Ravenna è una città ricca di proposte culturali, una fucina di creatività e di artisti che nascono e, spesso, scelgono di restare. Non è dunque facile emergere e trovare linfa nutriente per crescere e affermarsi.
È proprio questa la sfida che Camilla Berardi e Marco Montanari hanno scelto di accogliere fondando nel 2020 Spazio A, una realtà multiforme e in continua trasformazione, impegnata in laboratori teatrali per e con la cittadinanza, nella produzione di spettacoli e nella realizzazione della rassegna Ra-dici, quest’anno alla sua quarta edizione e dedicata al teatro under 35, dal 28 agosto al 1 settembre.
Come e quando è nato Spazio A?
Camilla Berardi: «È nato nel 2020, in piena pandemia. Io e Marco ci siamo incontrati a settembre, quando ancora c’era qualche apertura, durante un laboratorio per attori organizzato da Marco Martinelli. Durante il workshop ci siamo presto resi conto che avevamo qualcosa in comune. Poi è arrivato il secondo lockdown, ma nonostante ciò decidemmo di fare comunque qualcosa insieme, anche solo per metterci in gioco. Il primo progetto è stato Poesie a domicilio: vestiti da rider, ci siamo spostati per la città – avevamo ottenuto il patrocinio, perciò potevamo muoverci in zona rossa – per andare a declamare poesie alle persone che le ordinavano da un apposito menù. È forse stato proprio il difficile periodo che stavamo attraversando a farci legare profondamente con il territorio. Dopo questo primo progetto, abbiamo raccolto una serie di interviste online ad alcuni artisti e colleghi, per cercare di tenerci in contatto e mantenere accesa la fiamma. Questo percorso aveva come titolo Gettare Radici, sia perché eravamo costretti in casa, sia perché per molti il lockdown ha significato tornare nella propria città d’origine, vicino ai propri legami famigliari. Poco tempo dopo ci è stata data la possibilità di gestire lo spazio della Vecchia Pesa di Classe, luogo in cui è nata la rassegna Ra–dici».
Spazio A, da dove deriva questo nome?
Marco Montanari: «Non volevamo costituire una compagnia chiusa, ma creare un luogo fisico dove poterci incontrare e condividere qualcosa, per questo il termine “Spazio”. “A” invece sta per “Arcadia”, la regione idilliaca narrata dai poeti rinascimentali, un ambiente in cui gli uomini possono dedicarsi solo all’arte, alla cultura e al bello, perché a tutto il resto della vita ci pensa la natura. Questo concetto corrisponde al nostro desiderio di stare in contatto con ciò che sta attorno a noi, prendendo nutrimento dalla città, dalla periferia e dai campi per farne poi arte. Ci stiamo rendendo conto infatti che la nostra produzione va sempre più verso una direzione performativa fuori dai teatri: si tratta di una tensione che in verità non avevamo premeditato, ma è un dato di fatto che sta emergendo spontaneamente e che crediamo significativo per la nostra identità. Inizialmente Spazio A era costituito da più di una decina di artisti, poi il nucleo si è ristretto a noi due e ora sta ricominciando ad allargarsi. In questo senso, “A” sta anche per “Aperto”: non ci siamo mai davvero definiti, guardiamo sempre a quel che succede e stiamo molto in ascolto, mantenendoci sempre aperti, per l’appunto, al cambiamento. È una caratteristica a cui siamo affezionati e che sentiamo identificarci molto».
Quali sono le attività di Spazio A oltre alla produzione di spettacoli e performance?
Marco: «Spazio A si affianca fin dalla nascita a Galla & Teo, un’associazione culturale impegnata in laboratori teatrali dal 2002. Noi conduciamo alcuni di questi workshop, anche nell’ottica di far crescere il gruppo di lavoro, cosa che sta già succedendo. Non abbiamo uno spazio nostro per le prove e le residenze, perciò la nostra attività si concentra principalmente sui laboratori, sulle produzioni e sulla rassegna Ra-dici. Fra gli obiettivi principali c’è quello di costruire ponti attraverso legami forti con artisti e realtà fuori Ravenna: abbiamo contatti a Bologna, in Sicilia, in Toscana… L’intenzione è di essere proprio come le radici di un albero che si estendono e prendono nutrimento lontano dal tronco».
Ra-dici ora è alla sua quarta edizione. Come è cambiata la rassegna negli anni? Le urgenze da cui è nata resistono ancora o si sono trasformate in qualcosa di diverso?
Camilla: «Rispetto a qualche anno fa in cui riscontravamo una certa saturazione rispetto agli eventi culturali della città, ora ci rendiamo conto che non esiste niente di simile a Ra-dici qui a Ravenna. La rassegna nasce in un territorio particolare, fuori città ma al tempo stesso a due passi dal centro. Lì passa il treno, ma ci si trova anche in un sito archeologico, davanti a un museo che resta distaccato dalla vita culturale di Ravenna, quasi fosse una cattedrale nel deserto. Da queste consapevolezze, la nostra urgenza negli anni è cresciuta, fino a definirsi in una linea. Da subito abbiamo dato attenzione alla generazione under 35, un po’ perché lo siamo anche noi, un po’ perché forniamo un piccolo palco che si presta bene a chi sta nascendo. Facendo uno storico, siamo davvero molto felici degli artisti ospitati, perché molti spettacoli andati in scena a Ra-dici ora girano in contesti più grandi; oppure perché alcune performance come Petra di Mauro Lamantia/Sergio Beercock e Swan di Gaetano Palermo, dopo il debutto, hanno avuto la prima data proprio a Ra-dici. Essere quindi diventati una piccola fucina e un punto di riferimento per gli under 35 ha aumentato l’urgenza di un riconoscimento della nuova generazione di artisti non più solo sulla base dell’età anagrafica, ma della qualità artistica».
