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Il 29 novembre del 2020 ha lasciato per sempre le orme terrene Isabella Achmatova Achmatova, da qualche critico considerata erede delle due grandi poetesse Marina Cvetaeva e Anna Achmatova e ritenuta quindi una delle più significative voci liriche della Russia post staliniana. La Achmadulina fu acclamata e amata da generazioni di russi, e soprattutto da quei giovani che nei decenni passati portavano con sé la sua foto come icona.
In Occidente ciò accadeva per qualche diva del cinema, ma indubbiamente era circoscritto alla bellezza di una forma fisica e non si caricava di amore per la poesia, cui era poi strettamente congiunto l’anelito del popolo russo alla libertà vissuta all’ombra cupa del Cremlino.
Nell’anima di Bella, questo il vezzeggiativo con il quale la poetessa veniva chiamata, c’è sempre stata la difficoltà di potersi confrontare con il proprio pubblico, a causa del pericolo di un’auto censura, senza dover poi cedere a grandi compromessi e tentazioni. Nata a Mosca il 10 Aprile 1937 da padre tataro e madre italo – russa, fu conosciuta al grande pubblico proprio come risposta alla letteratura post – staliniana. Gli anni in cui nasce sono quelli del grande terrore staliniano, che arrivano dopo un periodo storico dal punto di vista della censura letteraria normalmente vivibile, in cui l’impianto metrico da utilizzare era piuttosto severo.
Moglie di Evtušenko prima e Andrej Voznesenskij poi, seppe introdurre una nuova poetica dopo il periodo del disgelo, attraverso un’attenta ricerca sul linguaggio. Sicuramente aver vissuto l’infanzia durante il secondo conflitto mondiale, percorrendo l’adolescenza tra “purghe” e parate che inneggiavano a Stalin, la spinse a schierarsi profondamente in difesa di Boris Pasternak che, vincitore nel 1958 del Premio Nobel per la letteratura, fu costretto a non ritirare il premio per evitare la definitiva espulsione dall’amata Russia. Non dedicarmi troppo tempo è una delle sue prime liriche che ho scelto di inserire in questo articolo per presentare questa meravigliosa poetessa:
Non dedicarmi troppo tempo,
non pormi tante domande.
Non sfiorare la mia mano
con i tuoi occhi buoni, fedeli.
Non seguirmi in primavera
lungo le pozzanghere.
Lo so: una volta ancora, nulla
verrà fuori da questo incontro.
Forse pensi: è per superbia
che non mi vuole amico.
Non la superbia-l ‘amarezza
tiene così alta la mia testa.
La stampa internazionale ha riconosciuto Bella come “dotata di un grande talento”, il New York Times l’ha definita “uno dei tesori della letteratura russa”, altri giornalisti invece hanno messo in rilievo non solo la sua poetica ma anche la sua eterea bellezza che ammaliava il proprio pubblico. Fu un dramma, come Bella stessa dichiarò, ma anche per diversi intellettuali, artisti e poeti del periodo, vivere sotto determinati sistemi politici che non ammettevano di essere messi in discussione. Nella sua poetica, come spiega la prossima lirica, c’è tutta la voglia di emergere, di far sentire la sua voce sulla censura come un suono premonitore che è la prossima poesia che vi propongo:
Suono premonitore, da dieci giorni
ti aspetto sulla strada di Parsino
E ancora aspetto sotto la luna piena.
Suono premonitore, sei qui da qualche parte.
Cadi nella fertilità di una ferita aperta.
Perché mi segui e ti nascondi?
Suono premonitore, per quanto grande
sia la mia colpa, grande è anche il tormento.
Quale orecchio ti ama come il mio?
Mi dice addio la luna piena.
Ma non ho un suono premonitore.
non ho un suono. Ma c’era prima?
Non dividerò con nessuno la mia luna,
e lei nessun altro amerà.
La vita scopre d’un tratto di essere in punto di morte.
Suono premonitore, eccomi
a giocare con la tua assenza sublunare.
Suono premonitore, perdonami.
Ho conosciuto Bella attraverso le traduzioni della slavista Serena Vitale, allieva del prof. Angelo Maria Ripellino, che probabilmente ha fatto emergere anche le note più ironiche realistiche e sentimentali delle sue liriche, attraverso delle immagini nostalgiche che colpiscono già alla prima lettura. Nel 1977 Bella venne anche a Milano, e recitò in diversi teatri, oltre ad essere una grande poetessa infatti era anche una dotata attrice. Per gli amanti della lingua russa su YouTube è possibile ascoltare alcune fra le sue più appassionanti letture, come questa: Поэтесса Белла Ахмадулина. Встреча в Концертной студии Останкино (1976)
Strinsi le mani sotto il velo oscuro invece è di certo la poesia che più di tutte riunisce la variabile di immagini e colori espressa dalla Achmadulina. Lo Giuro è l’antologia di liriche uscita in Italia che le rende omaggio e che vi consiglio di acquistare, anche se a oggi poco disponibile in commercio, ma che potrebbe diventare nel corso degli anni una perla rara da conservare per farsi spazio nella poesia russa.
Strinsi le mani sotto il velo oscuro…
“Perché oggi sei pallida?”
Perché d’agra tristezza
l’ho abbeverato fino ad ubriacarlo.
Come dimenticare? Uscì vacillando,
sulla bocca una smorfia di dolore…
Corsi senza sfiorare la ringhiera,
corsi dietro di lui fino al portone.
Soffocando, gridai: “È stato tutto
uno scherzo. Muoio se te ne vai”.
Lui sorrise calmo, crudele
e mi disse: “Non startene al vento.”
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Importante richiamare l’attenzione sull’opera della Achmadulina. Mi permetto di segnalare tuttavia che l’ultima poesia citata è di Anna Achmatova.
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