Per un teatro giardino a Novafeltria: alcune domande a Isadora Angelini. E una canzoncina di Luca Serrani

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Isadora Angelini e Luca Serrani

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Per un teatro giardino è il titolo del progetto di Teatro Patalò (realizzato in collaborazione con ATER Fondazione, L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino, con il contributo del Comune di Novafeltria e della Regione Emilia-Romagna) che nei prossimi mesi -e, auspicabilmente, anni- orienterà la direzione artistica del Teatro Sociale di Novafeltria, in provincia di Rimini, a cura di Luca Serrani e Isadora Angelini.

 

artwork Caterina Sartini

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Venerdì 13 e sabato 14 gennaio sono in programma due giorni di festa di inaugurazione della nuova Stagione Teatrale. Si potranno incontrare proposte molto diverse, frutto del vostro lavoro e delle vostre relazioni umane e professionali. Cercando di evitare i pericoli di creare un hortus conclusus e/o il suo opposto e complementare, un grande largo senza confini, quale idea di accoglienza (di artisti e spettatori) muove il vostro progetto e come essa si realizzerà, in queste due giornate e nei primi mesi di programmazione?

In questa festa ci presentiamo come un collettivo di artisti: collaboratori e ospiti. Se penso alle colleghe e ai colleghi che abbiamo invitato penso che ciascuno di essi ha molto a cuore il pubblico, molto, moltissimo a cuore. E per questo motivo ha il coraggio di manifestare il proprio essere davanti agli altri con uno stile molto personale. Si tratta di artisti (ma magari usiamo la parola persone): persone generose e grandi professionisti. Che portano a Novafeltria bellissimi pezzi del loro lavoro.

Se penso a ciò che di più forte hanno lasciato in noi gli ultimi tre difficilissimi anni, trova un’eco molto forte la parola accoglienza, proprio la parola che hai usato nella tua domanda Michele.

Per accogliere occorre fare spazio dentro di sé, e l’accoglienza è destabilizzante. Soprattutto dopo una lunga chiusura. Le altre persone possono fare paura. Eppure, noi umani ci riveliamo nella relazione. Ora che siamo tutti (o almeno in molti per quello che vedo) scossi, provati, stressati, quando questo accade è sorprendente. L’altro con il suo entrare ti ridà vita. Ti sorprende, se le/gli lasci spazio per manifestarsi.

Proprio ora questo teatro riapre dopo una chiusura.  Ecco in questo caso chiederemo a chi viene di fare un po’ di spazio per ciò che proponiamo e noi ne faremo per loro, per cominciare a incontrarci.

Incontrarsi per assistere a lavori teatrali. Incontrare le opere.

Riguardo alla festa di inaugurazione: volevamo muovere il primo passo partendo dall’ultimo che avevamo fatto poche settimane prima nelle Marche con A Fuoco, quattro notti in cerchio, artisti e pubblico, intorno al fuoco dell’arte.

Parlandone a Fabio Biondi de L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino, è stato proprio lui a dire: dovete presentarvi come compagnia, con le cose che fate.

Ci siamo resi conto che di fatto è ormai sempre più raro che i teatri pubblici siano abitati da attori o compagnie.

Questa inaugurazione è di fatto in controtendenza.

Questi due giorni saranno un modo per dire: eccoci, siamo qui, cominciamo da qualcosa, è una festa, perché il teatro è anche una festa, anche se non è che siamo proprio allegri, non c’è da star allegri per niente, però siamo umani, celebriamo il fatto di essere, almeno per una sera, due sere, insieme. Ascoltare una voce, più voci, molto diverse tra loro, sentire come si intonano e magari qualcosa mi toccherà, mi farà pensare che teatro non vuol dire solo una cosa, può voler dire molte cose diverse, ed è tutte quelle cose insieme, quando accade. Proviamo a farlo accadere.

Ti confesso che dopo tanti anni di lavoro in tanti luoghi diversi (e molti non teatrali, dove abbiamo fatto il teatro dove non c’era l’edificio teatrale) ci sentiamo come davanti a un primo giorno di scuola. Perché i voti ormai sono i grandi numeri. Ed è chiaro che tutti vogliamo i teatri pieni, ma non possiamo far finta di niente, ci vuole un tempo per ricominciare. Poi penso a quell’aria che a volte si respira quando si esce dopo una serata in teatro, all’aria della notte. Vorrei che le persone uscite da teatro nel ritrovarsi in quell’aria si sentissero un po’ più vive, perché qualcosa ha attraversato la corazza.

