Parole al vento, alla notte, ai rami. Alessandro Bergonzoni apre Notturni in bosco

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Si parla spesso di spettacoli della natura, ecco, a Sogliano si organizzano invece spettacoli nella natura. Si tratta di Notturni in bosco, rassegna che non si rassegna e raggiunge la sua sesta edizione, a dispetto di alluvioni e frane.

Davanti a una platea, anzi a una prateria, affollata, il sindaco Tania Bocchini ha espresso la commozione nel vedere un pubblico così numeroso, che ha definito un segno di speranza. Ha poi raccontato del luogo di questo primo spettacolo, Aia Bella. Non un posto qualunque, ma un luogo-simbolo dove storia umana e storia della natura si intrecciano: infatti, fianco a fianco, svettano un nocciolo secolare e l’antica casa del tenente Decio Raggi.

L’invito del sindaco, in apertura della rassegna, è stato quello di riprendere il dialogo con il nostro pianeta, a partire dal nostro territorio.

Ma ad un dialogo servono le parole. È per questo che la cooperativa culturale Sillaba ha organizzato una rassegna dove la parola è al centro del palco.
Ad aprirla è stato Alessandro Bergonzoni, esperto esploratore del linguaggio, presentando il suo libro Aprimi cielo (ed. Garzanti).

 

 

 

Bergonzoni è partito in quarta già dalle quinte e quando è arrivato sul palco aveva già aperto vari discorsi, con il pubblico proteso a seguirne il filo, come Teseo nel labirinto.

Ma niente giri di parole, strano a dirsi. L’attore è andato dritto al punto, anzi ai due punti che aprono a una spiegazione (nel senso bergonzoniano di spiegare all’azione).

Da oltre vent’anni Bergonzoni non è più solo un comico, ma porta avanti una bandiera di impegno sociale, culturale, esistenziale: la bandiera della Esistenza (senza la r).
E negli ultimi anni questo impegno si è fatto sempre più vivo e intenso. Ecco perché ha esordito subito con forza, d’animo e di parola, per salvare le anime, con le parole.

S.O.S., ha ricordato, sta per Save Our Souls. Ed è il momento di lanciarne uno. Perché siamo in guerra su tutti i fronti. Dalle bombe in Ucraina alle bombe d’acqua in Emilia Romagna.

Solamente attaccati dalla pioggia abbiamo capito cosa volesse dire essere in un mare di guai e aspettare con ansia un gommone di soccorritori. Proprio come chi viene lasciato affogare nel Tirreno.

Di fronte a tutto questo non dobbiamo essere sconvolti, ma coinvolti, ha ribadito.

E ci ha messo davanti tante delle nostre contraddizioni.

 

 

Come quando si dice “Tornerà tutto come prima”, mentre invece tutto dovrebbe cambiare.

Come quando si parla del corso della vita, senza che nessuno lo abbia mai frequentato.

Come quando si parla sempre dei fatti del giorno, mentre il problema sono i non fatti.

Come quando si raccomanda la prevenzione, ma la verità è che siamo anche troppo prevenuti.

Tutti, ha detto, invitano a rimanere umani, ma è proprio l’uomo il problema.
E ha lanciato una proposta diversa: se diventassimo sovrumani?

Per farlo ha proposto un metodo, che suona come una malattia. La congiungivite.

Io voglio creare delle connessioni, collegare tutto a tutti, ha detto. Congiungere le vite.

I medici, raccontava, ogni volta che fanno una diagnosi, non pensano mai a dire “secondo me”. Che significa che una diagnosi è sempre un’ipotesi ma anche che il medico deve arrivare secondo. Prima c’è sempre il paziente, con la sua storia personale, la sua vita, la sua capacità di prendersi cura di sé stesso, di capirsi, di amarsi.

Solo se c’è una vita, di cui si è consapevoli, la si può congiungere con altre vite.

Ma come si fa? Non bisogna lavorare, ma capolavorare. Creare capolavori, fare le cose a regola d’arte. Sempre.

E l’artista?

Gli artisti devono fare vedere l’invisibile. Ecco perché Alessandro Bergonzoni, artista, si è presentato sul palco insieme ad altre due sedie vuote.

“Sono per gli invisibili” ha detto. “Quelle persone che nessuno vuole vedere, ma che, per la teoria dei visi comunicanti, possiamo percepire”.

A un certo punto è andata via la luce. Tutti siamo diventati invisibili, anche a noi stessi.

Persi in un bosco alla ricerca di illuminazione.

Ma Bergonzoni non si è fermato: la terra terrà? I politici cresceranno e usciranno dall’asilo politico? Chi semina le mele marce? Perché si piange di gioia ma non si ride mai di dolore?

E quest’albero, diceva indicando il nocciolo secolare, ci sta chiedendo: ma ci siete arrivati al nocciolo della questione?

Il pubblico ha provato ad applaudire ma lui perentorio li ha fermati, con le mani a metà strada l’una dall’altra, invitando a contemplare quella distanza, che è proprio il pezzo di strada che manca, che dobbiamo percorrere.

 

 

E ha continuato la sua corsa di parole, una corsa con Irischi, poeta russo pericoloso, con i medici del curassico, con i cani che si chiamano Aiuto, con i banchieri della Banca del Pelo e con molte altre creature ipotetiche, antitetiche, antitetaniche, diegetiche, dietetiche. Tutte a ribadire la forza del dire, che può essere usato per bene dire, male dire, in dire…

Insomma, bisogna dire le cose come stanno. Senza giri di parole, anzi girandoci intorno noi, per guardarle da tutti i punti di vista e magari capire che cosa significano davvero.

E se non sappiamo da che parte cominciare, possiamo seguire Bergonzoni, che viaggia perfettamente a suo agio, in un percorso arzigogolato ma con una direzione ben precisa, proteso a ritrovare la sovrumanità popolare, a mettere le cose a posto, aggiustarle.

Perché il problema, quando si rompe qualcosa, non è cambiarla. È cambiare noi stessi.

La rassegna Notturni in bosco proseguirà il 18 luglio con il secondo appuntamento a Pietra dell’Uso, Odisea – la tutta splendida dal testo di Tonino Guerra, con Roberto Magnani.
A seguire gli appuntamenti del 26 luglio a Bagnolo con Massimo Zamboni in Bestiario selvatico. Appunti sui ritorni e sugli intrusi e del 7 agosto a Vignola con Cinzia Spanò in Leggere Lolita a Teheran.

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