Visto da noi: Vermiglio di Maura Delpero

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Vermiglio, autunno 1944, un paese delle alte valli trentine ospita e nasconde due soldati sfuggiti ai rastrellamenti tedeschi dopo l’8 settembre. Entrambi profondamente feriti nell’anima, uno è un figlio di quelle valli, l’altro invece un siciliano, di una Sicilia lì e allora quasi ‘mitica’ (hic sunt leones), che lo ha salvato e riportato a casa.

Eventi e luoghi lontani, ai margini della odierna geografia e della Storia, ma raramente una narrazione cinematografica ha saputo cogliere così limpidamente la confusione, le ferite, le alienazioni della modernità.

Inizialmente, o apparentemente, quasi etnografica, la narrazione man mano, e oltre la stessa psicologia mostrando così di affondare, senza imitarlo ma trasfigurandolo, nel fecondo filone della cinematografia del compianto Ermanno Olmi, si fa filosofica e universale, e attraverso l’estetica diventa un film intensamente etico, mostrandoci quei valori e quei sentimenti ‘necessari’ a dare giudizio e senso alla esistenza, sempre.

Uno sguardo all’indietro che si trasforma in una fuga in avanti, facendoci sentire e patire con commozione, recuperando quello che abbiamo forse perduto, ma non del tutto ancora, e infine, io credo, indicandoci un (il) futuro possibile e indispensabile alla nostra ‘resilienza’ al dominante pensiero unico dell’oggi, economico e spossessante.

È un approccio consentito in particolare dall’aprire l’orizzonte alla natura di cui siamo, anche se cerchiamo continuamente di scotomizzarlo, parte essenziale e che è nostra parte essenziale, un approccio che è nel continuo richiamo a panorami che sembrano sconfinati, tra cielo e terra, e a racconti di uomini e animali, eterni come è eterna la Natura stessa.

Nel confronto con questo orizzonte, infatti, non può che essere richiamata e temuta quella che Nietzsche battezzò come la “Caduta degli Dei”, cioè la moderna perdita del Sacro, ciò che considerava l’essenza ineludibile dell’umanità, capace di spezzare le catene dei comportamenti sociali, e che, con lui e dopo di lui, Jung metaforizzava nel luogo “dove troveremo colui che pur essendo morto tornerà tra i vivi”.

 

 

La narrazione riesce tra l’altro a mostrare, coerentemente insieme, la antica sapienza e la nascente nuova consapevolezza del Femminile, il solo che appaia in grado di conferire e mantenere senso e coesione a qualsiasi singolarità/comunità, familiare o sociale che sia, ieri come oggi.

Lo fa attraverso lo strumento, il meccanismo del sentimento che non elimina il dolore ed il male che ci appartiene, ma riesce almeno ad allontanare e sconfiggere la disperazione che sembra diffondersi incontrastata nella attualità.

Uno strumento e un meccanismo che le donne sanno (sapevano?) esercitare da sempre, a partire da ciò che è irriducibilmente naturale e umano, a beneficio proprio ma anche a beneficio dei loro uomini che, come dice con efficacia una delle protagoniste (la sorella del maestro), “la guerra ha reso (rende) stupidi”.

Sono proprio gli elementi di resistenza e resilienza del femminile a recuperare senso e giudizio, kantianamente inteso, agli eventi, anche tragici, che accadono mostrando una ‘via d’uscita’ diversa per ciascuno/a ma sempre condivisa in quell’allargato sistema di relazioni che è il mondo, il loro e il nostro, nel passato, nel presente e anche nel futuro.

Vie d’uscita che curano le ferite e si aprono al dopo, per le donne e per gli uomini che di quel futuro diventeranno protagonisti.

Lasciamo allo spettatore il piacere/dovere, talora malinconico talora doloroso e sempre ‘commovente’, di entrare in quelle vicende il cui valore simbolico e metaforico è talmente potente da quasi prescinderne.

 

 

La bella fotografia di Mikail Kricman, tra oscurità e abbacinanti luminosità miscelate in una ‘opaca’ tonalità di fondo, sostiene l’avvicendarsi e il coordinarsi di robuste professionalità attoriali di ascendenza teatrale (da segnalare Tommaso Ragno, il maestro, e Oretta Notari, sua sorella) con esordi convincenti e soprattutto con il protagonismo dei bambini (diceva Vittorio De Sica che è difficilissimo far recitare i bambini e la Delpero ci riesce bravamente) che danno al tutto, anche con note comiche, un irresistibile amalgama.

La regia di Maura Delpero, che ha scritto anche una sceneggiatura convincentemente drammaturgica, è essenziale (sia nella forma che nella finalità) e, quasi non mostrandosi, è ferrea nel guidare gli illuminanti movimenti della macchina da presa, con inquadrature capaci di raccontare a volte anche più delle parole.

L’ambiente sonoro e musicale, che alterna significativamente il ‘classico’ con il ‘folclorico’, è una ennesima scrittura narrativa. Da non dimenticare, poi, la sequenza sonora che accompagna i titoli di coda, che il pubblico dovrebbe sempre saper meglio apprezzare, nella quale si alternano le lallazioni e i pianti di un neonato con le note ‘felici’ di una ninna nanna.

Un bel film dunque, giustamente premiato dalla Giuria a Venezia ’24 (oltre a ricevere a collaterale l’ambito Green Drop Award)  e candidato, ci auguriamo con buona fortuna, ai prossimi Oscar per il miglior film straniero.

Per chiudere credo che Maura Delpero meriterebbe ora (ma purtroppo forse non è un caso) una attenzione maggiore rispetto a quella che sinora avuto da parte del ‘Sistema’.

 

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VERMIGLIO. Data di uscita:19 settembre 2024. Genere:Drammatico Anno:2024 Regia:Maura Delpero Attori:Tommaso Ragno, Giuseppe De Domenico, Roberta Rovelli, Martina Scrinzi, Orietta Notari, Carlotta Gamba, Santiago Fondevila Saucet, Rachele Potrich, Anna Thaler, Patrick Gardner, Enrico Panizza, Luis Thaler, Simone Bendetti, Sara Serraiocco Paese:Italia, Francia, Belgio Durata:119 min Distribuzione:Lucky Red Sceneggiatura: Maura Delpero Fotografia: Mikail Krichman Montaggio: Gianluca Mattei Musiche: Matteo Franceschini Produzione:Cinedora, Charades, Versus

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Ho conseguito la Laurea in Estetica al DAMS dell'Università di Bologna, con una tesi sul teatro di Edoardo Sanguineti, dando così concretezza e compimento alla mia passione per il teatro. A partire da quel traguardo ho cominciato ad esercitare la critica teatrale e da molti anni sono redattrice e vice-direttrice di Dramma.it, che insieme ad altri pubblica le mie recensioni. Come studiosa di storia del teatro ho insegnato per vari anni accademici all'Università di Torino, quale professore a contratto. Ho scritto volumi su drammaturghi del 900 e contemporanei, nonché numerosi saggi per riviste universitarie inerenti la storia della drammaturgia e ho partecipato e partecipo a conferenze e convegni. Insieme a Fausto Paravidino sono consulente per la cultura teatrale del Comune di Rocca Grimalda e sono stata chiamata a far parte della giuria del Premio Ipazia alla Nuova Drammaturgia nell'ambito del Festival Internazionale dell'eccellenza al femminile.

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