l coreografo e performer Aristide Rontini parte dal famoso articolo in cui Pier Paolo Pasolini denunciava la scomparsa delle lucciole dal cielo di Roma per costruire uno spettacolo articolato in tre atti, autonomi e tuttavia collegati dalla riflessione sul valore evocativo della danza e sulla necessità di ascoltare anche la parte non razionale del proprio sé, poiché, osserva Rontini,« La razionalità stimola la servitù, per opposizione l’intuito stimola la libertà di seguire ciò che ciascuno sente veramente, la libertà di essere sé stessi». Aggiunge l’artista: «L’immagine della lucciola, il cui corpo organico è sorgente di tenui bagliori nella notte, ha permesso di creare un parallelismo con il corpo e la sua capacità di accendersi se ha accesso a sé. […] La lucciola mi ha consentito di riflettere sulla precarietà e provvisorietà dell’esistenza e conseguentemente sull’importanza di avere un approccio più aperto verso la conoscenza».
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