–
Succede, a volte, che gli spigoli del reale sopravanzino il reale che spesso dell’arte, così come dei processi curatoriali che ne fanno oggetto, è il motore.
.
FACCENDE PERSONALI
Un mese fa, il 21 e 22 ottobre 2023, sono stato a Modena, alla quindicesima sfolgorante edizione del Festival di pratiche performative site-specific Periferico, avventura del Collettivo Amigdala che da anni seguo e stimo con slancio.
È stata peraltro la mia prima uscita fuori città, dopo mesi di acciacchi: il che ha reso per me ancor più speciale l’esserci. Più festosa la festa dell’incontro.
.
FACCENDE PERSONALI, MA NON SOLO PERSONALI
Succede che il lavoro culturale del creare discorsi a partire dai discorsi dell’arte (leggi: l’attività critica) oggi in Italia per il 99% di chi lo fa non sia un lavoro pagato.
Dunque non sia propriamente un lavoro.
Dunque lo si fa meglio che si può ma anche quando si può: dopo il lavoro che serve a pagar le bollette.
E su questo si potrebbe (dovrebbe) aprire un discorso.
Ma andiamo avanti.
.
FACCENDE COMUNI
Succede che passano i giorni, e le settimane.
E quando finalmente è possibile mettersi allo scrivere le cronache hanno al centro l’omicidio della giovanissima Giulia Cecchetin da parte (presumibilmente) dell’altrettanto giovanissimo ex fidanzato Filippo Turetta.
Succede che i social trabocchino di maledizioni: si invocano pena di morte, castrazione, morte per annegamento con pietra al collo.
E via di giudizi sommari e definitivi sullo sguardo e la faccia di lui (guarda chi si rivede, anche nella bolla pseudo-colta e progressista di cui faccio parte: Cesare Lombroso).
.
ALTRE FACCENDE COMUNI
In questo 2023 sono molte decine, purtroppo, le donne che sono state uccise in Italia.
Detto con parola oggi d’uso comune: son ben oltre il centinaio, solo nel 2023, i femminicidi.
Uno ogni 3 o 4 giorni.
Un’infernale follia.
L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà, ci ricordava l’amato Calvino.
Certo ci si potrebbe domandare perché vi è tutta questa attenzione mediatica proprio ora e non tre vittime fa.
Una persona uccisa a vent’anni è più notiziabile (termine tanto feroce quanto diffuso nel gergo giornalistico) di una uccisa a cinquanta, così come un atto violento che accade nel nostro quartiere ci interessa molto di più di un atto analogo avvenuto a 10.000 chilometri da noi: non ci sono attitudine progressista, concezione inclusiva o livello d’istruzione che tengano.
E poi: sul potere che il quarto potere ha sul nostro dire, pensare e inveire si potrebbe (dovrebbe) aprire un discorso.
Ma andiamo avanti.
L’andare avanti per me in questa occasione è, alla luce di tutto questo, interrogare ancor più radicalmente il pensiero in azione che Collettivo Amigdala continua da anni, con visionaria pervicacia, a porre in essere e a condividere.
Interrogare il loro modo linguistico, dunque politico, di costituire un’alternativa al modello dominante (ah, quanto omologante perbenismo, anche nei mondi della cosiddetta sperimentazione performativa!).
Interrogarmi ancora e ancor di più sull’opera dell’arte, sulla sua funzione.
Il rischio, a un primo sguardo forse superficiale, è quello di discutere del sesso degli angeli mentre fuori il mondo esplode.
.
CHE FARE, DUNQUE?
Tra l’annichilimento e l’entusiasmo, torno col pensiero a un mese fa, nella periferia operaia di Modena dove tante volte son stato in passato a onorare il sommesso e al contempo roboante lavorio di Amigdala a rendere i tanti protagonisti attivi di processi culturali.
Processi culturali: definizione ondivaga in questo caso usata per significare allenamenti di civiltà che certo farebbero bene tanto a chi questi delitti tremendi li compie quanto a chi sbrigativamente e ferocemente li condanna (e, altrettanto sbrigativamente, si autoassolve).
Siamo esseri complessi che danno luogo a un sistema complesso di relazioni col circostante: ogni brutale semplificazione abbruttisce tanto chi la mette in atto quanto chi ne è oggetto.
Al contrario, azzardo a sintetizzare, da quindici edizioni Periferico si e ci getta con delicata ferocia, con mite radicalità in un femminile creaturale e interrogante, colto e selvatico, processuale e altero.
O meglio: altro.
Ecco, se dovessi sintetizzare con una parola l’esperienza vissuta nelle ventiquattr’ore modenesi direi: alterità.
Radicale, non pacificata, non consolatoria alterità.
