Victor Tsoj vive!

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È il 15 agosto 1990, una macchina rossa fiammante sfreccia nelle campagne sperdute della Russia settentrionale. La mano sul volante a simboleggiare un vecchio idolo del cinema degli anni ’50, sigaretta in bocca e occhiali da sole alla moda. La macchina corre a gran velocità, è estate piena, ma la strada cede.

Secondo la cronaca Victor Tsoj, idolo incontrastato della cultura musicale pop – rock russa muore, scontrandosi contro un autobus che arrivava dal lato opposto della strada. Gli amici, i parenti e la compagna non credono alla tesi del colpo di sonno paventata dalle autorità. Victor era sempre puntuale, vita sobria, senza droghe e alcool. La sera a letto presto, al mattino di buon’ora lo si poteva già chiamare per programmare nuovi stimolanti progetti. È impossibile che si fosse addormentato, citano i più. La morte di Victor è tutt’oggi avvolta da un alone misterioso, lo stesso alone che ricopre le vite di molti cantanti rock morti prematuramente.

Con Victor muore una generazione e muoiono i Kinò, band di cui Tsoj faceva parte; ma la sua eredità è una verità inconfutabile.

 

 

Ma torniamo indietro di 10 anni.

Victor ha 18 anni, nato da padre di origini coreane e da madre russa, ha un passato fatto di abbandoni scolastici e una gran voglia di emergere. Sguardo deciso e intenso, look ispirato a Bruce Lee, suo grande idolo. Victor inizia a muoversi nel panorama musicale russo; conosce un gruppo di ragazzi  e nel 1982 fonda il gruppo Kinò, che in russo significa cinema. Sono gli anni ’80 caratterizzati in Russia dall’atrofia brezneviana. https://www.youtube.com/watch?v=ind9EPBzh-Y&t=16s

I Kinò come altri gruppi, iniziano a suonare sulla scena underground, esibendosi in piccoli appartamenti e copiando in casa le audiocassette delle loro esibizioni. La censura sovietica aveva colpito persino la musica. Lo Stato infatti controllava anche le pubblicazioni musicali, i testi dovevano essere conformi al regime che dettava i contenuti pubblicabili. I vinili nei primi anni ’90 iniziavano già ad essere in disuso, mentre le musicassette erano facilmente copiabili grazie ad un riproduttore a doppia piastra. In questo modo la musica proibita veniva trasmessa da appartamento in appartamento, coniando il termine che prese il nome di magnitizdat. https://www.youtube.com/watch?v=SOYkG5VMhp8

 

 

L’impatto che il gruppo Kinò ha avuto da un punto di vista culturale e mediatico è stato di grandissimo livello. Frasi prosciugate, testi ricoperti e messaggi politici nascosti, la vita del proletariato russo e il tentativo di vivere una esistenza libera e non condizionata dal regime, erano gli argomenti principali di cui Victor, giovane autore, parlava nelle sue canzoni. https://www.youtube.com/watch?v=LGFOkToQbRk

Tsoj a dir la verità non ha una voce virtuosa, nel senso che non è dotato di particolare estensione, o meglio non utilizza non più di una ottava, ma la sua voce fumosa e vagamente roca, ha in sé qualcosa di estremamente affascinante, accattivante e intenso. I testi sono però il racconto di una generazione compromessa, sola e irrequieta, e questo è ciò che colpisce il suo pubblico. A volte mentre ascolto e riascolto alcune canzoni sento lo stesso senso di frustrazione e irrequietudine. https://www.youtube.com/watch?v=LO_VEv1wFio

I testi si fondevano al sound dalle venature punk rock simile a quello degli Smith, dei Joy Division e dei Cure. Il vero successo però arriva con l’avvento della perestrojka, il lento sgretolamento delle barriere tra est e ovest e la curiosità paternalistica del pubblico verso il panorama musicale sovietico, aprono ai Kinò anche le strade dell’Occidente. https://www.youtube.com/watch?v=pnFAe4EsUl4

 

 

Nel 1988 il loro album “Gruppo Sanguigno” ( https://www.youtube.com/watch?v=xtxjm7ciwmc) diventa popolare anche in Occidente e il gruppo viene invitato a suonare al primo festival del rock sovietico organizzato a Melpignano, in provincia di Lecce. Il pubblico italiano accoglie i Kinò in maniera piuttosto scettica, in attesa di ascoltare i Litfiba e i CCCP. L’evento tuttavia, pur non rendendo particolarmente conosciuti i Kinò in Italia, e pur non sdoganando letteralmente la loro musica, apre le porte ai Litfiba e ai CCCP per un tour in terra sovietica, avendo la possibilità di suonare nel 1989 a Mosca e a Leningrado.  Il 24 Giugno 1990 è la data di un evento storico, i Kinò infatti eseguono il loro “ultimo concerto” allo stadio Luzhniki di Mosca. Il palco addobbato con striscioni di tela trasandata con soli rossi dipinti, che ricordano la loro canzone immensamente popolare Звезда по имени Солнце – Una stella chiamata Sole, e illuminato dal nome della band nelle luci del tendone, il concerto si conclude con Хочу перемен – Voglio il cambiamento. Link dell’intero concerto: https://www.youtube.com/watch?v=14QJDnydXmg

All’indomani della sua morte tutti i giornali sovietici incoronano Victor come il personaggio più significativo per gli adolescenti sovietici, più di ogni altro scrittore, artista o letterato. Il giorno della sua morte i suoi fan, sconvolti, iniziano a imbrattare a tinte nere una parete di Mosca, situata alla casa 37 in Via Arbat; per poi diventare una vera e propria opera pop di graffiti. Ancora oggi è usanza lasciare una sigaretta spezzata accesa nei pressi del muro di Tsoj, in uno speciale posacenere. Il gesto deve essere affiancato ad una nota dedicata a un amico o a un incontro speciale(https://www.youtube.com/watch?v=K69_m4gtZDk&t=1083s).

 

 

A volte casualmente mi ritrovo con qualche amico che conosce il russo a cantare a squarciagola le sue canzoni, come se fossimo gli anni ’90 in una vecchia dacia russa; come se il tempo non fosse veramente passato e come se lo scorrere degli anni non avesse cancellato le irrequietudini della nostra adolescenza. Perché Victor per noi è ancora vivo!

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Nasco a Cesena nel 1978, con la grande passione per la musica e un amore folle per Chet Baker. Lavoro da tanti anni, quasi troppi, come commercialista, districandomi fra imposte e dichiarazioni dei redditi. Mi appassiono fin da giovane alle arti e alle lingue, per poi scoprire la cultura sovietica e russa. Ora cerco di bilanciare il mio lato pragmatico con l’utopia dei miei sogni inespressi, affannandomi nel cercare un equilibrio. Nonostante questa mia doppia indole, credo che la vita debba essere concepita come la realizzazione dei propri desideri, per cui dopo una laurea al Dams ottenuta negli anni della mia senilità, sto realizzando un altro grande desiderio: quello di scrivere!