Vinicio Capossela, il condottiero dalla parte de “I Superflui”

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Martedì 4 luglio siamo stati a Bertinoro, “Balcone della Romagna”, all’interno di Entroterre Festival per il live di Vinicio Capossela nella spendida cornice dei Giardini della Rocca.

Assistere ad uno spettacolo di Capossela è sempre un miscuglio di grandi emozioni, uno spettacolo musicale dove la magia delle note e delle parole si fondono con la teatralità e la letteratura e dove ognuno di noi si interroga sulle grandi domande che sia in passato che nel presente ogni essere umano si pone.

“Altri tasti” è il nome del tour estivo che Capossela ha proposto in giro per l’italia con formazioni e repertori differenti, ma dove l’urgenza di esprimersi tramite la musica e le parole rimane la stessa di sempre, dove oltre alle canzoni urgenti del suo ultimo album trovano spazio anche pezzi tratti da Camera a sud nell’anniversario del suo trentennale, ogni pezzo eseguito magistralmente dal condottiere Capossela e dalla sua band che ha accompagnato il cantautore durante l’ultimo tour.

Quello che mi è rimasto impresso particolarmente in questo live sono state le parole di Capossela quando ha parlato di Dante Arfelli (1921-1995), scrittore, nato proprio a Bertinoro, celebre per I superflui, romanzo vincitore nel 1949 del Premio Venezia (antenato del Premio Campiello), pubblicato in Italia da Rizzoli e negli Stati Uniti da Scribner, l’editore di Ernest Hemingway, dove vende milioni di copie.

Ma chi sono questi superflui? Sono espressione dello smarrimento di un’intera generazione così come allora, dopo la seconda guerra mondiale, anche oggi. Sono personaggi soli e abbandonati a se stessi, pedine immobili che si lasciano trascinare dalla corrente di fronte allo spaesamento di una quotidianità distrutta dalla guerra, di una società da ricostruire. Sono uomini e donne le cui vicende personali si fanno universali, ma che suonano ancora molto attuali. Tutti i personaggi sono in cerca di amore e realizzazione, di un posto dove stare, ma alla fine devono soccombere al proprio destino di inettitudine. Un destino di fallimento morale, civile e sociale.

Ed è proprio in questa categoria che io stessa sono incasellata, una perdente, emarginata, nonostante la mia voglia di vivere, i miei sogni e speranze, schiacciata da una società corrotta e sempre più alla deriva.

Capossela è riuscito ancora una volta a toccare quei tasti più intimi e profondi delle nostre anime. Non siamo soli, ed è proprio in questi momenti che la mia voglia di cambiare le cose si fa sempre più viva e travolgente e i miei sogni diventati illusioni prendono nuova linfa vitale, perchè è solo in questo modo che riusciremo a sopravviere.

Grazia alla musica, alle parole, alla lotta, a toccare il fondo ma rialzarsi sempre, con bellisime cicatrici da mostrare con orgoglio.

Grazia a Vinicio Capossela, a tutta la sua band, a Entroterre Festival e a quelli che come me non smettono di sognare un mondo migliore.

Che coss’è l’amor? Semplicemente tutto questo.