Parajanov is a genius!

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Nonostante lo scarno riconoscimento pubblico e la poca popolarità acquisita in Occidente, Sergej Josifovich Parajanov ha lasciato un’eredità inestirpabile nel campo delle arti visive. Parajanov nacque nel 1924 a Tiflis, in Unione Sovietica, oggi Tbilisi in Georgia, da genitori armeni. Discepolo di Igor Sovchenko e successivamente del regista ucraino Alexander Dovzhenko, è stato acclamato e definito un autentico genio del cinema, dai più grandi registi di tutti i tempi come Federico Fellini, Tonino Guerra, Michelangelo Antonioni e Jean-Luc Godard.

Andrej Tarkovskij suo grande estimatore, dichiarò sempre la sua ammirazione per il modo di Parajanov di rappresentare le immagini, le luci e la realtà. Negli anni dell’Unione Sovietica lo stile che il sistema imponeva agli artisti rappresentativi del regime era il realismo sociale, che fu lo stile ufficiale dal 1932 al 1988. Tale stile fu caratterizzato dalla rappresentazione dei valori del comunismo quali l’emancipazione del proletariato, la lotta di classe, la storia del movimento operaio e la vita quotidiana dei lavoratori. Parajanov si discosta da questo genere di rappresentazione, cercando di individuare una propria visione artistica. Il suo eccessivo discostamento da tale stile tuttavia, lo fece diventare un facile obiettivo per la censura, per questo motivo dopo anni di ricerca, fra il 1965 e il 1973 i suoi film vennero censurati. Nel 1971 venne costretto ad interrompere a metà le riprese di Affreschi di Kiev, rievocazione in chiave surrealista della nascita di Kiev. Il film viene dichiarato antisovietico, per questo motivo viene censurato. Tra il 1973 e il 1977 viene arrestato con vari capi di accusa, fra i quali furto di oggetti d’arte e omosessualità. Nel 1980 il clima iniziò ad essere più rilassato, conferendo a Parajanov maggiore libertà di espressione e una certa notorietà in Europa. Gli anni successivi sono caratterizzati dal grande riconoscimento internazionali. Muore a Erevan nel 1990.

La sua opera affronta in chiave surrealista e visionaria le tradizioni popolari delle regioni caucasiche poste sul Mar Nero, sul mare di Azov e sul Mar Caspio, con particolare attenzione alle tradizioni armene e dell’Est Europa. I suoi sono capolavori estremamente visivi e visuali, richiamati dalle tradizioni caucasiche che evocano queste immagini, ma anche dal risonante utilizzo di costumi, animali, paesaggi e armi. I suoi film imprimono nella nostra mente in maniera scultorea veri e propri quadri. La sua visione si ispirava ai tableaux vivant di Pier Paolo Pasolini, di cui era un grande ammiratore. Il ritorno dell’uomo al suo primitivo come uno stato mentale di esistenza e percezione, il rigetto della razionalità e del materialismo del mondo moderno, il distaccamento dagli schemi e dai canoni imposti dal regime sovietico e il suo amore per il paradosso, fanno di Parajanov uno dei registi più interessanti del periodo della censura sovietica.

I primi anni sono più che altro frutto della sua ricerca artistica, durante i quali realizza documentari, cortometraggi e lungometraggi di propaganda, che successivamente ripudierà definendoli “spazzatura”. Nel 1964 esce Shadows of Forgotten Ancestors dove riverbera la chiara influenza di Tarkovskij. Attraverso le immagini Parajanov utilizza un canone estetico descrittivo diverso dal comune senso di narrazione del periodo sovietico, basandosi sulla casualità e su un tipo di ripresa inusuale per il linguaggio cinematografico del periodo.

Shadows imprime le sue radici negli elementi magici del misticismo, del fantasmagorico e del folclore dei luoghi raccontati, dando continuità a forma e contenuti. Il sistema di colori utilizzato e la colonna sonora, destabilizzano la percezione dello spettatore, operando a livello di rappresentazione del mito come archetipo della vita di ciascuno. Il flusso narrativo è irrazionale, e si affida alle emozioni e ai sentimenti invece di seguire l’azione degli eventi, in questo modo lo spettatore viene catturato dall’azione e dagli eventi.

 

 

Ma è di certo con The Colour of the Pomegranades del 1969 che tutte le ricerche emotive compiuto da Parajanov negli anni precedenti, sul sistema figurativo delle immagini e sulla volontà di costruire un canone basato sulle emozioni e sentimenti, si manifestano chiaramente. Il film è oggi considerato un punto di riferimento nel cinema moderno, per forma e stile e fu al centro di un acceso dibattito sulla censura, essendo di conseguenza proiettato in pochi cinema. Nel film Parajanov ripercorre la vita del poeta Armeno – Georgiano Sayat Nova, attenendosi alla potenza evocativa dei suoi poemi anziché al suo potere narrativo, come se volesse enfatizzare lo stile che lo contraddistingueva. I colori vengono sempre utilizzati nel loro ruolo simbolico, enfatizzando la cromaticità e il ruolo provocatorio che i colori possono assumere. In diverse scene si evidenzia un vero e proprio distacco fra l’oggetto e l’immagine che i colori rievocano. Appare l’utilizzo dei tableaux, in pieno stile pasoliniano, e nello stile della miniatura persiana, ma è un linguaggio che allo spettatore appare sconosciuto, in una lingua non riconoscibile. Le musiche a volte sembrano non legarsi con le immagini alle quali sono riferite, ma è proprio questo stile che Parajanov vuole evocare. Parajanov si attiene al suo surrealismo che evidenzia pose plastiche poco naturali, una coscienza scenografica ben centrata inclusa la ripetizione di movimenti apparentemente senza significato e di difficile interpretazione.

 

 

Ashik Kerib uscito nel 1988 è stato l’ultimo film di Parajanov, ed è ispirato ad una short story di Mikhail Lermontov. Il film mostra nel dettaglio la cultura dell’Azerbaijan dove il ruolo della musica e del folklore sono pivotali, come la musica e i colori. I dialoghi sono minimali, ma ritornano come leit motiv. I colori accesi, l’enfatizzazione della cultura dei segni e dei riti del luogo, ci fanno notare come lo stile di questo immenso regista sia stato profondamente influenzato da diverse culture, che emergono in tutte le sue rappresentazioni.

 

 

È impossibile spiegare come questo grande registra abbia rivoluzionato un’epoca, ma è evidente il ruolo che egli ha avuto, soprattutto nella censura del periodo sovietico, che imponeva vari canoni artistici da seguire, senza lasciare spazio all’artista di potersi esprimere liberamente. Ma è tramite l’irrazionale flusso di emozioni e la taratura spirituale dei personaggi, che riusciamo a comprendere il senso di inadeguatezza che Parajanov aveva nei confronti del sistema sovietico che gli imponeva di non essere sé stesso.

Ho incontrato il cinema di Parajanov negli ultimi anni, durante i quali ho cercato di approfondire la censura durante il periodo sovietico, questione sempre più attuale, visto il periodo storico in cui stiamo vivendo. Ho capito che il suo cinema debba essere osservato e interpretato come un grande quadro, mi sono lasciato coinvolgere dai molteplici significati dei suoi film. Credo anche che il cinema occidentale debba esplorare nuovi confini sia moderni che di epoche passate, abbracciando le culture lontane e vicine, come le sfumature sensoriali che il cinema di Parajanov ci trasmette.

Per questo motivo sono certo, Parajanov is a genius!