Mentre le edizioni precedenti comprendevano anche gli under 35, quella di quest’anno è totalmente dedicata alla nuova generazione. Di contesti simili si può dire che in Italia ne esistano e continuino a nascerne moltissimi. Come si distingue Ra-dici 2024 e quale vuoto intende colmare rispetto al teatro emergente?
Camilla: «La nostra vuole essere una specifica provocazione rispetto alla città: vogliamo portare più proposte fresche e nuove a Ravenna. Questo perché, per quanto la stagione teatrale in città sia davvero molto ricca, è molto difficile trovare nomi e lavori realizzati da artisti di nuova generazione. In questo senso, siamo davvero contenti di aver avviato quest’anno una collaborazione con il festival Ammutinamenti (n.d.r. leggi qui l’intervista) che da molto tempo a Ravenna conduce un importante lavoro sui giovani artisti di danza. Inoltre il nostro desiderio è di far spostare le persone, affinché possano fare esperienza del territorio al di là del centro città, suscitando in loro curiosità attraverso proposte diverse da quelle di cui sono soliti fruire».
Marco: «Il pubblico ci sembra rispondere molto bene a tutto ciò. Quest’anno per esempio abbiamo aperto una call volontari, perché diverse persone ci chiedevano di partecipare, desiderose di darci una mano. La chiamata ha attirato gente che non si occupa di teatro e questo ci ha fatto pensare che forse Ra-dici arriva a un pubblico ampio e diversificato».
Quali sono gli appuntamenti principali?
Camilla: «Apriamo con un’anteprima il 28 agosto, mentre la rassegna inizia ufficialmente il 29 con La corsa di Miriam Russo e Matteo Ciccioli, ex allievi della Nico Pepe che con questo spettacolo sono arrivati in finale a Spoleto nella sezione giovani. La pièce mette a confronto una consumatrice compulsiva che si chiude in casa e smette di vivere, e un rider che invece sente di non avere un luogo in cui stare perché è in costante movimento. Questo “equilibrio” a un certo punto si spezza per riflettere sulla tendenza consumistica di oggi.
Il 30 agosto è in programma Hayastan, una mise en lecture di poesie armene accompagnate da musiche originali, ideata da Anna-Lou e Irma Toudjian. Le due artiste scelgono di ripercorrere i fatti del genocidio e della diaspora del popolo armeno, tema oggi molto attuale, oltre a essere una parte di storia poco raccontata.
Sabato 31 c’è il collettivo DOGs con GRAAL – Parsifal era una donna, spettacolo che si chiede se esiste un fato per ognuna di noi, declinando la figura di Parsifal al femminile.
Il quarto e ultimo giorno, il 1 settembre, è in calendario do-around-the-world di Parini Secondo, uno spettacolo che prende avvio dalla pratica del salto della corda e dal ritmo che si ripete, in scena in collaborazione con Ammutinamenti Festival. Lo spettacolo, ogni volta che va in scena, viene filmato e il video viene poi archiviato e, in altre occasioni, proiettato».
Marco: «Ra-dici si arricchisce anche di eventi collaterali. Tra questi, il 26 agosto inizia un laboratorio tenuto da me e da Caterina Baldini, incentrato su Il naso di Gogol’ e dedicato all’adolescenza, alla trasformazione, a questo assurdo periodo di scoperta del proprio Sé, con un esito il 1 settembre a Russi. Come anticipava Camilla, la rassegna si apre il 28 agosto con una festa inaugurale realizzata con il CISIM a Teatro Lido Adriano, di cui siamo collaboratori artistici. Tra i protagonisti della serata, i Loachers, con uno spettacolo tra danza e giocoleria; Enrico Brusi, con una performance di improvvisazione musicale; e Solo Ariel con un concerto in chiusura.
Il 29 agosto è in programma il pellegrinaggio in bicicletta dal centro città alla zona del festival, per rafforzare il collegamento tra Ravenna e Ra-dici, un momento che si concluderà con una festa conviviale. Venerdì 30, ad anticipare lo spettacolo Hayastan, ci sarà un aperitivo armeno, mentre al termine della pièce abbiamo organizzato un talk con le artiste dedicato proprio al tema della diaspora e dei genocidio in Armenia.
Sabato 31 infine, presso i Giardini Pubblici, ci sarà un brunch-talk per parlare di temi cari al teatro under 35, aperto ad addetti ai lavori e all’intera cittadinanza».
A che orizzonti guardate per il futuro?
Marco: «Ci aspetta un settembre molto intenso, fra tutti l’esito del laboratorio a Russi, che avrà la forma di una performance itinerante e che si terrà tutte le sere della fiera che si tiene in città. Il titolo è Il cacciatore di sogni e il tema è proprio il mondo onirico: stiamo lavorando sugli archetipi e sui sogni ricorrenti. Abbiamo inoltre in programma nuove produzioni e per il 2025 immaginiamo di lavorare su una nostra creazione, mossi dal desiderio di riportare Spazio A in scena. L’intenzione è poi di rafforzare le collaborazioni in essere e di instaurarne di nuove. Insomma, vogliamo che i nostri germogli siano sempre più verdi e rendere le nostre radici sempre più profonde».