Dei e nei molti femminismi che muovono il loro fare, o meglio il loro farsi luogo di ciò che enunciano, si potrebbe dire parafrasando Michel De Certeau.
E attraverso l’imbattermi in accadimenti che mi han ricordato, con la forza interrogante dell’arte, quanto sia stratificato, complesso e irriducibilmente altro, ciò che è altro da me.
[ per inciso, e a proposito di femminismi, invito con calore alla lettura di due illuminanti articoli di Elena Sorbi, una corsa a perdifiato su questo tema smisurato apparsa in due puntate sulla sua rubrica Fuori posto sulla nostra rivista: #1 e #2 ]
.
È SUCCESSO
È successo nell’abitare il paesaggio metafisico-cimiteriale à la De Chirico che al tramonto non può non continuare a mutare colori e temperature, sorta di allenamento zen a consegnarsi pienamente e senza freni a un qui e ora eloquentissimo ancorché muto.
Ad affacciarsi a vite che non sono la mia, evocate dai mille nomi e dalle mille facce nelle lapidi, lasciando in bocca un sapore amarognolo di insoddisfazione, di non abbastanza: per il non sapere, il non completare, il non chiudere alcun cerchio.
Che è poi ciò che l’arte dovrebbe sempre fare, forse: inappagarci.
È successo nelle scintille immaginate da Francesca Grilli e curate e trasdotte in parola da Azzurra D’Agostino: tra le automobili di una polverosa officina affidare la nominazione fragilissima e spavalda del proprio avvenire a uno spiritello adolescente, in uno straniante ribaltamento di significanti e significati.
È successo negli Esercizi di allerta curati e voluti da Isabella Bordoni, da Amigdala e da Maria Nadotti, che conoscevo indirettamente per aver lei tradotto e curato due saggi sullo sguardo di John Berger che ho letto e riletto.
Attorno a un tavolo.
E, prima, a raccogliere tracce di parole, come briciole sparse per intuire un possibile sentiero. Tra le molte, quelle di Meike Clarelli e Daina Pignatti, tra le anime pulsanti di Amigdala: «Questa nudità dubbiosa è il mio gesto certo contro il patriarcato, la mia parola nasce nel fondo dei talloni, nel camminare la notte, nell’avere sempre meno paura».
È successo nel rituale lirico e umanissimo, dolce e dolente curato da Caterina Moroni e messo in vita da un manipolo di donne con molta vita vissuta.
Un tavolo, ancora (come sarebbe bello, scrivere una storia dell’arte -performativa e non- che ha avuto un tavolo come occasione e trampolino).
Lì attorno donne e spettatrici e tazze da tè, a fare cose stupide e care.
Mentre suona la musica struggente e saltellante dei Bevano Est penso all’Eliot del Canto d’amore di J. Alfred Prufrock: «Poiché li ho conosciuti tutti, conosciuti tutti: / conosciuto i pomeriggi, i crepuscoli, i mattini / ho misurato la mia vita a cucchiaini / e ho conosciuto tutti gli occhi, conosciuti tutti / e ho conosciuto tutte le braccia, conosciute tutte / braccia ingioiellate e bianche e nude / È il profumo che viene da un vestito / che mi fa divagare a questo modo?». E ancora: «E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto / dopo le tazze, la marmellata e il tè / e fra le porcellane, fra i discorsi di me e te / ne sarebbe valsa la pena / di troncare netto la cosa con un sorriso… / E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto / ne sarebbe valsa la pena / dopo i tramonti e i cortili e le strade spruzzate / dopo i romanzi, dopo le tazze da tè…».
E lì, sullo stesso tavolo, un rituale tremendo e lieto di morte infiorata, e poi a un altro tavolo con Paola, sorta di Tiresia ipovedente e valorosa che per sette preziosissimi minuti con me indovina il futuro e abita il presente.
Stare insieme a un altro essere umano con commozione, che nell’origine della parola è muoversi insieme.
Poi, a un certo punto, finisce.
È successo con Kin, atto di parola e di presenza che ho visto crescere, e che qui ho trovato maturo e (perché) esposto in nudità piena, zeppo di sfumature e segni e suoni e mondi, nell’atto minuscolo e smisurato di prender parola.
Dalla materia vocale affiorano domande, la phoné erotizza l’esperienza trasparente di un cerchio di esseri umani che stanno.
Esperienza concreta e volatile, estroflessa e magmatica, collocata e interrogante, questo Kin: come l’arte dovrebbe sempre essere.
E poi, a un certo punto, finisce.
Come la vita.
.
NOMI
Desidero ora nominare le donne che in questo anno in Italia sono state uccise da uomini.
Non sapendo nulla di loro, delle loro storie.
