Il traboccante piacere di essere vivi. Sogni Artici di Barry Lopez

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Barry Lopez, March 24, 2003, McKenzie River, Oregon

 

La parte dell’Artico alla quale mi dedicai si estende dallo Stretto di Bering a occidente allo Stretto di Davis a oriente. Durante quei giorni estivi non c’erano notti buie. Il buio non veniva mai. Gli uccellini nascevano, crescevano e quindi volavano a sud, nella scia dei caribù.

Barry Lopez, (1945-2020) autore americano di saggi e romanzi, naturalista e fotografo, a seguito dell’enorme successo ottenuto con Lupi e uomini (1978) riceve numerosi riconoscimenti, tra cui il National Book Award per Sogni artici (1986). Con Frammenti di cielo, memoir del 2013, ha ripercorso l’esperienza di abuso sessuale subita da bambino.

SOGNI ARTICI

Considerato un capolavoro capace di coniugare lo sguardo del naturalista e quello del letterato, Arctic Dreams è definito, nella postfazione italiana, una pietra miliare dell’“antropologia poetica” per il terzo millennio.

Il libro nasce dall’esperienza di Lopez nell’Artico canadese come biologo e da successivi viaggi realizzati nel corso degli anni “in compagnia di gente molto diversa”: eschimesi a caccia di narvali, ecologi marini, pittori paesaggisti, operai delle società petrolifere.

Grande narratore dei luoghi naturali nelle loro stratificazioni storiche, umane e animali, Lopez, oltre a dedicare capitoli indimenticabili ai preistorici buoi muschiati, ai mitologici narvali e al magnetico orso polare, ricostruisce i viaggi dei primi esploratori di cui si ha traccia, che si avventurarono alla scoperta del Nord sconosciuto a partire dal 500 d.C., per concentrarsi poi sulle spedizioni degli ultimi due secoli, segnate dalla ricerca del leggendario passaggio a Nord Ovest.

All’inizio dell’Ottocento l’Artico nordamericano era ancora «remoto come una favola, abitato da animali straordinari e da popoli non ancora contattati: era l’ultimo ecosistema complesso non ancora esplorato del pianeta».

I regimi di luce e di buio, le modificazioni continue dei ghiacci, il freddo invernale e «l’apparente vuoto della tundra che si perdeva come un miraggio baluginante nell’Oceano Artico», secondo Lopez lo rendono tuttora un palcoscenico in attesa di eventi imminenti, un luogo in cui «il paesaggio riesce a smascherare in modo sorprendente i nostri pensieri nei confronti della terra in generale». Per questi motivi l’Artico ha rappresentato per secoli un  ignoto, che pur causando tante difficoltà, privazioni e sofferenze e pur promettendo così pochi vantaggi materiali, ha esercitato un potere enorme sull’immaginazione umana.

INCHINARSI

Lopez scandaglia la tensione tra natura selvaggia e uomo, quel legame così fortemente sentito e coltivato dai popoli aborigeni in contrasto con il rapporto di manipolazione e sfruttamento dell’uomo occidentale.

Un paesaggio così scoperto e rivelato, dove la luce solare attraversa l’aria priva di polvere delineando i contorni degli oggetti con una nitidezza eccezionale, rende ogni presenza vivida, in particolare quella degli animali selvatici che lo popolano. Inoltre, una lenta osservazione smentisce l’idea di uno sterile e disabitato deserto di ghiaccio, là dove tutte le tracce del passato sono conservate: infatti vi si può incontrare una zanna di mammuth lungo i depositi alluvionali, oppure ci si può imbattere nelle fondamenta di una casa di pietra del dodicesimo secolo della cultura Thule o in una lattina di tabacco trinciato Prince Albert del diciannovesimo secolo.

Colpisce anche la testimonianza dei cambiamenti più recenti, che hanno modificato profondamente la cultura indigena, producendo una diversa organizzazione economica e rivolgimenti sociali devastanti.

Inoltre, la scoperta del petrolio e di enormi miniere di piombo e di zinco hanno visto insediarsi multinazionali in luogo sperduti nei quali gli operai stranieri vivono reclusi in compound asserragliati dai ghiacci, senza la minima conoscenza o curiosità per il delicato ecosistema che li circonda.

Lopez è affascinato dallo sguardo dell’eschimese sul mondo naturale, dal rapporto che intrattiene (sempre meno e con uno stile di vita sempre più vicino a quello consumistico, con fenomeni di alcolismo e depressione largamente diffusi) con la natura e gli animali. Un rapporto non sentimentale, che all’occhio dell’occidentale può sembrare crudele e che è invece segnato dalla consapevolezza continua di ciò che vi è di violento e di tragico nella natura.

Non è un caso che oltre alla qualità che attribuiscono agli esseri umani chiamata nuannaarpoq, “il traboccante piacere di essere vivi”, gli eschimesi riconoscano l’estrema depressione che porta con sé l’oscurità invernale, definita perlerorneq, “il peso della vita”.

In Sogni artici Lopez anticipa il tema del cambiamento climatico pur non occupandosene direttamente. Secondo Lopez, le relazioni pregiudizievoli tra razze, generi e specie, comprese quelle animali sono alla base di ogni distruzione.

Lopez accoglie nel profondo l’attitudine degli eschimesi e di tutti i popoli aborigeni verso la natura: quel che importa sono i rapporti, le relazioni che legano gli uomini, gli animali, gli alberi, i fiumi, gli insetti tra loro, per «conoscere esattamente come si è situati nell’immensità».

Coscienti del paradosso morale che la lotta per la sopravvivenza comporta, del terrificante che è parte di ogni esistenza, è necessario per gli esseri umani accettare la responsabilità e l’ironia di un tale paradosso, cercando di riconoscere dignità a tutte le cose viventi e di portare tale dignità nei propri sogni, nella visione di sé stessi su questa terra.

Resistere alla patologia del consumismo, ritrovare un punto di connessione con il mondo naturale, conoscere un luogo senza pensare di sfruttarlo, ma soprattutto prestare attenzione, scegliere di ascoltare invece di parlare: è la storia di un dialogo eterno non soltanto con noi stessi, ma anche con la terra e allora non può sorprendere il desiderio di inchinarsi di fronte all’animale selvatico incontrato nel suo ambiente naturale, davanti al nido dell’allodola dalla gola gialla, o ai ghiacci polari. L’entusiasmo che provocano conferma quanto gli esseri umani bramino l’Altro.

Barry Lopez, Sogni Artici, Baldini Castoldi Dalai editore, 2006, pp.405