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La ricerca in un archivio filmico ha anche risvolti inaspettati, apre scorci di curiosità e di domande.
Di fronte ad una grande quantità di bobine, pellicole in formato 8mm, super8, di carter racchiusi dentro scatoloni, consegnati dai cinedonatori, si è mossi da sentimenti contrastanti, curiosità-indecisione-confusione-emozione. E alcune domande sorgono spontanee: da che parte iniziare? Come ordiniamo le pellicole? Quale ordine seguiamo per l’inventario?
E poi di seguito, appoggiate le pellicole su un tavolo, in fila ordinata (quando ciò è reso possibile da indicazioni sulle confezioni), si segue un criterio cronologico (dalla pellicola più vecchia a quella più recente) e poi di formato, si inizia ad osservare con attenzione le scritte a mano che compaiono sui carter, a volte si tratta di etichette realizzate con una macchinetta a nastro, altre volte le scritte compaiono direttamente sul coperchio del carter, e in alcuni casi sono inseriti dei foglietti volanti scritti con calligrafie poco leggibili.
Capita, di rado, di trovarsi di fronte a fondi di cineamatori che potremmo definire documentalisti, con un innato spirito archivistico, attenti e scrupolosi catalogatori dei propri fondi filmici.
In questi casi, le bobine contengono precise indicazioni di anni, luoghi, situazioni, persone filmate, a volte vere e proprie liste scritte su fogli allegati ai contenitori. Oppure quaderni con elencati tutti i film e gli anni.
Come nel caso di Fondo Giulio Stori – un cineamatore polesano, il cui fondo è stato raccolto nell’ultima campagna di raccolta 2021- 22 ad Adria per il progetto Polesine Digital memory.
Ma succede anche di finire col perdersi, affascinati dalle grafiche vintage e dai colori sgargianti delle varie scatole che contengono i carter e le pellicole.
Un fondo di particolare rilevanza per la mole di materiali consegnati è quello di Giuseppe Bernabè, cineamatore ravennate attento alle vicende e agli avvenimenti cittadini e alla vita della sua famiglia.
Giuseppe Bernabè rientra nella tradizione dei cineamatori capaci e attenti, rivolge per lo più lo sguardo della sua cinepresa 8mm alla vita della sua famiglia, alla crescita delle figlie, Marcella e Giovanna, i compleanni, le vacanze al mare, i giochi delle bambine in strada, il primo giorno di scuola, i primi goffi tentativi delle bambine sulla bicicletta.
Il fondo delle sue pellicole copre un arco temporale che va dal 1954 al 1971. L’attenzione di Giuseppe Bernabè è rivolta anche a quello che accade nel territorio ravennate, come nel nostro caso.
In mezzo alle 53 bobine consegnate dalle figlie, ci siamo trovati di fronte ad un carter lunghezza 15 m circa, per complessivi 4 minuti di film, un film molto breve. All’interno del carter, troviamo un semplice foglietto, scritto a mano: “Elisabetta novembre 1956”.
Non disponendo ulteriori informazioni, conoscendo i nomi dei famigliari di Bernabè, ci siamo chiesti: chi è Elisabetta?
Dalla visione dei quattro minuti del film, non avremmo ottenuto informazioni significative: immagini in bianco e nero, riprese di giovani uomini e donne sorridenti, in inverno, che camminano, scherzano e si scherniscono di fronte alla cinepresa di Bernabè. (La clip estratta proviene dalla ripresa originale ed è inserita nel portale Memoryscapes).
Non conosciamo i nomi di queste persone né tantomeno le loro storie.
Nessuno di quei fotogrammi rivela altro.
Dietro a quei volti, a quei sorrisi, si nascondono delle vite, una vicenda di solidarietà che si intreccia con un avvenimento drammatico della Storia europea: l’insurrezione del popolo ungherese all’egemonia dell’Unione Sovietica che sconvolse l’Ungheria fra l’ottobre e il novembre del 1956.
L’apice della ribellione coincise con la mobilitazione studentesca del 23 ottobre che portò a un immediato cambiamento politico con la nomina di Imre Nagy, vicino agli insorti, a capo del governo.
Seguì la reazione brutale del regime sovietico che invase l’Ungheria, arrestò prima il ministro della difesa, poi lo stesso premier Nagy che vennero impiccati nel giugno 1958, pose fine alla rivolta ungherese.
In quei tragici giorni circa duecentomila insorti furono costretti a fuggire dall’Ungheria. Di questi, tremila trovarono soccorso e ospitalità̀ in Italia, soprattutto grazie all’impegno della Croce Rossa Italiana. Un centro di accoglienza fu allestito nella Colonia di Marina di Ravenna, dove, il 28 novembre, giunsero 308 profughi: in gran parte studenti, impiegati e contadini, oltre ad alcuni bambini e adolescenti.
Ravenna fu coinvolta attivamente attraverso richiesta di aiuti e donazioni, e anche dopo la chiusura del centro di accoglienza numerose famiglie ospitarono nelle loro case, ancora per diversi mesi, quei profughi in attesa di potersi trasferire nei paesi prescelti per ricostruire la loro vita.
Giuseppe Bernabè era uno di questi volontari che si attivò per sostenere ed aiutare gli ungheresi e, in questa breve clip, Bernabè riprende nella Colonia di Marina di Ravenna alcuni di loro.
La sua famiglia ospitò per parecchi giorni una bambina bionda, Elisabetta.
Elisabetta in questa fotografia ricavata dai fotogrammi della pellicola divenne subito una grande amica della figlia maggiore Marcella, si creò un forte legame con la famiglia ravennate, che durò anche negli anni successivi.
La storia intima e personale della famiglia Bernabè ritratta e filmata con grande cura e attenzione da Giuseppe, incrocia così la cosiddetta grande storia, la documenta con una cinepresa 8mm, e noi oggi possiamo osservarla con gli occhi di chi conosce quanto questi avvenimenti del 1956 sconvolsero gli equilibri dell’Europa.
Oggi così attuali, in questi anni di guerre, esodi e di profughi.
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