“Si deve venire già mangiati?” E’ capitato a tutti, accettando un invito/una proposta, di domandarlo. Il dubbio sorge perfino nella scelta degli spettacoli cui assistere: chissà se sarà qualcosa di divulgativo o d’approfondimento, ricostruzione storica fedele, interpretazione totalmente fantasy o qualcos’altro. Insomma: si può partecipare senza saperne niente, digiuni dell’argomento o no?
E’ in piena programmazione cinematografica L’ombra di Caravaggio, ed il dibattito tra il pubblico s’allarga via via che si staccano i biglietti. Già, perché ci sono film (come libri, pièce teatrali o conferenze, mostre, eventi culturali) che sarebbe meglio fossero corredati da “istruzioni per l’uso”. Per fortuna ci sono occasioni di confronto diretto con chi ha creato: giovedì 24 novembre, per esempio, al Cinema Eliseo di Cesena, la proiezione delle ore 21 sarà arricchita dall’incontro col regista.
Aspettando quindi Michele Placido -proposto in quella serata dall’esperto Daniele Gualdi– qualcosa si può dire su una pellicola interessante quanto impegnativa.
Intanto non si riesce a definirne il genere, perché –con rispetto parlando- va un po’ per conto suo: è biografica eppure dà delle sorprese, sbriglia fantasia ma non del tutto, informa e rappresenta però sa diventare spietata, sempre tenendo molto le distanze dagli spettatori (che forse vorrebbero sentirsi più coinvolti). In sintesi bastarda, è la storia di un eccellente creativo in gran confidenza con gli eccessi d’ogni tipo. L’avere come brodo di coltura la feroce ottusità della Santa Inquisizione, poi, non fa che rendere spiazzante ossessione l’umanissima ansia del Vero che urla dai quadri di Michelangelo Merisi da Caravaggio. E qui si esauriscono le chiacchere da bar.
Però una recensione accettabile non dovrebbe limitarsi, credo, ad esporre trama ed opinione di chi scrive. L’enorme lavoro che sta dietro alla settima arte -tra ‘pre’ e ‘post’ produzione- va rispettato e condiviso col pubblico, affinché l’opinione che matura non si lasci condizionare da pregiudizi o dalla non-conoscenza.
Questo film diretto, appunto, da Michele Placido, corre il serio rischio di far irrigidire sulla poltrona chi lo veda con qualche conoscenza sul tema (ci vada “Già mangiato”, insomma).
Non lo dico io, ma chi davvero ne capisce: “Con L’ombra di Caravaggio il regista costruisce sapientemente un biopic hollywoodiano sulla vita e l’arte del grande pittore. L’attenta cura della fotografia e la bravura degli attori (Riccardo Scamarcio, Isabelle Huppert, Micaela Ramazzotti, Vinicio Marchioni, Moni Ovadia) bilanciano una sceneggiatura che cattura (…) seppur con qualche riserva.” Si legge nella nota del critico Eusebio Ciccotti – 9/11/22, da ‘formiche.net’.
Certo la sfida era grossa: pensiamo che sull’artista lombardo sono stati girati tre film mica da poco – nel 1941 da Goffredo Alessandrini, 1986 da Derek Jarman e 2004 da Mario Martone- poi i due sceneggiati tv: nel 1967 Caravaggio era Gian Maria Volontè, mentre nel 2008 fu interpretato da Alessio Boni. L’attore-autore pugliese racconta di inseguire questo progetto da mezzo secolo, quando fantasticò su un incontro tra Giordano Bruno e Caravaggio. Nel frattempo, nuovi studi e documenti svelano dettagli sul tema, poi arriva cinque anni fa un’idea originale: il personaggio inquisitore che, come un’ombra (appunto), cercasse seri motivi per demolire l’arte di Merisi. Sullo schermo, perfettamente odioso in quel ruolo l’attore Louis Garrel.
Tutto il cast è comunque di gran livello; vi recita lo stesso Placido e c’è la partecipazione di Alessandro Haber. Il film è coproduzione italo-francese GoldenArt con Rai Cinema, e non dev’essere costato poco: infatti “Molto attento risulta il lavoro sugli arredi e gli oggetti di scena, dai libri ai quadri e rispecchia la volontà di superare una rappresentazione iconografica già vista. Le opere sono state preparate su tela e. al momento della stampa. sono state trattate proprio per rendere le texture dei dipinti molto più veritiere rispetto alle riproduzioni fotografiche. Seguendo l’incessante peregrinare di Caravaggio da un posto all’altro, lo spettatore incontra diverse location che frantumano gli stereotipi dei luoghi del maestro, in un’ambientazione sporca, decisamente lontana dalla tentazione di una visione patinata. La presenza dei luoghi nel film si fa potente e trascina dagli sfarzosi palazzi pontifici e nobiliari come Villa Chigi, dove è stata ambientata parte della dimora dei Colonna, alle osterie popolari, tra le chiese e le fortezze, lungo i sotterranei di Caracalla trasformati in strade cittadine piene di sporcizia, brulicanti di cloache e mendicanti.” Questo lo sguardo di Samantha De Martin –01/11/2022, su Arte.it.
Che la Roma Barocca non fosse un bell’ambientino, lo si sapeva, e nel film è fortissima l’ispirazione pasoliniana tra atmosfere popolari anche violente, ipocrisie nobiliari con poche eccezioni e feroci integralismi religiosi. Forse non è un caso il collegamento Caravaggio-Pasolini, visto che quest’ultimo fu allievo di quel Roberto Longhi che, nel 1951, volle la prima mostra antologica riabilitando il grande pittore, per secoli considerato “riprovevole”.
Un’eco della maledizione che la leggenda caravaggesca porta con sé, si può avvertire nell’accento pulp di diverse scene. La sensazione è che, magari, togliendo dieci minuti di dettagli sanguinolenti, il film avrebbe respirato meglio…Ancora, non è roba mia, ma del già citato Ciccotti: “Purtroppo la fattura in stile Hollywood del tema del ‘bello e dannato’, più che legittima ai fini di una distribuzione internazionale, cui Placido argutamente mira, è ottenuta, ci pare, a sottrazione di momenti di riflessione sull’atto creativo, sul mestiere.”
Ma si, stiamo parlando di un pittore…e su due ore di proiezione, a Riccardo Scamarcio il pennello in mano glie lo si fa tenere pocopoco! Per carità, sono straordinarie le ricostruzioni dei quadri, perfetti tableaux vivant, ed è intrigante reinventare il Merisi come regista di messe in scena, pulsanti coreografie teatrali religiose eppur quasi irriverenti.
Può darsi che L’ombra di Caravaggio se lo goda di più chi lo vede “Non già mangiato”? Se becco il regista, giovedì glielo chiedo.