Wim Wenders a Verona. Conversazione con Simone Azzoni

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Ospite d’eccezione alla settima edizione del Festival Grenze Arsenali Fotografici -in programma dal 14 settembre al 15 ottobre a Verona – sarà Early Works 1964-1984 di Wim Wenders.

La mostra, in esclusiva assoluta per l’Italia, raccoglie immagini catturate tra Algeria, Inghilterra, Indonesia, Islanda, Australia, Stati Uniti e Russia.

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In apertura della tua introduzione e in chiusura dell’intervista a Wenders, nel catalogo che accompagna la mostra edito da Lazy Dog Press e da te curato, si evoca il rapporto tra immagine e narrazione. Penso a Calvino, là dove fa dire al suo Palomar che «una cosa è contenta di essere guardata quando sa di significare sé stessa e nient’altro». Scorgere o addirittura voler scovare storie prime e attorno a queste fotografie dal tuo punto di vista arricchisce o distorce l’esperienza estetica?

L’attesa di una storia è un’apertura. Una disponibilità a un accadimento che, come tale, si dà in estensione di senso, un “fuori cornice” che “succede” a partire dalle condizioni dettate dall’immagine stessa. Wenders più volte ricorda che tutto iniziò dal Verbo e la parola sopravviverà all’immagine. La narrazione, la parola rispondono alla necessità dell’uomo di raccontare e ascoltare storie, non di vederle.

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Nella stessa intervista, Wenders parla di pittura, letteratura e musica tra i nutrimenti che hanno plasmato la sua poetica. Curiosamente, non cita nessuno che si sia occupato esclusivamente di fotografia. In che modo questa molteplicità di stimoli ha condizionato la sua produzione fotografica, a tuo modo di vedere?

La macchina fotografica è uno strumento per lui esplorativo, un dispositivo di memoria, archiviazione. Un diario intimo. Costruisce appunti propedeutici allo sviluppo cinematografico. Non è necessariamente un linguaggio da cui trarre ispirazione autoriale ma un metro con cui misurare la distanza dal reale e predisporsi a quella che lui chiama disposizione, disponibilità, contraccolpo dell’inquadrato su chi inquadra. La musica e la pittura appartengono ad un modus operandi, un habitat creativo non distinto per generi.

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Che cosa chi ama i film di Wenders ritroverà, nelle immagini esposte a Verona?

Il silenzio, la pausa, la solitudine, la memoria di ciò che sarà ed è stato. L’enigma dell’oggetto e del soggetto nel paesaggio. E il rapporto spirituale con il senso ultimo di tutto questo.

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Quale connessione individui tra le immagini di Wenders e il titolo-tema dell’edizione 2024 del Festival, Verzicht? Nello specifico: quale impotenza o rinuncia incarna questo regista che, nel corso dei decenni, ha raggiunto una fama pressoché mondiale?

Wenders rinuncia ad imporre la sua narrazione, il suo punto di vista. Ci offre una possibilità e poi fa un passo laterale, fuori dalla cornice che lui stesso ha ritagliato nel contesto inquadrato.

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Helen & Joe, Pittsburgh, Pennsylvania 1976 © Wim Wenders, Courtesy of Wenders Images

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Come di consueto, anche nella settima edizione del vostro Festival vi sono proposte molto diverse: esposizioni innanzitutto, ma anche incontri, laboratori e conferenze. Quali tra gli appuntamenti in programma sono i più imperdibili, per gli intenditori? E quali sono consigliati per i neofiti?

Il 24 settembre un talk farà il punto sullo stato dell’arte degli Scavi Scaligeri, i veronesi attendono da anni di sapere notizie in merito a questi spazi chiusi da tempo. La tavola rotonda sarà un’occasione importante per sapere e condividerne il futuro prossimo. I “neofiti” hanno sempre da imparare dai maestri e dai grandi della fotografia internazionale. Grenze è una finestra che si affaccia su quanto accade in alcuni tra i più importanti festival di settore e porta a Verona alcuni esempi pilota. Quest’anno, ad esempio, i linguaggi del reportage, dello stil life trovano nei loro interpreti inedite revisioni.

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Infine: quel è la più grande fatica e quale fino ad ora la maggior soddisfazione, nel realizzare un progetto come il vostro a Verona?

La fatica è la risposta della città. Verona è difficile. Tante parrocchie e tanti campanili. Tante invidie. Il Comune ci aiuta e ci incoraggia ma le altre istituzioni e i grandi sostenitori privati sono distratti da eventi che fanno più rumore e non hanno né continuità né reale radicamento nei quartieri. Francesca Marra e io lavoriamo tutto l’anno con mostre e laboratori. Ma siamo invisibili al main stream. Ci auto-sosteniamo, quindi puoi immaginare quale sia la soddisfazione nel vedere – dietro una foto di Wenders arrivata dopo centinaia di mail e mille assicurazioni e documenti incomprensibili – la sua firma autografa.

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La mostra è visitabile dal 14 settembre al 15 ottobre, dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19 negli spazi de Il Meccanico in via San Vitale 2b a Verona. Ingresso libero, chiuso il lunedì.

Programma completo del Festival qui.

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