La videoarte che ci ha nutrito, da Marina Abramović a Bill Viola. Conversazione con Francesca Leoni e Davide Mastrangelo

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Francesca Leoni e Davide Mastrangelo, Person-A, 2011

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L’edizione 2024 di Ibrida Festival, in programma dal 19 al 22 settembre a Forlì, si presenta con una nuova e importante partnership con la Collezione di Videoarte Alfredo Hertzog, un archivio creato dall’omonimo collezionista brasiliano e composto da più di 250 lavori sperimentali, storici e recenti.

Innanzi tutto, per chi non se ne intende: cosa differenzia un’opera di videoarte da un altro prodotto filmico come, ad esempio, un cortometraggio d’autore?

La distinzione tra videoarte e cinema non è sempre netta ed è oggetto di dibattito da parte di critici ed esperti. Tuttavia, possiamo individuare alcune caratteristiche che ci permettono di differenziare le due forme d’arte in maniera chiara per un pubblico generico. Quando parliamo di linguaggio, il cinema segue generalmente una struttura narrativa codificata, con un inizio, uno sviluppo e una fine. Utilizza un linguaggio cinematografico che include elementi come recitazione, montaggio, colonna sonora e scenografia. La videoarte non ha una struttura narrativa obbligata. Può essere composta da immagini fisse, video montati in modo non lineare o performance dal vivo rielaborate, ecc. Il linguaggio è libero e sperimentale, può includere anche solo elementi audiovisivi astratti che lavorano sulla percezione visiva e uditiva dello spettatore. Inoltre, il contesto e la fruizione dell’opera sono spesso diversi. Il cinema viene generalmente fruito in una sala cinematografica buia, su un grande schermo e con un pubblico statico. La videoarte può essere fruita in gallerie d’arte, musei, festival ed eventi. Può essere esposta su schermi di diverse dimensioni, in installazioni multimediali e addirittura proiettata su grandi strutture. Infine, non dimentichiamoci dell’autorialità: questa forma d’arte originariamente proviene dagli artisti visivi e non dai cineasti.

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Barbara Hammer, Sync Touch, 1981

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Come si colleziona la videoarte? Le opere sono uniche, come un dipinto a olio o un disegno a matita? E come e dove sono conservate, in genere?

Le opere video sono riproducibili, a differenza di dipinti o disegni unici. Una volta i collezionisti compravano il film in pellicola o la cassetta, ora la maggior parte delle opere sono in digitale; quindi, stiamo parlando di un file immateriale. Spesso gli artisti hanno una copia in altissima definizione nei loro archivi e mandano in giro nei festival una riproduzione. L’artista stabilisce il numero di edizioni (copie) dell’opera, simile alle stampe fotografiche. Maggiori edizioni generalmente comportano un prezzo inferiore. Il collezionista compra una delle edizioni dell’opera, che viene inviata su un supporto fisico in una chiavetta o hard disk a seconda delle dimensioni, accompagnata da un certificato di autenticazione. Ogni artista poi presenta l’opera come vuole. Noi, per esempio, abbiamo una cartellina personalizzata con la firma del documento accompagnata da un sigillo con le nostre iniziali. Il collezionista può disporre di quell’edizione per proiezioni pubbliche e private, la può prestare a musei ed esposizioni e ovviamente rivendere. Con l’avvento degli NFT alcuni videoartisti hanno aggiunto un certificato digitale di proprietà immutabile e riconducibile a una blockchain, offrendo, così, una maggiore tracciabilità all’opera.

Due vostre creazioni sono state recentemente acquisite dalla Collezione di Videoarte Alfredo Hertzog. Come è avvenuto l’incontro con questa Collezione e come la scelta di quelle opere, fra tante da voi realizzate?

Abbiamo un legame di sangue con il Brasile, poiché Francesca è cresciuta lì e parte della sua famiglia vive ancora a San Paolo. Inoltre, il panorama brasiliano della videoarte è molto ricco di festival e artisti con cui collaboriamo attivamente. In pratica, la curatrice della collezione ha proposto le nostre opere, e Alfredo Hertzog stesso ha scelto tra i nostri lavori le due opere da acquisire. La scelta è ricaduta su Person-A e Simulacro, che fanno parte della trilogia della pelle. Assieme ad Androgynous, le due opere acquistate completano un trittico realizzato tra il 2011 e il 2016. In particolare, Person-A (2011) è stato uno dei lavori che ha girato di più per mostre, rassegne e festival. La caratteristica di questi lavori è data dalla presenza di simboli, oltre alla nostra presenza come performer. Per noi è motivo di grande orgoglio far parte di una collezione così importante. Alfredo Hertzog, inoltre, sta compiendo un lavoro lodevole di catalogazione e archiviazione di tutti i lavori per renderli consultabili online da studiosi, appassionati e curiosi di videoarte. A breve lanceranno anche la collezione online.

