Elvis è il titolo del nuovo disco dei Baustelle, uscito venerdì 14 aprile.
Nono album in studio per la band, che è tornata a distanza di 5 anni da L’amore e la violenza – Vol.2. Dopo i 3 singoli usciti in anteprima, Contro il mondo, Milano è la metafora dell’amore e La nostra vita, stavamo aspettando tutti di ascoltare tutto l’album per intero di una delle più grandi band della scena italiana.
Un grande ritorno per la band toscana, un disco dove la decandenza baustelliana, il romanticismo, l’amarezza, la nostalgia e lo sguardo verso il presente attuale sono il cardine della loro poetica.
Si parte con Andiamo ai rave, pezzo straripante di amarezza e malinconia di chi ha paura di guardarsi dentro, scegliendo la via più facile, quella di scappare da se stessi. La voce di Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi ci stregano fin dalla prima canzone.
“Mostri solitari ci obblighiamo a concerti
Party sulla spiaggia dove bere e scopare
Per non guardare a fondo mai
Dentro di noi.”
Non definirei l’album un cambio di rotta per la band, piuttosto l’album della maturità dove il trio ha puntato sul rock classico, influenzati chiaramente da Lou Reed, David Bowie, Rolling Stones, dal glam rock, passando anche da cori gospel ne Il regno dei cieli con gli amici passati in studio Andrea Poggio, Lucio Corsi, i Coma Cose, Antonio di Martino, Clauscalmo, Galea, Laila Al Habash, Angelo Trabace. Inoltre musicisti come Alberto Bazzoli, Milo Scaglioni, Julie Ant, Lorenzo Fornabaio sono stati fondamentali perché hanno accompagnato Francesco, Rachele e Claudio nelle sessioni di scrittura in studio che hanno realizzato al Blackstar e alle Officine Meccaniche di Milano.
La penna di Bianconi si sente eccome, fra sacro e profano, i Baustelle ci raccontano delle storie d’amore e di morte, delle poesie vere e proprie, come ci ha insegnato il grande Fabrizio De Andrè, il più grande cantautore e conoscitore dell’animo umano. E i Basutelle hanno appreso appieno questa filosofia, osservando il declino e il degrado che ci circonda. Per chi già conosce la band sa perfettamente che ogni album ha da sempre scrutato la fragilità e la caducità dell’essere umano, conservando pur sempre quello stile baustelliano, dal sapore vintage e retrò.
Ci sono tanti personaggi in questo disco, da Jackie, una drag queen, che rinasce dalle sue ceneri come una splendente fenice. Questo pezzo mi ha rimandato alla struggente ballata Maria Callas di Umberto Palazzo del Santo Niente dove si parla della storia di un travestito. “Maria Callas che muore per i vostri peccati”.
“Jackie
Che cosa mai indosserai
Quale altra vita
Chissà
Quale altra star”
E la voglia di andarsene in Los Angeles, quella voglia di sparire mentre il mondo attorno a te sta crollando sotto ai bombarmenti. A chi non è mai capitato di voler cambiare vita per sempre? Nella speranza che dall’altra parte potremmo trovare finalmente il nostro posto felice.
“Perdutamente superstar
E cameriera in qualche bar
Invadono l’Ucraina
Mentre guardi il cielo distratta
Sogni di spaccare e vivere a Los Angeles”
Betabloccanti cimiteriali blues è l’unico testo che non è stato scritto solo da Bianconi ma insieme a Rachele Bastreghi. Un pezzo surreale e folle così come è il rock con la r maiuscola.
“Secondo gli Intolleranti Betabloccanti Cimiteriali Blues
I dittatori, gli amanti e tutti i cantanti non li sopporto più”
Da Milano arriviamo in Brianza con Gran Brianza Lapdance asso di cuori stripping club, dove si parla della storia d’amore fra una ballerina di uno stripping club e un cliente. Uno squarcio nel cuore.
“Ragazza della notte che dormi mai
Quanti bavosi Elvis abbraccerai”
La penultima canzone è Il Regno dei cieli, una preghiera laica che rappresenta tutti noi quando siamo allo stremo e cerchiamo qualcosa a cui aggrapparci. Ognuno di noi ha la propria storia con le sue ferite e questa canzone rappresenta quel momento paradisiaco nel quale chiudendo gli occhi colmi di lacrime, ricordi e flashback di immagini troviamo un pò di pace.
L’ultimo pezzo è Cuore, cantata da Rachele superbamente, una canzone, una poesia intima che riesce a farci scendere una lacrima sul viso, come cantava Bobby Solo.
“Cuore
In una bolla del passato
In hotel
Nella casa
Sulla croce
Ti avevo abbandonato
Ti ho riconosciuto”
Sapete, quando ho saputo che il nuovo album dei Baustelle si sarebbe chiamato Elvis ho subito pensato al film True Romance (Una Vita al Massimo) di Tony Scott, dove il personaggio principale, Clarence, fanatico di Elivs Presley ha delle visioni dove gli appare proprio il Re del Rock in persona dialogando con lui. “Clarence, tu mi sei simpatico, mi sei sempre piaciuto, e mi piacerai sempre.” Ecco, io penso la stessa cosa dei Baustelle.
Elvis, il grande Re del Rock e del decadentismo. La rockstar con i suoi eccessi e sregolatezze consumato prematuramente imbottito di farmaci e droghe. Si dice che la sua morte fu solo una messa in scena per sfuggire ai media. Elvis rappresenta l’American Dream ma anche un uomo fragile e sensibile che porta con se il dualismo contraddittorio del fascino sfavillante di Las Vegas con le sue insegne al neon che basta un nonnulla per far crollare un impero e spegnere per sempre i riflettori su se stesso.
Ma diciamoci la verità, Elvis è Elvis e come tale si è guadagnato l’immortalità.
Con questo disco i Baustelle hanno omaggiato The King in ogni sua sfumatura, il rock ‘n’ roll, il blues, fotografato piccole star di provincia in cerca dell’amore o di una via d’uscita.
Un album che ci rappresenta, per quanto ci crediamo assolti, siamo per sempre coinvolti.