Vi ricordate il romanzo di Enrico Brizzi, Jack Frusciante è uscito dal gruppo, pubblicato nel 1994? Il titolo è riferito proprio a John Frusciante, chitarrista dei Red Hot Chili Peppers, che abbandonò il gruppo durante un tour in Giappone nel 1992 (nome cambiato nel libro per non incorrere in problemi con i diritti d’autore). Che poi Frusciante entra ed esce dal gruppo svariate volte, ho perso il conto di quante. A mio parere comunque uno dei migliori chitarristi che abbiamo negli ultimi decenni.
Return Of The Dream Canteen è il tredicesimo album della band, dopo Unlimited Love, che vede il ritorno di Frusciante e Rick Rubin alla produzione.
I Red Hot sono una delle migliori band in circolazione, continuando a fare ciò che sanno fare, ovvero suonare e fare degli ottimi lavori, divertendosi.
Certo, questo non è Blood Sugar Sex Magik, One Hot Minute o Californication, considerati gli album migliori della band.
Il problema di fondo è che con tutta questa tecnologia fruibile e alla portata di mano di ognuno, le persone non ascoltano più davvero un disco, non si prendono il giusto tempo da dedicarci.
Seguo i RHCP da quando ero adolescente, quindi in pratica ci sono cresciuta. È il gruppo che ho visto più volte in concerto, ben 8 volte, il primo concerto a Milano nel 1999.
Nel mio paese quasi nessuno dei miei coetanei conosceva la band californiana, la mia passione per la musica, la ricerca nei negozi di dischi e leggendo riviste musicali mi aveva aperto un mondo. Quanto era bello scoprire nuovi gruppi musicali prendendosi la sbatta di andarseli a cercare o trovandoli anche casualmente.
È cosi che ho iniziato ad ascoltarli. Sicuramente sarò anche di parte, avendo passato quasi tutta la mia vita accompagnata dalla loro musica. E ancora li ascolto.
Ho ascoltato tutto il nuovo disco diverse volte.
Ben 17 pezzi. Si apre con Tippa My Tongue, singolo uscito ad agosto. Brano classico della band, dove la voce di Anthony Kiedis sembra non cambiare mai e scusatemi ma ho sempre avuto un debole per “Antonio”, come lo chiamo io.
Il sound della band è ormai inconfondibile, capaci di surfare fra rock, funk, pop e crossover.
Uno dei pezzi migliori di questo disco è Eddie, dedicato a Eddie Van Halen, dove Frusciante alla chitarra, Flea al basso e Chad Smith alla batteria ci fanno capire quanto siano ancora cazzuti questi peperoncini, dopo 40 anni di carriera.
Anche la successiva Fake As Fu@k, ballad melodica con spruzzi di funk e Shoot Me A Smile, sono brani che mi ricordano la mia adolescenza, stesa sul letto a fumarmi delle canne e sognare altri mondi.
Carry Me Home è il penultimo brano del disco e riassume tutto ciò che penso di questo album. È un ritorno a casa sia per la band stessa sia per me, che mi ritrovo avvolta da questo sound che ho ascoltato per tutta la vita.
I Red Hot Chili Peppers possono fare ciò che vogliono e se ne fregano ed è questa la loro forza. Le emozioni che sanno ancora trasmettere e la voglia di mettersi in gioco di continuo non può farci rimanere indifferenti.
Sicuramente aspetterò un loro live qui in Italia e ancora una volta sarò sotto al palco a cantare a squarciagola.
Ovviamente il giorno dopo sarò senza voce, ma va bene così.
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1. Tippa My Tongue
2. Peace And Love
3. Reach Out
4. Eddie
5. Fake As Fu@k
6. Bella
7. Roulette
8. My Cigarette
9. Afterlife
10. Shoot Me A Smile
11. Handful
12. The Drummer
13. Bag Of Grins
14. La La La La La La La La
15. Copperbelly
16. Carry Me Home
17. In The Snow