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Francesca Leoni e Davide Mastrangelo, Simulacro

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In questa Collezione sono presenti anche creazioni di Marina Abramović. Lei è o è stata un riferimento, nel vostro percorso creativo?

Certamente. Marina Abramović è stata un riferimento fondamentale per noi e per molti artisti contemporanei, soprattutto per la sua pratica nella performance art e per il suo rapporto con Ulay. Il loro lavoro ha segnato un’epoca d’oro della performance art, esplorando temi di identità, relazione e resistenza fisica, attraverso performance memorabili. L’influenza di Marina Abramović sulla fusione tra videoarte e performance art è ampiamente riconosciuta. Le sue opere spesso integrano elementi video per documentare e amplificare le performance dal vivo, consentendo loro di raggiungere un pubblico più vasto e di lasciare un’impronta duratura nel panorama dell’arte contemporanea. La collezione Hertzog, oltre a nomi più gettonati come quello dell’Abramovic, è anche ricca di videoartisti storici brasiliani, come la bahiana Letícia Parente (Brasile, 1930-1991), Lucila Meirelles (Brasile, 1953), Regina Vater (Brasile, 1943) e Gretta Sarfaty (Grecia-Brasile, 1947).

Come artisti, quali altri Maestri riconoscete?

Vogliamo ricordare in primis Bill Viola, scomparso qualche giorno fa. È stato un pioniere della videoarte, l’abbiamo studiato e amato per la capacità di esplorare le esperienze umane come nascita, morte e coscienza attraverso il medium video. Le sue opere utilizzano spesso ralenty estremi per creare ambienti immersivi e contemplativi, che invitano gli spettatori a interagire profondamente con le immagini. Dziga Vertov, che con il proprio lavoro, già un secolo fa, interpretò le possibilità di un nuovo linguaggio cinematografico e che abbiamo omaggiato con il nome della nostra associazione (Vertov Project). Vertov è noto per il suo contributo al cinema documentario e per aver sviluppato il concetto di “Cineocchio”, che enfatizza il ruolo della cinepresa nel rivelare la verità e superare i limiti della visione umana. Avanti davvero anni luce.

Matthew Barney, performer, regista e scultore statunitense che ha creato opere totali. Conosciuto per il suo ciclo di film The Cremaster Cycle, Barney ha combinato performance, scultura e narrazione cinematografica per esplorare temi di genere, mitologia e biologia in opere totali. Non possiamo non citare Maya Deren, una divinità indiscussa, alla quale Ibrida festival ha dedicato la copertina del festival nel 2022. Infine vogliamo almeno nominare David Cronenberg e la sua fisicità plastica. Cronenberg ha esplorato temi come mutazione, tecnologia e identità attraverso una cinematografia unica che spesso sfida le convenzioni narrative e visive tradizionali.

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Dana Levy, The Wake, 2011

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Due delle opere di videoarte premiate durante Ibrida Festival 2024 saranno acquistate e andranno a far parte della prestigiosa Collezione brasiliana, una dinamica virtuosa unica in Italia e (quasi) in Europa.

Possiamo affermare con certezza che questa iniziativa è unica in Italia. Ci sono premi per la videoarte nel nostro Paese, ma nessuno prevede l’acquisizione delle opere vincitrici. In Europa, solo un altro festival mantiene un simile rapporto con i collezionisti, acquistando le opere premiate. Speriamo che questa iniziativa possa incoraggiare altri ad acquistare opere attraverso il nostro festival (o altri). Il nostro obiettivo, come Ibrida Festival, è promuovere la cultura della videoarte e delle arti digitali, affinché ci siano sempre più artisti e fruitori di questa forma d’arte, oltre a un numero crescente di investitori e collezionisti.

Dal vostro osservatorio privilegiato sul panorama internazionale, come Direttori Artistici di Ibrida Festival, potete individuare, oggi, tendenze in atto in Italia nel mondo della videoarte?

Ogni anno riceviamo oltre 500 lavori video, dai quali selezioniamo circa 50 opere che poi proiettiamo durante il festival. Notiamo una continua evoluzione delle tecnologie utilizzate. Negli ultimi anni abbiamo iniziato a ricevere lavori generati con l’intelligenza artificiale (AI). Questo riflette una tendenza globale, dove l’AI sta diventando sempre più prevalente nelle pratiche artistiche.

