KIMONO – Riflessi d’arte tra Giappone e Occidente è il titolo della mostra organizzata dal Museo del Tessuto di Prato con il patrocinio dell’Ambasciata del Giappone in Italia.
La mostra, in una elegante atmosfera di luci calde e soffuse da proscenio del Teatro Noh, attraverso l’abito caratteristico del Sol Levante ci parla di Oriente, delle sue arti, delle sue tradizioni e maestrie tessili, per poi dare spazio alla modernità con straordinari kimono, esempio tangibile di quei reciproci influssi e contaminazioni creative e culturali intercorsi tra Europa e Giappone dalla fine dell’Ottocento alla prima metà del Novecento.
In esposizione, testimoni di un vero e proprio sincretismo culturale, tra dipinti, xilografie, cartoline d’epoca, stampe e tessuti provenienti sia da importanti collezioni private che da inedite raccolte del Museo, dominano i cinquanta kimono maschili e femminili appartenenti all’esclusiva collezione privata di Lydia Manavello, tutti databili al primo e secondo quarto del Novecento, che seppure realizzati in seta operata, ricamata o stampata, secondo le tecniche della tradizione tessile giapponese, nella rappresentazione delle fantasie si aprono all’Occidente, con particolare riferimento alle innovazioni formali delle avanguardie europee come Futurismo, Secessione e Cubismo.
Il percorso espositivo è una testimonianza storica raccontata attraverso l’arte. Immagini, riviste degli inizi del secolo scorso e manufatti dell’epoca imperiale giapponese, ricostruiscono anche un excursus storico documentando e illustrando l’origine e poi l’evolversi di due fenomeni culturali, il Giapponismo e l’Occidentalismo, capaci di contaminare le arti, ispirare artisti e dettare stili di vita sino a divenire, attraverso le immagini, sottile strumento di propaganda.
La reciproca fascinazione tra Oriente e Occidente ha radici lontane.
Grazie all’Imperatore Meiji (regno 1868-1912) che concepì una serie di riforme che avrebbero cambiato ogni ambito, dalla tecnologia all’amministrazione dello stato, dall’educazione alla cultura, il Giappone con l’invio di manufatti si aprì all’Occidente, il quale, a sua volta, attratto dall’eleganza di quel popolo e dalla novità che rappresentavano i suoi costumi, la sua arte e il suo artigianato, ben presto, nel corso dell’Esposizione Universale di Parigi nel 1867, lo consacrò come una delle più importanti scoperte culturali della fine dell’800.
Cultura sofisticata e diversissima da tutte le altre fece un ingresso trionfale in Occidente in un’epoca in cui la modernità si faceva strada e cambiava a ritmi incalzanti.
A subirne maggiormente il fascino furono le avanguardie, gli artisti europei e statunitensi in costante ricerca di nuove vie di una realtà che era cambiata e, nel pieno spirito di rinnovamento, pronte a scardinare l’oramai superata Accademia. Le stampe giapponesi dell’Ukiyo-e – immagini del mondo fluttuante – dai colori vivaci e campiture piatte, così come le beltà femminili di Utamaro, le invenzioni geniali di Hokusai e i paesaggi di Hiroshige, ispirarono autori quali Manet, Whistler, Monet e Degas. Lo stesso Van Gogh, come scrisse al fratello Theo, subì l’influenza dell’esotismo. Esempio del cambiamento le creazioni del grande Paul Poiret, lo stilista francese della Belle Époque, capi destrutturati e rimodellati la cui modernità e innovazione segnarono la strada verso il futuro. In Italia il contributo più significativo dell’arte al Giapponismo lo troviamo in ambito musicale con la Madama Butterfly di Giacomo Puccini.
Esotismo significa “guardare all’altro”. Allo stesso modo i giapponesi trasformarono il loro modo di vivere guardando all’Occidente.
Dalla metà dell’800 in poi i giapponesi scoprono l’Europa, la tecnologia europea e che in Europa esiste un fenomeno che si chiama arte, sorprendentemente ignorando, sino a quel momento, l’esistenza dei musei e della moda.
La modernità è una via che affascina i giapponesi e li accompagna in una costruttiva evoluzione – “noi siamo migliori di quelli di ieri, e quelli dopo di noi saranno migliori di noi” -, questo il leitmotiv che li accompagna. Nel vecchio Continente scoprono la produzione tessile e la moda. E così il kimono da abito tradizionale, in origine confezionato e arricchito con particolari diversi in base alla persona che li indossava, distinguendone anche il ceto sociale, diventa creazione di moda contaminata dall’arte.
Da quel momento la produzione tessile nipponica, legata a secolari e rigide tradizioni sia tecniche che stilistiche di ricamo e dipinto uniche, si adegua alla cultura tessile Occidentale. I motivi delle fantasie mutano, si adeguano all’arte, si ingigantiscono e si stampano con colori molto forti e geometrie delle avanguardie e riprendono i motivi delle opere di artisti come Klimt e Kandinsky; si rappresentano i miti occidentali della modernità come il Babbo Natale riprodotto nel kimono da bambina, il turismo con le stampe di cartoline delle più ambite località di villeggiatura, il cabaret, la crociera, viaggio mito degli anni ’20, lo sport, a suggello della partecipazione del Giappone ai Giochi Olimpici del 1936. Il kimono, infine, diviene lo strumento più diffuso per la propaganda (“kimono dell’alleanza” tra Germania-Giappone-Italia), con immagini raffiguranti corazzate, aerei, bastimenti a rappresentare l’orgoglio patriotico nazionale nel corso del secondo conflitto mondiale.