Certo non esaurendo, né tanto meno risolvendo, alcunché.
Neanche, ahinoi, questo elenco, certo destinato ad allungarsi.
Semplicemente tenendole a fianco per qualche istante: come interrogazioni senza consolazione, come invocazioni senza bersaglio, come alterità che non si riducono.
Nomi che continuano a scoppiare, direbbe Andrea Zanzotto: come quel mistero che l’arte, quando è tale, infittisce e al contempo in parte rivela.
Teresa Spanò 2 gennaio
Giulia Donato 4 gennaio
Martina Scialdone 13 gennaio
Oriana Brunelli 14 gennaio
Teresa Di Tondo 15 gennaio
Alina Cristina Cozac 22 gennaio
Giuseppina Faiella 28 gennaio
Yana Malayko 1 febbraio
Margherita Margani 4 febbraio
Antonia Vacchelli 6 febbraio
Melina Marino 11 febbraio
Santa Castorina 11 febbraio
Cesina Bambina Damiani 12 febbraio
Rosina Rossi 16 febbraio
Chiara Carta 18 febbraio
Sigrid Grober 19 febbraio
Maria Luisa Sassoli 23 febbraio
Giuseppina Traini 25 febbraio
Caterina Martucci 1 marzo
Rosalba Dell’Albani 4 marzo
Iolanda Pierazzo 6 marzo
Iulia Astafieya 7 marzo
Rossella Maggi 8 marzo
Petronilla De Santis 9 marzo
Rubina Kousar 9 marzo
Maria Febronia Buttò 10 marzo
Pinuccia Contin 16 marzo
Francesca Giornelli 28 marzo
Agnese Oliva 29 marzo
Zenepe Uruci 30 marzo
Carla Pasqua 31 marzo
Alessandra Vicentini 31 marzo
Sara Ruschi 13 aprile
Brunetta Ridolf 13 aprile
Rosa Gigante 18 aprile
Anila Ruci 19 aprile
Stefania Rota 21 aprile
Barbara Capovani 23 aprile
Wilma Vezzaro 25 aprile
Antonella Lopardo 2 maggio
Rosanna Trento 3 maggio
Danjela Neza 6 maggio
Jessica Malaj 7 maggio
Anica Panfile 21 maggio
Yirel Natividad Peña Santana 27 maggio
Ottavina Maestripieri 1 giugno
Giulia Tramontano 1 giugno
Pierpaolo Romano 1 giugno
Giuseppina De Francesco 8 giugno
Maria Brigida Pesacane 8 giugno
Floriana Floris 9 giugno
Cettina De Bormida 10 giugno
Rosa Moscatiello 12 giugno
Svetlana Ghenciu 19 giugno
Margherita Ceschin 24 giugno
Laura Pin 28 giugno
Maria Michelle Causo 28 giugno
Ilenia Bonanno 6 luglio
Benita Gasparini 19 luglio
Mariella Marino 20 luglio
Norma 22 luglio
Vera Maria Icardi 24 luglio
Marina Luzi 25 luglio
Angela Gioiello 28 luglio
Mara Fait 28 luglio
Sofia Castelli 29 luglio
Iris Setti 6 agosto
Maria Costantini 9 agosto
Celine Frei Matzohl 13 agosto
Anna Scala 17 agosto
Vera Schiopu 19 agosto
Francesca Renata Marasco 28 agosto
Rossella Nappini 4 settembre
Marisa Leo 6 settembre
Nerina Fontana 16 settembre
Cosima D’Amato 20 settembre
Maria Rosa Troisi 20 settembre
Rosaria Di Marino 20 settembre
Liliana Cojita 21 settembre
Manuela Bittante 25 settembre
Anna Elisa Fontana 25 settembre
Carla Schiffo 27 settembre
Monica Berta 27 settembre
Klodiana Vefa 28 settembre
Egidia Barberio 30 settembre
Anna Malmusi 1 ottobre
Piera Paganelli 4 ottobre
Eleonora Moruzzi 5 ottobre
Silvana Aru 13 ottobre
Concetta Marruocco 14 ottobre
Marta Di Nardo 20 ottobre
Antonella Iaccarino 21 ottobre
Giuseppina Lamarina 24 ottobre
Pinuccia Anselmino 25 ottobre
Annalisa D’Auria 28 ottobre
Etleva Kanolija 29 ottobre
Michele Faiers Dawn 1 novembre
Patrizia Vella Lombardi 14 novembre
Francesca Romeo 18 novembre
Giulia Cecchetin 18 novembre
.
Un augurio a tuttə noi, per dirla ancora una volta con Meike Clarelli e Daina Pignatti, di «avere sempre meno paura».
.
.