Anche la ricerca estetica cambia costantemente. I temi trattati variano in base agli eventi. Ad esempio, il tema della guerra e dell’attivismo politico è al centro di molti lavori oggi, così come le questioni ambientali. L’anno scorso, il vincitore del premio Ibrida ha presentato un’opera realizzata durante il lockdown.

In sintesi, c’è una forte attenzione ai temi contemporanei: la videoarte in Italia sta rispondendo in modo dinamico alle nuove tecnologie e ai cambiamenti sociopolitici, in una fertile interazione con il contesto globale.

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Marcia Beatriz Granero, TRIP Paulista,2010

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Vi è un Paese, secondo voi, oggi particolarmente vivace, in questo ambito?

Quest’anno abbiamo ricevuto lavori da oltre 30 nazioni differenti. Molta partecipazione di artisti provenienti dagli Stati Uniti, Brasile, Corea del sud, Australia e da tutta Europa, inclusi molti italiani. Tuttavia, basandoci sulle opere ricevute, i paesi più vivaci, oltre all’Italia, sono il Brasile e il Belgio.

I lavori provenienti dal Belgio sono di altissima qualità e spesso finanziati da enti o istituzioni. L’anno scorso, i principali premi di Ibrida sono andati ad artisti belgi. Questo successo può essere attribuito in gran parte alle politiche culturali del Belgio, che supportano gli artisti con fondi statali ed eventi dedicati.

Il Brasile, d’altra parte, ha una scena di videoarte molto ricca e dinamica. Nonostante le sfide economiche e politiche, il panorama artistico brasiliano continua a prosperare grazie a festival locali, collettivi artistici e una crescente comunità di artisti digitali. La videoarte brasiliana spesso esplora temi di identità, politica e ambiente, riflettendo la complessità e la diversità del Paese. In sintesi, il Belgio e il Brasile emergono come Paesi particolarmente vivaci nel campo della videoarte internazionale, grazie a un solido supporto istituzionale e a una comunità artistica attiva e impegnata.

Per concludere: ci date un’altra anticipazione sull’edizione 2024 di Ibrida Festival?

Ogni anno introduciamo novità al nostro festival per offrire al pubblico un’edizione sempre in crescita e in aggiornamento. Oltre al premio di acquisizione delle opere, che rappresenta già un grande passo in avanti, ci saranno alcuni cambiamenti significativi. Il festival diventerà diffuso e si svolgerà in luoghi diversi. La parte clou si terrà alla Fabbrica delle Candele dal 19 al 22 settembre.

Ogni giorno apriremo al pubblico intorno alle 19:30 il nostro villaggio intermediale, che comprenderà due stanze dedicate alla selezione di videoarte, installazioni interattive e live. Venerdì 20 ci saranno due live performance: Enrico Malatesta in una nuova compagine e Gianmarco Donaggio. Sabato 21 tornerà Carlos Casa con Cyclope e un live straordinario di GO!YA!, con NAIP accompagnato da una celebre artista forlivese, alla batteria Julie Ant (Giulia Formica). Infine, domenica avremo la premiazione e un live co-prodotto in collaborazione con il festival di Trieste Science + Fiction con Luca Maria Baldini e Igor Imhoff.

Una novità di quest’anno è l’arrivo della videoartista brasiliana Marcia Beatriz Granero per una residenza artistica che culminerà con la realizzazione di una sua opera qui a Forlì: verrà anch’essa acquista dalla Collezione Hertzog.

Durante le giornate non mancheranno incontri e workshop, tra cui uno dedicato all’elaborazione video con l’AI. Inoltre, continua la nostra collaborazione con la Fondazione Dino Zoli, che presenterà una nuova e affascinante mostra tra performance art e nuove tecnologie. Quest’anno ospiteremo l’artista intermediale Francesca Fini con Cyborg Fatale, una mostra a cura di Bruno Di Marino con installazioni e video che verrà inaugurata lunedì 2 settembre alle ore 19 alla Fondazione Zoli. L’entrata sarà libera. La mostra sarà inclusa anche nella Giornata del Contemporaneo e si concluderà il 13 ottobre. Un programma fitto e denso di appuntamenti, consultabili sul sito di Ibrida Festival e sulle nostre pagine social.

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Davide Mastrangelo e Francesca Leoni – ph Consuelo Canducci

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