Preceduto da recensioni entusiaste, da una lusinghiera anteprima alla Settimana della Critica di Cannes 2014 e da una distribuzione mese dopo mese ampliatasi fino a raggiungere dimensioni globali (uscito a marzo negli Stati Uniti, in poche settimane ha incassato sette volte il suo costo), sbarca anche in Italia uno degli horror, ma sarebbe meglio dire thriller (paranormali), più interessanti delle ultime stagioni. Anzi, senza arrivare a strapparsi i capelli come pure molta critica, nostrana e non, ha regolarmente fatto, It Follows, opera seconda del regista David Robert Mitchell dopo il racconto di formazione dolceamaro di The Myth Of The American Sleepover (2010), è forse l’unico film dell’orrore visto di recente, assieme all’ancora inedito Spring (nel 2014 diretto a quattro mani da Aaron Moorhead e Justin Benson, un inclassificabile intruglio di psichedelia e misteri in parte girato nei panorami della pugliese Polignano a Mare), a mantenere quanto promette, ossia brividi, stati di tensione e inquietudine ottenuti senza ricorrere a fiumi di sangue ma al contrario facendo leva sulla credibilità delle immagini e sullo stringersi, intorno ai personaggi, di un’inesorabile recinzione nervosa. La trama è semplice: in seguito a un rapporto sessuale, una ragazza viene pedinata da una non meglio definita «entità» assetata di sangue, in grado di assumere diverse fattezze, «lenta ma non stupida», fino a rendere la quotidianità un incubo e gli individui circostanti, nessuno escluso, una potenziale fonte di minaccia. La maledizione, tuttavia, è trasmissibile: avendola ricevuta attraverso il coito, Jay – la giovane protagonista interpretata da Maika Monroe – può a sua volta passarla a qualcun altro, quindi sbarazzarsene, accoppiandosi. Il gioco cinefilo è scoperto, perché quello dell’amplesso è uno dei tabù del cinema horror, intrinsecamente moralista, dai tempi in cui, tra gli ignari campeggianti di un qualsiasi slasher degli anni ’70, la prima a rimetterci le penne era sempre la ragazza, o la coppia, più disinibita dal punto di vista sessuale. Mitchell, però, sposta la metafora dal lato opposto, senza mai giudicare né i ragazzi del film né il sesso tra adolescenti, e semmai trasformando l’ossessione di un contagio genitale nella radiografia della nuova povertà di una Detroit (set privilegiato dei suoi film) fatiscente e solitaria, popolata da giovani cresciuti in famiglie scoppiate (tra madri negligenti e padri assenti, quando non ritornanti in forma di possessione demoniaca), oppressi da condizionamenti culturali ispirati a un determinismo amaro e punitivo, abbandonati in una terra desolata dove non esistono solidarietà e comprensione. Ricorrendo a uno stile secco e privo di fronzoli, in parte ispirato al John Carpenter degli anni ’80, fatta eccezione per certe luci fredde e certi interni fin troppo carichi di simbolismi scenografici che Carpenter non avrebbe mai usato (reputandole, a ragione, zavorre narrative inutili), It Follows si propone come saggio sull’atto del guardare (nel film tutti vengono seguiti, tallonati, osservati, spiati, analizzati) dotato della stessa rabbia sconsolata, ancorché meno scanzonato e “politico”, di un Essi Vivono (They Live, 1988). Certo, il regista di Halloween (1978) non avrebbe mai adoperato i versi di T.S. Eliot (nella classe frequentata da Jay si recita Il Canto D’Amore Di J. Alfred Prufrock) o le citazioni da Fëdor Dostoevskij (una delle amiche di Jay legge L’Idiota da un e-reader rosa a forma di conchiglia) per sottolineare la radice insigne della propria sceneggiatura, ma la cura nella composizione delle immagini, quasi sempre costruite su campi lunghi e medi di crudele geometria visiva, e le musiche martellanti di Disasterpeace (aka Rich Vreeland), angosciose trame di synth importanti e funzionali allo sviluppo del plot quanto i personaggi in carne e ossa, dicono di una consapevolezza di gran lunga superiore alla media, nonché refrattaria all’ormai canonico riciclaggio dei luoghi comuni del genere. Genere che bisogna forse amare a prescindere anche per elettrizzarsi tout-court di fronte a It Follows: e tuttavia, davanti a una produzione corrente all’apparenza incapace di andare oltre il milionesimo «nuovo inizio» (o, come va di moda dire adesso, reboot) di saghe già sfruttate fino all’usura, riconoscere al film di Mitchell originalità e spessore sembra, davvero, il minimo.
Gianfranco Callieri
IT FOLLOWS***
David Robert Mitchell
USA – 2014 – 100’