Il primo compito sembra semplice: “Sposta la matita.”
Eileen (Sara Mitich) è incatenata ad una sedia e ha appena ripreso conoscenza.
È completamente disorientata…
Guardandosi intorno, può vedere che la stanza ha pareti insonorizzate, senza finestre e senza porta.
La voce che sente proviene da un altoparlante nel soffitto.
Sulla parete dietro il tavolo vi è uno schermo su cui dei piccoli quadrati stanno lentamente cambiando colore.
Non ricorda come sia arrivata qui.
La matita è l’ultima cosa a cui pensa.
“Se non si completa l’operazione entro il tempo assegnato” dice la voce di un’entità invisibile (Karen LeBlanc), “tua figlia Eve – (Evie Loiselle) – morirà”.
Cosa sta succedendo?
Dal talento visionario di James Mark, autore di Kill Order (2017) ed Enhanced (2019), Control arriva in anteprima italiana, per l’Asteroide Competition, alla 22esima edizione del Trieste Science + Fiction Festival.
Proiettato precedentemente nell’ambito dell’Arrow Video London FrightFest, adesso il Politeama Rossetti, Teatro Stabile d’eccellenza del Friuli-Venezia Giulia, fa da sfondo a questo intenso fanta-thriller canadese, realizzato con strumenti di produzione virtuale in tempo reale, tecnica resa celebre dalla serie The Mandalorian (2019).
Ma torniamo un attimo alla trama.
Eileen è la protagonista di un esperimento scientifico contorto e infernale: la voce, o meglio, l’Amministratrice, non vuole che usi le mani o i piedi, ma piuttosto la sua mente.
È ovvio che nessuno ucciderà davvero sua figlia per una matita ma, è difficile per un genitore pensare logicamente sotto quel tipo di pressione.
Eileen muove la matita, e scopre che quello è solo il primo di una lunga serie di prove da superare.
La stanza è collegata a luci che si alternano dal rosso abbagliante al rosso pericoloso o al blu agghiacciante, a seconda dei progressi di Eileen con il suo compito attuale.
Con poco più di un tavolo e una sedia, la stanza ha quell’aspetto pulito e ordinato su cui si basano molti film di fantascienza.
Cos’è che scandisce il completamento di ogni attività?
Il legame materno, ovvero i ricordi parziali di Eve e di Eileen, su una spiaggia di sabbia, resa bianca dal sole.
Un puzzle narrativo in cui Mark e il co-sceneggiatore Matthew Nayman cercano di esplorare la capacità umana di cambiare sé stessi.
Eileen è un personaggio alquanto irritante…
Trascorre buona parte del primo tempo urlando perché la voce le dica “cosa vuole”.
Ma l’ha già fatto: ha chiesto di spostare la matita.
Stremata da tutto ciò, si riaddormenta.
Al risveglio trova intrappolato anche il suo ex marito Roger (George Tchortov) e i test diventano quasi impossibili.
L’intero calvario che Eileen affronta sembra sbloccare le sue abilità telecinetiche…
Abilità che, a quanto pare, lei stessa non sa di avere ma di cui acquisisce presto padronanza.
Anche se non è chiaro se queste abilità siano una mutazione naturale o il risultato di un impianto chirurgico visibile nel suo cranio, il cubo in cui è stata intrappolata può avere ancora il controllo su di lei?
Una storia accuratamente strutturata, in modo da presentare enigmi da risolvere anche per gli spettatori, mentre Eileen e Roger litigano e si incolpano a vicenda, ed è inquietante vedere come facilmente questi scambi li sopraffanno al punto in cui la loro figlia è quasi dimenticata.
James Mark opta per uno stato d’animo inquieto, pieno di suspense.
Nelle prime scene un ritmo elettronico pulsante suona quasi coprendo la colonna sonora, per creare tensione, ma nella resa dei conti finale questo viene sostituito da una canzone infantile che suona su scene di massacro.
Mark gestisce bene il ritmo fino all’atto finale del film, mantiene l’immagine elegante, l’atmosfera intrigante per tutti i 90 minuti.
Tutto ciò rende questo lungometraggio, prodotto da Signature Entertainment, un’altra brillante fetta del cinema di genere canadese.
Un film che colpisce ben al di sopra del suo peso…
Da non perdere!