Il barone rampante di Italo Calvino: tre stagioni di tutto esaurito al Piccolo Teatro di Milano

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ph Masiar Pasquali

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Andato in scena al Teatro Grassi di Milano per la terza stagione consecutiva di tutto esaurito, Il barone rampante di Italo Calvino, nell’adattamento e con la regia di Riccardo Frati, è uno spettacolo dalla elevata e lieve raffinatezza, un teatro di regia capace di mettersi al servizio dell’opera e del pubblico. La fedeltà al romanzo di Calvino (di cui l’anno scorso si è celebrato il centenario della nascita) è la chiave di successo di questa messinscena, non meno della bravura del cast artistico e del team creativo.

Ambientata nella Liguria del Settecento, la storia ruota attorno alle avventure del baronetto Cosimo Piovasco di Rondò, narrate dal fratello minore Biagio, fedele compagno che vive nella sua ombra ma non all’altezza dei suoi ardori. Cosimo, infatti, dimostra di avere un carattere intrepido e ribelle da quando, a dodici anni, in seguito a una lite in famiglia scatenata da un disgustoso piatto di lumache, prende l’irrevocabile decisione di salire sugli alberi (evocati da un ingegnoso sistema di scale e drappi) e di non toccare mai più terra con i piedi. Un proposito portato testardamente fino alle ultime conseguenze.

Cosimo vivrà per tutta la vita tra le fronde degli alberi, saltando di ramo in ramo, non come asceta rinchiuso nel mistico rifiuto del mondo di quaggiù, ma da vero aristocratico del pensiero, capace di sottrarsi alla camicia di forza delle istituzioni (prima fra queste, la famiglia) per abbracciare le idee nuove, la Rivoluzione, e innanzitutto il suo singolare destino. Riesce a separare la propria sorte da quella degli altri, inseguendo un’individualità che non diventa mai individualismo perché Cosimo resta sempre in una dimensione sospesa, né completamente di qua né di là, solo ma anche solidale con la propria comunità (forma una squadra antincendio a protezione dei boschi, è a capo degli attacchi contro i turchi, istaura un rapporto di amicizia con il brigante Gian de’ Brughi iniziandolo ai piaceri della lettura e crea persino una biblioteca sugli alberi). Cosimo che legge un romanzo al bandito in attesa dell’impiccagione porta con il pensiero all’aneddoto di quel condannato alla ghigliottina che piegava l’angolo della pagina a mo’ di segnalibro prima di salire sul patibolo. Prelibatezze per bibliofili.

Quello del barone rampante è un lungo rito di passaggio all’età adulta che non prevede reintegrazione dopo la necessaria separazione: l’eroe non si ricongiungerà mai con i propri cari, nemmeno con Viola, la volubile ragazza che ama e che lo ama anche se non abbastanza da restargli accanto in quel suo feroce idealismo. Di catartica bellezza la scena dell’ascensione del barone che sparisce per sempre portato in cielo da una mongolfiera. Magnifiche le luci di Luigi Biondi.

Questo è “semplicemente” un bello spettacolo, che ha tutte le carte in regola per conquistare pubblici di tutte le età e per circolare a lungo su tante piazze. Uno spettacolo solido che ha scommesso tutto sulla poesia di un classico, senza stravolgerlo con improbabili riletture autoreferenziali e adoperando ciò che di più prezioso in termini di artigianato e tradizione teatrale aveva da offrire una grande casa come quella del Piccolo Teatro.

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Il barone rampante di Italo Calvino, adattamento e regia Riccardo Frati, scene Guia Buzzi, costumi Gianluca Sbicca, disegno luci Luigi Biondi, composizione musicale e sound design Davide Fasulo, animazioni Davide Abbate, con (in ordine alfabetico) Mauro Avogadro, Nicola Bortolotti, Matteo Cecchi, Leonardo De Colle, Michele Dell’Utri, Diana Manea, Marina Occhionero, produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, 26 settembre – 13 ottobre 2024, Teatro Grassi, Milano

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