La mostra
Il percorso si apre con una suggestiva animazione di due Nanban, ossia due coppie di paraventi istoriati a sei ante, realizzati da pittori di corte giapponesi alla fine del Cinquecento, che illustrano il primo contatto assoluto tra l’Occidente e il Giappone, avvenuto nel 1543 grazie allo sbarco di una flotta di navi portoghesi nell’arcipelago nipponico.
Si prosegue con esempi di Giapponismo, quando sul finire dell’Ottocento le riviste francesi – tra queste in mostra il rarissimo Paris illustré. Le Japon del maggio 1886 -, ritraevano giovani donne in veste tradizionale giapponese; varie xilografie rappresentano figure femminili avvolte da kimono dai motivi ricercatissimi geometrici o naturali. A modello delle particolari tecniche tessili giapponesi, si possono ammirare anche alcuni tessuti delle collezioni del Museo, come il tessuto ottocentesco in seta con motivo a foglie di bamboo applicato su carta di gelso e il tessuto del tardo periodo Edo sempre in seta e carta di gelso argentata con motivo di farfalle e libellule.
Seguono i manufatti testimoni del fenomeno inverso, l’Occidentalismo, ovvero il fascino esercitato dalla modernità europea in Giappone. Stampe, cartoline e riviste ritraggono donne giapponesi vestite alla moda europea. In una sala dedicata, vero fulcro della mostra, sfilano i cinquanta kimono provenienti dalla collezione privata di Lydia Manavello.
I kimono, ordinati per isole tematiche e raggruppati per soggetti e motivi decorativi, rapiscono per le complesse e straordinarie tecniche tessili e decorative tradizionali all’epoca sconosciute o non in uso in Occidente.
Tra queste la tecnica shibori, ossia dei nodini (miura shibori) prima del bagno di tintura in nero del tessuto e quella delle decorazioni ottenute con katagami, maschere di stampa (realizzate in carta – washi – ottenuta lavorando con una particolare tecnica la corteccia dell’albero di gelso) per riprodurre con precisione le forme e gli oggetti simbolo della tradizione giapponese, quali l’onda (ricorrente è la riproduzione della xilografia di “La grande onda di Kanagawa” di Katsushika Hokusai), il flusso dell’acqua, i crisantemi, il guscio della tartaruga; e ancora, le minuziose rifiniture dei disegni realizzate con la tecnica dello surihaku ottenute applicando la foglia d’oro sulla superficie del decoro per sottolinearne i contorni e i dettagli; l’utilizzo della lacca vegetale, ricavata dalla linfa dell’albero Rhus vernicifera originario della Cina e del subcontinente indiano, non solo per le sue proprietà impermeabilizzanti, isolanti, sigillanti ed estremamente resistenti, ma anche per arricchire e illuminare la superficie dei tessuti.
Isole tematiche
Un primo gruppo di kimono racconta come il tradizionale linguaggio decorativo e stilistico giapponese (tondi cinesi e chiave di Buddha, motivo dei ciliegi in fiore, delle nuvole, delle peonie) viene rivisitato alla luce degli influssi stilistici occidentali; il secondo, quasi tutti kimono da uomo, esprime il fascino per la modernità e il progresso attraverso l’introduzione di soggetti decorativi del tutto nuovi, come la nave, l’aeroplano, lo sport; Il terzo gruppo raggruppa ben 19 kimono degli inizi del Novecento. Oggetti unici, in seta operata, ricamata o stampata testimoniano come l’influenza delle avanguardie europee come Fauvismo, Secessione Viennese, Futurismo, Cubismo, Déco, successivamente l’espressionismo astratto dell’artista americano Jackson Pollock, modificarono profondamente il linguaggio decorativo introducendo nel design tessile concetti come tridimensionalità, forme astratte, colori forti e violenti.
La mostra e il contesto che la ospita rappresentano un’eccellenza che racchiude la storia tessile e del tessuto sin dalle origini con rappresentazioni di abiti e strumenti per la tessitura.
Si consiglia la visita.
Per i visitatori è disponibile il catalogo di mostra edito dalla casa editrice Antiga Edizioni con saggi di Francesco Morena, Roberta Orsi Landini, Raffaella Sgubin e Lydia Manavello, e una “assistente digitale”, una APP scaricabile gratuitamente con i contenuti della mostra. Per tutto il periodo è in programma un ricco calendario di iniziative per il pubblico adulto e delle famiglie con visite guidate, laboratori e altri appuntamenti che si susseguiranno fino a novembre.
KIMONO. Riflessi d’arte tra Giappone e Occidente
29 aprile – 19 novembre 2023
Museo del Tessuto | Via Puccetti 3 Prato
info@museodeltessuto.it – www.museodeltessuto.it
L’articolo mi ha soddisfatta .E’ ben articolato nei vari argomenti .L’ho trovato bello,chiaro ,scorrevole ed esaustivo.Ho appreso interessanti notizie sull’arte nipponica nelle varie sfaccettature.Complimenti e grazie.
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