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Un canale inglese della RAI estera, mi ha chiesto qualche giorno fa una video pillola per la presentazione del festival. Invio il tutto e loro rispondono: “Bellissimo! Scusa, ma, a noi serve in inglese…” – allora io prontamente: “Ve lo rifaccio, che ci vuole”, – e loro: “Ma no! Ma che problema c’è… Esiste un’APP AI che ti cambia il labiale e ti mette già la voce in inglese”.
Comincia così la chiacchierata con Alessandro Scillitani, ideatore e Direttore Artistico del Reggio Film Festival, manifestazione cinematografica 22enne che si svolge dal 6 al 12 novembre e propone come tema centrale quest’anno Futuro, futuro del cinema e non solo, come anche il ruolo crescente dell’Intelligenza Artificiale nell’arte e nelle nostre vite.
Perché secondo te il cortometraggio può essere considerato uno strumento ideale per affrontare le tematiche urgenti del nostro mondo?
Il cortometraggio ha questa caratteristica: nella sua brevità, lancia un messaggio. Il cinema non necessariamente deve farlo però la brevità permette di aprire finestre, a prescindere, su vari mondi. Ad esempio: se lo spettatore va al cinema a vedere un lungometraggio, entra in un mondo ed è quello che vive dall’inizio alla fine della serata. Col cortometraggio fondamentalmente, nello spazio di una sera, ha invece la possibilità di attraversare diversi mondi. Sono schegge di racconti che possono trattare anche tematiche che sono urgenti e importanti per la nostra attualità o comunque sono anche tematiche universali. Dire molte cose senza l’obbligo di raccontarle in modo didascalico oppure accademico. Il corto ti può spiazzare, fornire modi alternativi, laterali e trasversali per affrontare l’argomento di cui vuoi parlare.
Quest’anno sono arrivate 2000 opere da tutto il mondo, la maggior parte sono opere prime?
Il festival da molto tempo è aperto e riceve opere da case di produzione e autori affermati, o comunque che non sono necessariamente alla loro prima esperienza. Siamo collegati da anni con alcune scuole di cinema molto importanti, come quella di Amburgo, che ogni anno manda le opere realizzate dai loro allievi. Sono opere prima ma di rilievo. Il festival da sempre si dedica a raccogliere le opere senza necessariamente imporre il vicolo dell’inedito: da sempre la vocazione del festival è quella di offrire una vetrina sulle più recenti produzioni, non censurate dalla verginità, in modo tale da poter esser visti da molte persone. Molte opere che vengono selezionate dal festival sono comunque delle prime europee o addirittura internazionali: un’occasione unica per vedere delle cose che non ha ancora visto nessuno e che sono di grandissima qualità e interesse.
La ricchezza del Reggio Film Festival nasce anche dalla sua struttura che, oltre ai cortometraggi, presenta numerosi incontri con gli autori, tavole rotonde ed eventi collaterali come la sonorizzazione live a cura dei musicisti Lorenzo Valdesalici e Alessio Vanni, de “Le Voyage dans la lune” di Méliès
Il tema di quest’anno è “Futuro” e penso che prima o poi tutti quanti lo abbiamo fatto: andare a guardare indietro come veniva immaginato il futuro dai nostri antenati. Il più grande visionario del cinema degli esordi è Méliès, che ha creato film onirici che raccontano in modo poetico dei viaggi immaginifici, utilizzando tecniche pazzesche, in un’epoca in cui non esisteva il sonoro ma non esisteva neanche il colore. La capacità che all’epoca si aveva di raccogliere immagini era limitata a pochi fotogrammi al secondo in bianco e nero: Méliès ha preso la pellicola e fotogramma per fotogramma li ha colorati per restituire una fantasmagoria a questo racconto. Questo rappresenta, in un certo senso, proprio un anello di congiunzione… Siamo in un festival di cinema e parliamo dell’inizio del cinema proiettato al futuro, è come corto circuito. Il festival possiede da sempre questa vocazione di aprirsi anche alle altre modalità espressive, con la consapevolezza che il cinema le racchiude tutte. È come se noi affiancassimo al cinema qualcosa che potrebbe essere comunque contenuto nel cinema, e quindi ecco che il festival si popola di concerti, di tavole rotonde, di workshop, di libri…
Hai l’opportunità di gettare uno sguardo sulla produzione internazionale. Cosa ti sembra stia accadendo a livello mondiale nel mondo dell’audiovisuale?
Il cortometraggio viene spesso utilizzato, in un certo senso, come biglietto da visita e viene utilizzato sia per raccontare il tempo, sia storie che colpiscono. Effettivamente stupisce che siano arrivati anche dei corti da Israele, dalla Palestina. Con la firma dell’autore, l’opera prende posizione, analizza, in modo poetico e nello stesso tempo cinico, la situazione. Mettendo così in luce le contraddizioni, le situazioni complesse, con uno sguardo che può essere considerato non necessariamente ideologico. E questo è un altro grande compito che si dà al cortometraggio.
Poco prima della proclamazione dei vincitori, il 12 novembre, ci sarà l’incontro “quale futuro per i giovani”. Quello che viviamo oggi è un “tempo incerto”: tu quale futuro vedi?
Questa tavola rotonda sarà aperta dalla proiezione del mio cortometraggio Non si può prevedere tutto quanto. Sono andato ad intervistare soprattutto giovani della zona di Reggio Emilia e quello che colpisce è che c’è una visione di futuro da parte dei giovani, ma molto poco ambiziosa. Sorprende che manchino completamente degli sguardi sia individuali, legati magari al grande sogno, sia il sogno ad occhi aperti… Sembra di accontentarsi con quello che si ha sotto casa, cioè quello che in qualche modo è la strada più ovvia, più semplice, senza grandi cambiamenti, e si prende. Ma sorprende anche che oltre l’individualità manca il “noi”, manca la collettività. Non ci si prende purtroppo cura degli altri. Recentemente ho girato un documentario su Paride Allegri, ex comandante partigiano che si dedicò per tutta la vita al tema dell’ambiente. Era un combattente su questi temi ante litteram. E mi sono trovato a riflettere sul fatto che lui all’epoca era una mosca bianca, però trovava una serie di alleati per fare delle piccole battaglie, per impedire la costruzione di un palazzo su un’area verde. Al giorno d’oggi siamo bombardati da notizie, da ogni parte del mondo, che ci riportavano in tempo reale le tragedie: questa cosa è come se ci schiacciasse ed è un grave problema questo per i giovani, perché si sentono impossibilitati a sognare.
Concludiamo la nostra chiacchierata parlando di uno degli eventi più particolari in programma: avere contemporaneamente sul palco, tre Nicola Guarini:
Sabato 11 novembre prenderà forma una tavola rotonda particolare: tre Guarini che racconteranno il tema dell’intelligenza artificiale, tema cardine di questa edizione che affascinante e preoccupa allo stesso tempo.
Un racconto dentro il racconto, se ci si pensa: qual è l’identità che noi avremo in un mondo modificabile attraverso un computer e che si spersonalizza? Fra gli ospiti anche la AI stessa che risponderà al quesito, mentre un Nicola Guarino commenterà l’incontro realizzando dal vivo immagini con AI.
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Accadono grandi cose a Reggio Emilia… Un festival da non perdere assolutamente!
Il programma completo è consultabile cliccando qui.
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