Riguardo al rischio dell’hortus conclusus mi riferisco all’espressione che hai usato: umane e professionali. È così giusta questa espressione, perché le nostre relazioni in teatro sono umane e professionali insieme. E per cominciare partiamo da alcune delle relazioni più strette, ora che ne stiamo esplorando di nuove. Infatti il progetto della stagione è composto da molte collaborazioni anche nuove per noi, e qui a Novafeltria siamo stati accolti con molto entusiasmo da parte dell’assessorato alla cultura. Il tempo ci dirà se è stato un esperimento innovativo che possa ispirare altre realtà.

 

Teatro Sociale di Novafeltria

 

Come saranno strutturate, le giornate di inaugurazione?

Per queste due giornate abbiamo pensato ad un accostamento prima di tutto ritmico tra le presenze in teatro: venerdì a inaugurare con noi ci saranno le allieve e gli allievi adolescenti di Let’s Revolution! da Santarcangelo con una versione “esplosa” di Favilla e Daniel e Donatello Angelini (parte della nostra famiglia artistica, molto legati alla Valmarecchia) che faranno parti del loro concerto Father and Son.

Insieme accoglieremo il pubblico nella scatola magica del teatro, per raccontare la stagione fra musica e poesia.

Dopo i saluti del Sindaco Stefano Zanchini e dell’Assessore alla Cultura Elena Vannoni racconteremo la Stagione e il progetto culturale, poi brinderemo con un aperitivo che ha offerto di preparare con entusiasmo la Pro Loco del paese.

Di sera ci sarà il danzatore e coreografo Claudio Gasparotto, con un assolo visionario dal titolo Il sussurro del corpo e noi Patalò con un atto unico tratto da Silenzi, Frammenti di un discorso di coppia.

Sabato mattina alle 11 ci sarà Storia di una bambina per le scuole e per chi vorrà venire, poi alle 18  in scena Denis Campitelli con una parte del suo lavoro Brisli e Angela Antonini con l’anteprima di Scarpette Rosse da Anne Sexton.

Dopo una proiezione di fotografie di scena di Dorin Mihai, suonerà Antonio Ramberti, che torna nella sua città natale per bene-augurare il teatro.

Dopo il brindisi, come la sera prima, alle 21 Francesco Pennacchia porterà in scena Il Vagabondo delle stelle. Il primo spettacolo “intero” in programma. Così scivoleremo dentro la Stagione del teatro giardino.

 

Favilla

 

Nell’immaginario comune il giardino è luogo di bellezza. Invitandovi a un non banale sforzo di sintesi: quali le caratteristiche del bello che offrirete a chi frequenterà i vari appuntamenti?

L’immagine del giardino nasce dalla convinzione che dentro all’edificio teatrale accada qualcosa di ingovernabile, rigoglioso, sorprendente perché generato dalla fantasia, messa in moto da corpi e voci.

Nel romanzo The Overstory di Richard Powers c’è una coppia che a un certo punto lascia incolto il proprio giardino, che si trasforma in un’ultima oasi naturale circondata da un ambiente urbano completamente regolamentato, anche nella coltivazione di giardini privati. Di contro, loro lasciano il loro giardino libero di sviluppare sia verso l’alto che sottoterra, di intrecciarsi, di ospitare animali selvatici. E il giardino si fa bosco, una scorta di ossigeno dentro la città.

Il giardino rivela la sorpresa del fiore e la materialità del terreno.

L’immagine grafica composta da Caterina Sartini rappresenta questo sentire, credo si tratti di un bello non rassicurante, è insieme notturno, umido e rigoglioso. E poi, in cima, ci sono i boccioli. L’aspirazione di far nascere fiori. Colpi di colore!

Nel comporre la Stagione ci siamo accorti che accosterà voci diverse tra loro, voci molto personali che condurranno il pubblico in direzioni differenti, inaspettate. Ci sono dentro temi importanti, ma per comporla non siamo partiti dai temi, bensì dalle voci, dagli stili autoriali di chi porta quei temi, quelle storie.

La Stagione avrà anche una parte di proposte rivolte ai ragazzi e alle ragazze.

L’idea di bello che ci guida sarebbe quella di generare sollievo, solidarietà e che le fragilità in scena facciano sentire le persone meno sole. Ecco, per finire, il fiore è anche fragile e la bellezza della fragilità può essere stupefacente: saranno voci, disegni, tratti fisici, magia e fantasia.

