CESENA: COME LA BUONA MOVIDA SCONFigge IL FANGO

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Nella parte della riva sinistra, sulla rotonda che conduce all’Ippodromo, si legge: “Non chiamateci angeli del fango, ma chi burdél dè paciùgh”. Cesena flagellata dalla pioggia: chissà a chi è venuta l’idea di marcare i limiti d’esondazione del fiume Savio esponendo lenzuoli “parlanti”…

L’alluvione romagnola, in quella fase che stiamo ancora subendo, è iniziata nella Città Malatestiana – ora, pian piano, in via di ripresa- con un potentissimo slancio solidale praticamente di tutta la popolazione.

Il “rimboccamento di maniche”, peraltro, è caratteristica non solo dei cesenati ma dell’intera Romagna, come la cronaca di questi giorni riporta. E che – sia ben chiaro – condivide con tutta la migliore Umanità, quella volenterosa e positiva, dovunque sia nell’universo mondo.

Già il giorno dopo, nelle altre zone urbane non passava inosservato il continuo andare di ragazzi, in gruppetti con pale e spazzoloni su stivali di gomma, chiaramente diretti al quartiere Oltresavio e dintorni, quello sott’acqua. E una volta lì non si sono mai risparmiati, mettendoci oltre che l’energia persino gentilezza, comprensione ed incredibile, vista la situazione pesantissima, leggerezza. “Quei bambini della poltiglia”, primissimi a muoversi, con le scuole chiuse per l’emergenza sono andati ad aiutare sia amici che sconosciuti, quasi in punta di piedi e del tutto spontaneamente.

Meravigliosa lezione di Vita per sé stessi e per quegli adulti che, anche prima del passeggino, li rincitrulliscono smartphone in mano. I giovani d’ogni età e condizione che si sono inzaccherati, andrebbero promossi immediatamente, pure con una pagella disastrosa.

Il colpo d’occhio era quello del perditempo festivo, con gente ammassata per strada però in  un’atmosfera niente affatto annoiata e indolente. Ce n’è stato per tutti, liberi volontari o commercianti, dal lavoro muscolare all’organizzazione ed al ristoro: la movida, abbiamo imparato, non è solo sballo ma può essere “buona”!

Pure i social hanno saputo essere preziosi. Nessun autoscatto in pose ridicole bensì  rimbalzo di comunicazioni, perfino da fuori regione o da estranei, iniziative e generosità a tutto spiano. E  storie vere, e bei racconti, e ringraziamenti di cuore , tutto senza ipocrisie: come si dice da queste parti, ”poche stoppine”.

Dopo la melma schifosa, i simulacri di esistenze intere ammassati e smaltiti come monnezza qualsiasi, la paura e l’impotenza, adesso è tempo di ricostruire e farsi qualche domanda. Intanto, cercare di riprendersi: non si contano le iniziative d’aiuto, quasi tutte oneste e anche le occasioni per divertirsi.

Quanto ai dubbi…per evitare polemiche sterili, è il caso che anche il cervello si rimbocchi le maniche. Prima di innervosirsi – più che comprensibile – domandiamoci: fino a che punto conosciamo la Romagna? Proprio a Cesena, l’Archivio Statale sito dentro al Chiostro di San Francesco, nel complesso della Biblioteca Malatestiana, espone una mostra quanto mai opportuna, assolutamente da vedere. Niente di lungo o noioso: sono una ventina di pannelli stupendi con la storia di Pietro Zangheri (1889/1983), il forlivese grande naturalista che per primo studiò sistematicamente il nostro territorio. S’intitola “Un racconto illustrato”, e riassume lo sterminato materiale su flora/fauna/geografia, tutela ambientale e rischio geologico da lui raccolto ed elaborato. Insieme al forlivese Paolo Silvestri (www.pronaturaemiliaromagna.org), il progetto è firmato dal cesenate Daniele Zavalloni (www.letecnologieappropriate.it) che ha considerato: “L’area dell’esondazione si chiama Oltresavio perché lì il fiume, periodicamente, fuoriusciva. E’ la zona dove il Savio può ‘andare oltre’; attualmente ci abita quasi un terzo della cittadinanza…”.

Il 91enne Pietro Andreucci ricorda, nell’immediato dopoguerra, di aver visto i mosconi (quelli che oggi chiamiamo pattìni) galleggiare sulla pista dell’Ippodromo per una piena eccezionale.

C’è materiale per gli esperti, quel ch’è accaduto non si dimentica.

Speriamo resti, oltre ad una consapevolezza del rispetto della Natura (cura della mente, quindi), anche una rinnovata fiducia nelle giovani generazioni.

Chi burdél de paciùgh hanno saputo tirare fuori dal fango pure due delle migliori qualità che ci rendono “umani” tra gli esseri viventi: gentilezza e coraggio (il cuore e l’istinto, per intenderci). Questa ondata di solidarietà potrebbe essere riassunta con tre aprole: ‘Permesso. Grazie e Scusa’. La gentilezza è la lingua che il sordo ascolta e il cieco vede, diceva Mark Twain, ed un proverbio russo dice: Una parola gentile è come un giorno di primavera”.  (Nota 1)

Infine, testimoniano i giovani, si dovrebbe tener presente la nostra essenza naturale, quell’istinto ancestrale che raramente sbaglia e non invecchia mai “(…) Serve coraggio per fare le cose della vita, serve coraggio per essere veramente felici (…) Siamo fatti di carne, ossa e sangue e quindi facciamole le cose, sbagliamo pure, ma buttiamoci nella mischia e viviamo perché finché si è vivi, finché il sangue scorre rosso nelle vene, finché il cuore batte forte non abbiamo alibi”. (Nota 2)

 

(1) Fra’ Emiliano Antenucci “IL VOCABOLARIO DI PAPA FRANCESCO / La gentilezza” da “PAPABOYS” , 12 novembre 2020

(2)  Pubblicato in rete da Emanuela il 20 gennaio 2016, su “VOGLIE LETTERARIE”