Esplorando mondi possibili, il passato delle alternative

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Peggy Sue got married di Francis Ford Coppola

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“Se avessi saputo allora quello che so ora, avrei fatto tutto diversamente”, afferma Peggy Sue, la protagonista di Peggy Sue got married di Francis Ford Coppola. Se sia o meno possibile tornare nel passato e cambiarlo a nostro favore è una tra le possibilità filosofiche più affrontate nel cinema di tutti i tempi. 

I film che postulano, in maniera diretta o indiretta, la possibilità di tornare indietro, sono un differente tentativo di rispondere alla domanda “E se fosse andata diversamente?”, non immaginando futuri alternativi, bensì passati alternativi. Questo tipo di film si diverte a mostrare mondi virtuali, possibili, paralleli, dove le situazioni si ripetono ma in maniera differente e il futuro, tutto da scrivere, appare in verità già scritto. 

 

Lola Rent (1998) di Tom Tykwer
Lola Rent (1998) di Tom Tykwer

 

Lola Rent (1998) di Tom Tykwer è considerato un po’ il capostipite di questa particolare modalità narrativa. Per l’intera durata del film vediamo Lola correre nel disperato tentativo di salvare Manni. Quest’ultimo infatti è deciso a rapinare un supermercato per restituire i 100 mila marchi che ha perduto, appartenenti a un capo criminale per il quale lavora come corriere. Lola cercherà di impedirglielo e, allo stesso tempo, di salvargli la vita. Noi spettatori possiamo vedere Lola precipitarsi giù dalle scale, incontrare un uomo con un cane, discutere con suo padre e correre incontro a Manni per ben tre volte, ma con esiti sempre differenti. Al variare di un minimo dettaglio, variano anche di conseguenza tutti gli altri eventi. Ogni volta, Lola e Manni ricominciano letteralmente da capo, compiendo le medesime azioni, e sembrano imparare dai loro errori, sebbene non sembrino avere coscienza di vivere per tre volte la stessa situazione. 

 

Groundhog Day (1993) di Harold Ramis
Groundhog Day (1993) di Harold Ramis

 

Diverso è invece il caso di Phil Connors, il protagonista di Groundhog Day (1993) di Harold Ramis: lui è infatti totalmente cosciente di rivivere per innumerevoli volte il 2 febbraio. Phil è un meteorologo, che viene inviato a Punxsutawney, in Pennsylvania, per realizzare un reportage sul festival della Marmotta. Anche in questo caso, noi spettatori possiamo vedere Phil svegliarsi ripetutamente alle 6 del mattino del 2 febbraio, incastrato in un loop temporale che non sembra avere fine neanche con la morte. Se nella prima parte del film, Phil sfrutta questa opportunità per fare tutto ciò che normalmente non gli sarebbe moralmente consentito fare, nella seconda parte decide di usare il tempo che gli è dato per migliorare se stesso. In questo caso, dunque, al contrario di Lola e Manni, Phil è certamente cosciente della situazione, da cui trae vantaggio, e, a onor del vero, non ricomincia propriamente da capo, come invece vorrebbe suggerire la traduzione italiana del titolo del film: ogni 2 febbraio Phil realizza in realtà qualcosa di diverso. 

 

Peggy Sue got married (1986) di Francis Ford Coppola
Peggy Sue got married (1986) di Francis Ford Coppola

 

La circolarità narrativa e i loop temporali non sono però il solo modo per mettere in scena la presenza di mondi paralleli. Si pensi per esempio a Peggy Sue got married (1986) di Francis Ford Coppola: una godibilissima commedia romantica che si inserisce nella fortunata scia dei film sui viaggi nel tempo lanciata da Ritorno al futuro di Zemeckis (1985). Nel film la protagonista sviene nel corso di una rimpatriata organizzata dagli ex-compagni in occasione del venticinquesimo anniversario del diploma e si risveglia nel 1960, quando frequentava l’ultimo anno del liceo. A Peggy Sue viene così offerta la possibilità di fare le cose diversamente, di (eventualmente) cambiare il suo passato, tornando ad esso senza perdere la memoria del suo futuro. Anche in questo caso il fattore consapevolezza gioca un ruolo importante: è solo sapendo come andrà a finire, che Peggy Sue può veramente sfruttare la possibilità di un ritorno al passato. In questo caso il mondo possibile – quello in cui Peggy Sue potrebbe aver non sposato Charlie, se lo avesse voluto – è rappresentato come una sorta di parentesi riflessa incastrata tra due specchi che aprono e chiudono il film. Il possibile passato alternativo diviene così il riflesso del presente, come a dire che nulla può essere variato al punto da modificare in modo significativo il futuro. 

 

It’s a Wonderful Life (1946) di Frank Capra

 

Questa idea di viaggiare nel tempo non è in realtà una trovata del cinema contemporaneo: già nel cinema classico infatti se ne possono trovare degli esempi. Si pensi a It’s a Wonderful Life (1946) di Frank Capra, ideale proprio da scoprire o riscoprire sotto le feste. Il film è ambientato infatti nei giorni di Natale: la famiglia Bailey e, insieme a lei, tutta la cittadina, prega affinché George Bailey torni in sé. Sconvolto dalla possibile bancarotta, George infatti penserà di togliersi la vita. L’incipit del film ci suggerisce immediatamente la costruzione di un mondo più ampio, che travalica i ridotti confini della città: tra le stelle, Dio, Giuseppe e l’angelo Clarence assumono le sembianze di galassie in grado di dialogare tra loro. Al centro delle loro preoccupazioni c’è proprio George e Clarence viene inviato sulla Terra per salvargli la vita. È qui che ha inizio il primo viaggio nel tempo del film: Dio, Giuseppe e Clarence ripercorrono a ritroso la vita di George, osservandola come se si trattasse di un film che si può stoppare, commentare e far ripartire. È quando George esprime il desiderio di non essere mai nato che questo viaggio si trasforma in un’esplorazione parallela di mondi possibili. In questo mondo virtuale George può fare esperienza della sua non-esistenza, condizione che pone sotto un nuovo punto di vista tutti gli eventi della sua vita. 

Due sono gli aspetti che accomunano questi film tra loro. Il primo è che, postulando la possibilità di mondi paralleli, si ammette anche la possibilità che tra questi vi sia una sorta di dialogo: Lola e Manni sembrano imparare dalle loro esperienze, mentre Phil, George e Peggy Sue mantengono la memoria del loro passato e del loro presente mentre si spostano tra i mondi. In secondo luogo, è evidente come tutti i film prediligano in realtà un finale chiuso a uno aperto: le trame messe in scena sono molteplici, ma una sola è quella dominante che condurrà al finale. Come a dire che in tutti gli altri mondi possibili sarebbe potuto essere, ma non è stato. 

“Io credo che il tempo sia proprio come un burrito: un lembo di esso che viene ripiegato potrà anche toccare l’altro lembo”, afferma Richard. “Che c’è dentro?”, chiede Peggy Sue. “Beh puoi riempirlo di quello che vuoi, di ricordi, di esperienze, di tutto”. E, perché no, di una molteplicità di storie per una molteplicità di mondi possibili, dove il tempo si fa strumento per riflettere su temi come la crescita personale, il miglioramento di sé, l’apprezzamento della propria vita presente e delle persone che ci circondano.

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