TRA FERRARA E LA LUNA LA DIVINA DANIELA PES E GLI ICONICI ARAB STRAP

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Ultimo appuntamento nel giardino del Castello Estense di Ferrara per la rassegna Ferrara Sotto le Stelle, dove il 9 settembre ha visto salire sul palco Daniela Pes e gli storici Arab Strap.

Per me è già la terza volta che assisto ad un live di Daniela Pes e perennemente mi immergo in in flusso sonoro e mentale totale. Una tipa a fianco a me non sapeva minimamente chi fosse nonostante fosse colpita e io le ho spiegato che Spira, il suo disco d’esordio, è stato prodotto da Iosonouncane e che la Pes ha questo potere di catturarti letteralemente in questo vortice di suoni e parole arcaiche e inventate. Innovativa ma allo stesso tempo una ricercatrice di quel tempo lontano, perduto e ritrovato in questi testi e in queste sonorità, che non hanno bisogno di spiegazioni, devi solo seguirne il flusso creativo e lasciarti andare in una danza dionisiaca.

Il pubblico è estasiato da questa cantautrice e sinceramente non avevo dubbi, la Pes ha del potenziale inimmaginabile, una divina Dea ascesa sul palco del Ferrara Festival.

Dopo la Pes aspettiamo l’arrivo degli Arab Strap e di solito non t’aspetti di vedere il cantante Aidan Moffat in persona terminare il check degli strumenti e invece eccolo lì tutto tranquillo e con una grande umiltà. Lo show inizia, Moffat e il polistrumentista  Malcolm Middleton salgono sul palco per l’unica data italiana dello storico gruppo scozzese post-rock, per uno speciale live dedicato a Philophobia, secondo disco in studio, in occasione del 25esimo anniversario dell’iconica band.

Ascoltando il duo ho pensato a quanto sia potente questa musica, un disco che ha ben 25 anni, ancora attuale che riesce ad aggrovigliarti le viscere. Un cantautorato intimo, malinconico, un disco notturno, oscuro dove la voce di Aidan profonda e ancora di una potenza inaudita intrecciata alle chitarre e agli strumenti elettronici di Middleton ti scatenano dentro quella malinconica quiete prima della tempesta.

Minimalismo musicale contrapposto a testi crudi che ti arrivano dritti al cervello mentre ti stai fumando una sigaretta e guardi le nuvole di fumo che si alzano verso il cielo. Di solito gli Arab Strap si esibiscono con diversi collaboratori ma questa volta hanno deciso di tornare alle origini, come quando suonavano nei pub ai vecchi tempi, dove la nostalgia e i ricordi riafforano inevitabilmente. Nonostante questo il duo ha eseguito alla perfezione tutto l’album, regalandoci una serata magica fra storie d’amore improbabili, tossiche e disperate dove emerge tutta l’oscurità dell’animo umano dove ci vediamo in qualche modo riflessi in queste storie di ordinaria follia. Per il bis il duo sceglie due pezzi tratti dal loro ultimo disco uscito l’anno scorso, As Days Get Dark, le meravigliose The Turning of Our Bones e Fable of the Urban Fox, concludendo con The Shy Retirer, perla elettro-pop tratta dal disco del 2005 The Last Romance dove la raffinatezza del duo tocca il suo apice, fra Ferrara e la luna, quella luna sopra le nostre teste, che ha la sua parte di oscurità e cicatrici che vengono spazzate via dalla musica di questo gruppo che continua a brillare sotto le stelle.