in Onde, in cui il tema dell’amicizia ha a che fare con l’incontro e quello della perdita con il saluto. Quella che proponiamo è dunque un’esperienza tridimensionale, perché avviene su tre livelli: il contenuto, il contesto, l’emozione»

Testimonianze sonore

Gli elementi sonori raccolti, hanno sempre una forte componente testimoniale, pur non confluendo in un racconto propriamente documentaristico. La fonte infatti non è mai dichiarata, «chi ascolta si confronta con uno spaccato di un momento effettivamente accaduto, inserito in una composizione drammaturgica» spiega Natalie, e prosegue: «nel mosaico dei vari elementi il fruitore riesce a dare una collocazione ai materiali, grazie al puro suono che restituisce delle informazioni d’ambiente e di contesto. Nel caso di Onde c’è anche la lingua che cambia e che di per sé racconta qualcosa. Tutto ciò che c’è di “subliminale” stratifica e arricchisce la narrazione e il suo senso. E solo il suono ha questa forza evocativa, oltre a metterci in connessione con ciò che è difficile da dire, con qualcosa che senti ma che puoi riconoscere solo a un livello più irrazionale, emotivo, “di pancia”». 

L’impronta sonora delle esperienze performative di Wundertruppe, deriva dal connubio tra formazione musicale e teatrale di Natalie ed è una costante nei loro lavori, anche quelli più teatrali come WK – Wunderkrammer, adattamento del romanzo Una giuria di sole donne della scrittrice statunitense Susan Glaspless: «c’era già qui una forte componente musicale, con brani costruiti ad hoc, rielaborazioni di registrazioni d’ambiente e la presenza dei personaggi maschili solo come voci fuori campo. Inoltre, anche qui ci sono state diverse tappe preparatorie fatte di incontri e laboratori con le comunità, di attivazione attorno alle tematiche del libro».

«Quando ho incontrato il lavoro di Wundertruppe – racconta Giulia – sono rimasta affascinata dal lavoro di Natalie e Marie Hélène. Io le vedevo come delle “raccoglitrici di suoni”: ho questa immagine nella testa, quella di loro che catturano le voci andandosene in giro con tutti i loro “strumenti pelosi”. Questo aspetto del processo creativo mi ha incuriosito molto, specie il fatto di poter raccontare una storia dando spazio a più voci contemporaneamente, o costruire ambienti, situazioni e paesaggi soltanto col suono». 

I lavori in cuffia come Piante Pioniere e Piazza della solitudine, o site-specific come Onde,  si allontanano dalla dinamica tipica in cui vengono date indicazioni su cosa fare o opzioni da scegliere. «Il nostro è piuttosto un costruire un contesto in cui il singolo possa decidere liberamente come porsi e come stare – spiega NatalieLavoriamo con la presa diretta, che poi stratifichiamo con dei player di montaggio, oppure creiamo brani musicali che dialogano con le registrazioni di ambienti o del suono di alcuni oggetti. In Onde abbiamo per esempio registrato un pasto senza parole, con il semplice rumore delle stoviglie. Non lavoriamo ancora con la ricostruzione, la percepiamo bizzarra, lasciamo quindi al montaggio essere la nostra scrittura».

«Oh amicizia, come sono penetranti i tuoi dardi» 

Quando fra 2020 e 2021 si rifletteva su come mantenere vive le relazioni in isolamento, le amicizie non sono state considerate «e in molti ne hanno risentito», riporta la giornalista Fürstenberg, «nei sondaggi il 30 per cento degli intervistati ha dichiarato che durante la pandemia le amicizie si sono allentate o del tutto interrotte. La lingua inglese ha un’espressione per questo fenomeno: friendship recession». Eppure, è proprio nella forza di un legame gratuito e non esclusivo come l’amicizia che si potrebbe trovare uno dei tanti antidoti alle diverse solitudini dell’anima. Tuttavia, come ogni rapporto d’amore diverso dalla coppia intesa in senso tradizionale (ricordiamoci che in Italia siamo ancora nelle mani di un governo che non riconosce nemmeno l’amore LGBTQ+ e professa la cosiddetta “famiglia tradizionale”), al giorno d’oggi siamo ancora ben lontani dal riconoscere il valore dell’amicizia sul piano personale e a livello di diritti civili e di cura. 

Onde in questo senso si rivela un tanto coraggioso quanto necessario tentativo di scardinare certe resistenze,  accompagnando in un viaggio attraverso parole d’amicizia sospese, mai dette o considerate, lasciate andare; attraverso il dolore della perdita, della fatica di separarsi o di capirsi; attraverso la gioia di incontrarsi e il sollievo di ritrovarsi nei «penetranti dardi» dell’amicizia. 

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