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Pietas è il nome della più recente opera del videoartista (et ultra) Marcantonio Lunardi.
Meno di quattro indimenticabili minuti.
Pura, doppia, folgorazione.
Doppia: Pietas contiene due aspetti spesso dissociati, se non addirittura antitetici, nei mondi dell’arte contemporanea. Ibrida la compiutezza formale, finanche l’appagamento visivo, a una possibilità interpretativa che offre scavi e scoperte ulteriori, a volerli leggere.
Per usare due categorie care a molti e quasi sempre utilizzate in contrapposizione: è opera pittorica e concettuale.
Benemerito effetto, almeno in teoria, di tale allargamento: moltiplicare il numero e la tipologia dei possibili fruitori.
Che in un mondo -quello artistico e culturale del nostro miope Paese- dilaniato da gruppetti, Famiglie e conventicole, non è cosa da poco.
Vi è una qualità formale, in questa come in molte altre creazioni di questo artista-artigiano cortese e sapiente, che traspare in primis nella scrittura della luce e nella composizione dei corpi nello spazio.
È una coreografia di pieni e di vuoti, ciò che questi quattro densi minuti articolano: corpi che, come in una miniatura medievale o in certe figurazioni giottesche, irradiano luce ancor più e prima di riceverla.
Pietas si presenta come atto di fiducia, finanche di devozione (termine che, com’è noto, affiora dall’etimologia della parola pietà) ai mezzi propri della disciplina che frequenta.
E anche questo, in un panorama sempre più debordante di mescolamenti (sia detto senza giudizio, piuttosto come pura constatazione), è tratto affatto peculiare.
Pietas articola una serie di allegorie, dando luogo -azzardiamo- a un dispositivo beckettiano: come nel caso del grande drammaturgo irlandese, qui non si tratta di espressione né tantomeno di rappresentazione, piuttosto di restituire la catastrofe del mondo attraverso una forma che ne manifesti l’inconciliabilità.
Detto altrimenti: in quel caso come in questo non si annuncia la rovina, la si significa linguisticamente. Abdicando tanto allo statuto realista quanto al paradigma mimetico, permane e si solidifica il salutare disagio del percepire che nulla può riscattare l’ineluttabile destino dei personaggi: piccoli pieni che stanno in mezzo a un grande vuoto.
Le Figure di Lunardi, un po’ come quelle di Beckett, abitano lo spazio mai pacificato che gli è dato in sorte con inqueta immobilità: fuochi fatui perturbano un paesaggio innevato e un lento dissanguamento trasfonde vita a un bosco rinsecchito, dilatatori posticci deformano volti imbiancati mentre due enormi metalliche gru incombono su un’altrettanto posticcia Pietà al femminile posta, pasolinianamente, in una discarica.
È scrittura del disastro, per dirla con Blanchot, trasdotta in immagini che restano impresse per eleganza e compostezza: una bella capriola, bisogna volerla (e saperla) fare.
Pietas sarà presentata in prima assoluta giovedì 30 marzo alle ore 17 al DAMSLab di Bologna, su invito della storica dell’arte contemporanea Silvia Grandi.
Chi può si faccia un regalo nutriente: vada.
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Marcantonio Lunardi, Pietas | Direttore della fotografia: Ilaria Sabbatini | Musica: Tania Giannouli | Voce: Claudio Milano | Costumi: Aurora De Servi | Attori: Claudio Maggenti, Cristina Cironas, Giulia Paltrinieri Micheli, Marianna Perilli, Francesca Interlenghi, Francesca Lolli
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