Nei nostri giorni a Dakar abbiamo organizzato una visita all’isola di Gorèe. Siamo quasi certi che il nome di questa isoletta, ad un paio di km dal porto di Dakar, non dirà nulla ai più. Se però utilizziamo il suosoprannome, tutti proverete un brivido. Gorèe è “l’isola degli schiavi”.
Nei tre secoli di attività schiavista “industriale”, si calcola che dall’Africa siano stati deportati 12 milioni di persone. Oggi in Senegal continua l’ondata migratoria, e la comunità senegalese in Italia risulterebbe essere la più numerosa (circa 105.000), riferito ai migranti “regolari”.
Ma allora: quanti sono i senegalesi “davvero” espatriati?
Mancano dati “realistici” che rispecchino in modo veritiero la situazione. Sicuramente c’è bisogno di interventi seri ed innovativi in loco che limitino e disincentivino la migrazione irregolare difficilmente controllabile sia in uscita che nei paesi di arrivo.
Giovanni Barbagli, responsabile Cospe Senegal dal 2018, che incontriamo a Ziguinchor, sottolinea come il contesto culturale senegalese sia molto diverso da quello europeo. Si tratta di un contesto animista fortemente radicato, anche se solo l’1% della popolazione si dichiara tale mentre la restante parte è suddivisa tra musulmani e cristiani. Una cultura in cui i
riti hanno una importanza determinante.
La migrazione irregolare dal Senegal ha sostituito quello che una volta era il “rito di passaggio”, cioè una prova impegnativa e rischiosa a cui si doveva sottoporre ogni giovane, una volta superata la quale poteva entrare a pieno diritto nella comunità.
Inoltre, in questa società anche il Clan ha una funzione essenziale. Mentre in Europa l’individualità è fondamentale, in Senegal, la famiglia e il gruppo sono molto più importanti dell’individuo e, pertanto, la migrazione è un progetto comunitario.
Il Cospe nella sua politica ha tre sfide: conversione ecologica e sociale, migrazione, promozione di genere e lotta alle discriminazioni.
INFORMA è un progetto triennale di informazione, formazione, sensibilizzazione e comunicazione sul tema e sulle problematiche della migrazione. Nasce come prosieguo del precedente Nouvelles Prospective, dal quale INFORMA si differenzia per un maggior e più
strutturale impegno sulla migrazione regolare e una più ampia estensione geografica che comprende oltre al Senegal, Niger e Gambia, Oggi, a Dakar, incontriamo Khadime Rassoul Faye, capo progetto e Irene Bedosti, volontaria in servizio civile che lo supporta, che ci presentano INFORMA progetto appena varato. Se possiamo esprimerci cosi, diremmo che lo abbiamo visto “ancora in fasce” perciò, anche per noi è difficile figurarcelo “da grande”. Per evitare di proporre interpretazioni imprecise, ve lo riportiamo (quasi) integralmente.
La situazione migratoria in Africa occidentale è in continua evoluzione e, influenzata da fattori economici, socio-culturali, climatici, strategici e di sicurezza, sta diventando un’estensione della migrazione interna verso i grandi centri.
Il fenomeno è ampiamente studiato ma il contesto è fluido. Le informazioni sulla realtà dei migranti, le loro storie e le esperienze realiche incontrano nei loro percorsi, non sempre sono corrette, alimentano stereotipi e falsi miti e non permettono la corretta comprensione dei
rischi e del rapporto costi/benefici, soprattutto della migrazione irregolare.
Nonostante il clamore di alcune campagne di informazione e la diffusione di testimonianze di giovani migranti irregolari provenienti dalle zone di transito (Mali, Niger, Burkina Faso, Marocco e Libia), che raccontano le difficoltà e le condizioni del viaggio di cui sono spesso vittime, secondo l’ultima indagine dell’OIM, in Senegal il 43% dei potenziali migranti non ha le informazioni necessarie, il 37% non conosce i rischi associati alla migrazione e il 25% indica i genitori e la comunità come soggetti che hanno influito nella decisione di partire. Inoltre non è a loro ben chiaro che tutte le rotte migratorie sono gestite da gruppi criminali organizzati, il cui obiettivo è fare il massimo profitto durante il percorso sulla pelle di chi sta cercando di emigrare, disinteressandosi completamente che il migrante raggiunga l’Europa. Nonostante tutto ciò, il fenomeno migratorio e l’aspirazione a emigrare sembrano ancora in aumento in Africa occidentale.
