A Bologna una mostra sull’etica delle tecnologie di sorveglianza

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Su uno schermo, l’incrocio stradale di una città statunitense. Nulla accade, solo il passaggio quotidiano di auto e pedoni. In basso a sinistra, data e orario: le immagini sono live, provengono da una delle telecamere pubbliche a cui Dries Depoorter (1991) – artista belga che crea utilizzando le tecnologie di sorveglianza, le logiche dei social media e l’AI – accede tramite un semplicissimo sistema di credenziali.
Si tratta di Jaywalking, una delle sue tre installazioni in mostra alla Biblioteca Sala Borsa nell’ambito di When they see us. Quando le macchine ci guardano, una rassegna dedicata all’approfondimento e alla riflessione sulla sorveglianza biometrica e sull’intelligenza artificiale, che è stata inaugurata il 17 settembre, e sarà disponibile fino al 28 settembre

Curata dall’associazione Sineglossa, promossa da The Good Lobby, Hermes Center for Digital Rights e info.nodes e parte del più ampio progetto The Next Real, la mostra porta il titolo dell’omonima miniserie Netflix che racconta dell’incarcerazione e della condanna di un gruppo di afroamericani ingiustamente accusati di un crimine solo per il fatto di essere dei perfetti indiziati. Questo riferimento, spiega il presidente di Sineglossa Federico Bomba in introduzione, intende incitare un’immediata riflessione «sulle implicazioni etiche di uno sguardo meccanico che osserva, analizza e giudica» e di come noi, in quanto esseri umani, ci relazioniamo con esso. 

Dries Depoorter, foto di Titus Simoens

Jaywalking, in questo senso, invita l’utente non tanto (o non solo) a osservare cosa accade in quell’incrocio, quanto a prendere una decisione: denunciare o meno gli ignari passanti che attraversano le strisce pedonali quando il semaforo è rosso? Schiacciando il pulsante di fronte allo schermo, infatti, è possibile inviare una mail di segnalazione con il frame del video direttamente al comando di polizia. Una volta premuto, però, la domanda fatidica: sei sicuro di voler denunciare? 
Tornano alla mente le dinamiche di qualche anno fa innescate tra noi esseri viventi in carne ed ossa (d’altronde, le macchine non sono forse ricalchi dell’umano e del suo agire?), ovvero quando in lockdown ci si scontrava fra chi dal proprio terrazzo puntava il dito contro chi si “permetteva” di fare jogging e chi difendeva il diritto di prendersi una “boccata d’aria”. Oltre a porci di fronte a un interrogativo etico sui confini fra pubblico e privato nell’epoca della tecnologia della sorveglianza e sull’assurda facilità con cui è possibile accedere a una telecamera oltreoceano, Jaywalking chiede agli utenti anche di ponderare sul senso e sul peso di alcune scelte o azioni nei confronti dell’altro. 

Dries Depoorter, Surveillance Speaker, foto di Tom Cornille

Il fatto di poter osservare degli sconosciuti del tutto ignari di essere visti, e potenzialmente denunciati, porta anche a una una riflessione sull’impatto del tracciamento delle nostre vite in bilico fra realtà e digitale. Cosa accadrebbe infatti se quei passanti fossero coscienti di essere filmati? Prova a rispondere Surveillance speaker, installazione posta all’ingresso di Sala Borsa. Si tratta di una telecamera posta su un’alta asta, che si muove a destra e a sinistra catturando le immagini degli avventori della biblioteca. Grazie a un sistema di AI, un altoparlante descrive ciò che accade nell’ambiente, leggendo i dati video della telecamera. L’utente, incuriosito, tende a lanciare una sorta di sfida alla macchina, spostandosi nello spazio, cambiando posizione, aprendo un ombrello, etc, per capire se davvero quell’occhio-bocca artificiali sono in grado di riconoscerlo e, soprattutto, di interpretarlo. In quello spazio “sotto osservazione” il comportamento umano cambia: sapendo di essere visto, l’utente si pone nella condizione di mostrarsi e, pur di farlo, agisce in modo inusuale, estraneo, vistoso.  Si è ancora sé stessi quando ci troviamo di fronte a una telecamera consapevoli di essere visti? Cosa rivela questo comportamento sulla nostra identità? Che occhio ci guarda e come ci trasforma? Controlliamo o siamo controllati? 

Dries Depoorter and Bieke Depoorter, Border Birds, Photo, 2022

Depoorter sembra riuscire a controllare le tecnologie in questione e, anche, a servirsene, non solo per indagarle e creare contesti di riflessione e divulgazione, ma anche per immaginare progetti più poetici, funzionali alla sensibilizzazione su altre tematiche. Uno di questi è Border birds, realizzato con la sorella Bieke, composto da una serie di immagini di uccelli in volo che attraversano zone di confine fra paesi in guerra o in tensione (Messico e Usa, Marocco e Spagna, Grecia e Turchia, Francia e Inghilterra). I frame sono catturati dai video di telecamere aperte e intelligenza artificiale attraverso un server tenuto in funzione 24 ore su 24, 7 giorni su 7, tra il 10 marzo e il 10 aprile 2022. Le foto sono acquistabili sul sito di Depoorter e metà del ricavato viene donato all’European Network of Migrant Women and Red Cross che supporta le persone rifugiate. 

Le tre opere sono solo alcune delle creazioni dell’artista belga, che durante la serata di apertura ha presentato altri suoi lavori, alcuni incentrati sulle logiche dei social network, altri sulla cybersicurity, e altri ancora sono dedicati alla denuncia e sensibilizzazione sul clima e sulla politica (si possono approfondire sul suo sito: https://driesdepoorter.be/). 

Si esce dalla mostra un po’ storditi, forse perché più lucidamente coscienti di abitare una realtà “aumentata”, in cui la nostra identità e vita sono inevitabilmente fisiche e digitali. Non è più tempo né di avere paura, né di essere scettici, né di restare affascinati da questo mondo iper-reale come fossimo di fronte a una storia di fantascienza che si avvera: ci siamo già dentro. Questa mostra, il progetto e iniziative simili – sempre più frequenti – possono essere allora interpretate come un invito a confrontarsi (e scontrarsi) con “l’Altro Virtuale/Tecnologico/Digitale” in modo oggettivo e diretto, con responsabilità e coscienza critica, per conoscere e riconoscere rischi e opportunità, prospettive e cambiamenti, impatti e implicazioni di questo (non più così tanto) nuovo mondo fra realtà e tecnologia.

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