Un invito ad andare oltre l’ordinario.

 

Angela Antonini – ph Dorin Mihai

 

Il Teatro Sociale di Novafeltria riapre dopo la pausa forzata dovuta ai lavori di ristrutturazione (per non parlare delle limitazioni pandemiche). Quali strategie adotterete per coinvolgere la comunità del territorio, in sintonia con l’aggettivo sociale che è parte integrante di quel luogo? Detto altrimenti: come cercherete di schivare il rischio, ahinoi comune a molte realtà del teatro contemporaneo, di divenire monadi completamente avulse dal contesto civile che abitano?

La festa include anche il mattino di sabato dedicato alle bambine e ai bambini, perché loro lo sanno che il teatro è, appunto, sociale – cioè dei cittadini.

Credo che tu stia toccando un nodo davvero importante e per il quale non esistono facili ricette.

Prima di tutto già è difficile definire quale è il contesto. Anche in una cittadina non grande i contesti sono molteplici, dovuti a differenze di età, di “ceto sociale”, e mille altre condizioni. Viene spontaneo partire dalle scuole, all’infanzia, sì, ma rivolgendoci soprattutto all’adolescenza, perché nella nostra esperienza quella è l’età che sta pagando il prezzo più alto.

Avvicinarsi con il teatro sì, ma anche con altri inviti, altre discipline, altre modalità.

La parola che ci guida è appunto apertura, ma come fai notare, non si può prescindere che questa ri-apertura coincida con un tempo di profondi cambiamenti nelle abitudini sociali. Non è scontato che le persone escano di casa.

Non entro nel dettaglio del progetto per non svelare troppo del programma, ancora, ma le strategie di cui parli saranno proprio frutto del desiderio di far percepire che quello che accade in teatro è al servizio della città.

Si pensa che gli artisti mangino pane a tradimento, in realtà si può cominciare a pensare che sono professionisti che fanno un lavoro. E parte di questo lavoro è a disposizione degli altri: una persona che studia, approfondisce e di solito nel suo processo di studio ha molto da offrire. Cosa? Tempo e pensieri.

E, soprattutto, una cosa ormai rara: l’attenzione.

Allora può raccontare delle cose, oppure leggerle. Oppure lasciarsi guardare studiare. Oppure insegnare a studiare.

Studiare, allenarsi, prepararsi non è che sia così di moda al giorno d’oggi. E queste cose possono rapportarsi anche a chi non va a teatro a vedere spettacoli.

Per questo ci saranno giornate aperte in cui diremo: venite a teatro, oggi facciamo qualcosa, poi magari ci prendiamo un the caldo insieme e parliamo un po’.

Questi appuntamenti si chiameranno invito alla semina e saranno dedicati ad alcune parole da approfondire insieme.

Un altro desiderio è di abitare il luogo anche prima e dopo gli spettacoli, progetto che abbiamo pensato insieme ai nostri collaboratori.

Non si può pensare di arrivare a teatro, sedersi, spegnere (forse) il cellulare e sbam! comincia, finisce, mi piace, non mi piace, buonanotte, fine.

Il nostro corpo ha bisogno di abituarsi a un luogo e di riappropriarsi della sua mente (che è di solito distratta) e dirle: siamo qui, guardiamoci intorno, cosa succede, ecco lasciare spazio per fare entrare qualcosa.

Lo spettacolo sì, ma anche il fatto di essere in un luogo con altre persone, fermarsi a parlare e anche a incontrarli, questi artisti. Entrare in un luogo dove le persone ti guardano in faccia, a cui puoi rivolgerti per parlare di quello che hai visto se ne hai voglia, oppure parlare d’altro ma restare un po’ lì.

Soffermarsi.

 

Denis Campitelli

 

Infine, per i forestieri: tre buoni motivi per inerpicarsi fino a Novafeltria?

Lascio la parola a Luca, che come si conviene, finisce con una canzoncina:

Novafeltria è Città della Musica e già questo mi suona.

A Novafeltria si respira un’aria schietta, quasi di montagna, un’aria frizzante. In quest’aria sento entusiasmo, rispetto e un pizzico di pazzia. Mi fa sentire a casa mia.

La strada che dal mare porta a Novafeltria è costellata di castelli medioevali, percorsa di notte quei castelli sembrano fuochi, meteore.

E poi ce n’è un quarto: a Novafeltria… il Teatro è Aperto!