Di fatto la migrazione in Senegal è percepita come un elemento di successo sociale per la famiglia e anche per la comunità, che investe finanziariamente nel viaggio di chi parte e mobilita anche i leader religiosi in pratiche mistiche. Anche le famiglie e le comunità non si rendono conto che il processo migratorio è gestito da una catena di intermediari lungo tutto il percorso. Hanno fascino anche elementi simbolici come l’attraversamento clandestino delle frontiere, il viaggio avventuroso, la seduzione esercitata dalla figura del migrante, il sostegno alla famiglia e alla comunità di origine (e quindi l’aumento del proprio status sociale) o la promozione di stili di vita glamour. Le stesse immagini che arrivano dagli immigrati giunti a destinazione contribuiscono a creare un forte richiamo.
La disuguaglianza esistente tra Europa e Africa: la facilità con cui gli europei possono muoversi in Africa, mentre gli africani devono soddisfare criteri sempre più proibitivi per entrare in Europa, favorisce un boom dei movimenti migratori irregolari. Anche il fatto che le legazioni straniere rifiutino il 97% delle richieste di visto, rafforza ulteriormente il valore della migrazione irregolare, che viene percepita non come un atto illegale, ma piuttosto come un atto legittimato dal mancato ottenimento del visto, spingendo molti di coloro a cui è stato rifiutato a prendere questa via.
Se le tragedie del mare occupano un ampio spazio di copertura mediatica, il monitoraggio dei media (effettuato dal Centro Studi di Scienze e Tecniche dell’Informazione, ottobre 2021) evidenzia una certa debolezza nella contestualizzazione delle cause e delle dinamiche socioeconomiche perciò comprende l’analisi e l’implementazione di attività anche in “paesi
di passaggio”: Niger e Gambia.
In Niger, nonostante si possa transitare senza bisogno di un visto, i migranti sono soggetti ad arresti sommari, con un crescente ricorso a trafficanti irregolari. Per tutta una serie di motivi, l’informazione si diffonde principalmente con i “social network”, con la conseguenza che, per l’opinione pubblica nigerina, i migranti sono come criminali. Un altro studio sottolinea che in Gambia il cambio di governo del 2016 ha modificato la copertura giornalistica dell’immigrazione portando in primo piano il “rimpatrio forzato” ma anche la cooperazione in materia di migrazione, finanziata dall’UE e da altri donatori internazionali.
In questa situazione, produrre e rendere accessibili informazioni di qualità sulla migrazione è necessario ai migranti, ai futuri migranti, alle Organizzazioni della Società Civile, alle strutture pubbliche e al pubblico.
Stereotipi e falsi miti producono aspettative irrealistiche e i media sono ancora troppo parziali per essere davvero utili.
Ma, infine, la mancanza di informazioni sulle alternative alla migrazione irregolare e sullo sviluppo personale nelle comunità di origine e di transito, completa il quadro dei bisogni.
Il Cospe, ritenendo che la migrazione sia comunque un diritto, lavorerà su due binari.
Il primo sarà un lavoro di advocacy per contribuire a ridurre gli ostacoli che vengono posti sulla strada della migrazione regolare. L’altro riguarderà le comunità. Si dovrà da una parte fare in modo che le comunità non identifichino più la migrazione irregolare come rito di passaggio, dall’altra dovranno investire su rappresentanti diversi ed anche capire esattamente quali sono i meccanismi che sovrintendono la migrazione regolare per potersi adeguare ed ottenere più facilmente i visti.
Ecco.
Tutto quello che ci siamo sforzati di raccontare ha una conclusione rivoluzionaria: creare una seria alternativa, locale, alla migrazione. In sintesi: investire le risorse che ora vengono dedicate (e sono molte) all’emigrazione illegale, in alternative serie, il cui compito è quello di creare legalità e serie possibilità nei territori d’origine.
A noi è sembrata una visione rivoluzionaria e speriamo di essere riusciti a comunicarla.
Come strategia operativa, INFORMA sarà realizzato con la collaborazione di giornalisti e media di Senegal e Niger, e coinvolgerà blogger e influencer. Sarà inoltre determinante coinvolgere i migranti stessi, le comunità locali e chi offre servizi e difesa dei diritti umani sui territori.
Ma il mezzo di comunicazione più penetrante in queste aree è ancora la radio e, in una certa misura, i social media. Con questi mezzi sarà possibile raggiungere tutte le categorie sociali attraverso radio drama, trasmissioni radiofoniche e podcast news. Format già ampiamente sperimentati in diversi paesi africani, diffusi attraverso le reti radio di comunità e via web, ed estremamente efficaci nel raggiungere il pubblico, soprattutto quello femminile.
Come potete vedere ci sono molte attività sulle quali sarà indispensabile un sostegno esterno, che potrà senz’altro essere risolutivo.