Questo articolo lo leggeranno in tre.
O al massimo in dieci, cioè un paio di persone pazienti più gli otto autori (Antonello Cassinotti, Andrea Cramarossa, Simone Faloppa, Daniela Giordano, Federico Gobbi, Rita Pelusio, Sara Palma e Marco Schiavoni, riuniti sotto il programmatico nome collettivo Itala Etica) de L’EDERA per un’etica rampicante nello spettacolo, sottile quanto denso libretto rosso il cui riferimento esteriore (cromatico et ultra) alla celeberrima raccolta di aforismi e citazioni di Mao pre-Rivoluzione Culturale non è forse del tutto casuale.
Lo leggeranno in pochi, crediamo, questo articolo – e poco importa.
Quel che è peggio: con ogni probabilità non tante persone avranno sotto agli occhi la preziosa pubblicazione a cui qui ci si riferisce (Edizioni Corsare, 2021), nonostante la capillare azione divulgativa, in incontri e seminari, da parte degli autori.
È appena passato Ferragosto, si dirà, i disastri socio-politici e ambientali planetari sono sotto agli occhi di tutti e siam qui a parlare di… etica?!?
E per di più nello spettacolo dal vivo (sottinteso: contemporaneo), ergo quelle cose strambe che quasi sempre le capisce solo chi le fa?
E poi gli autori non son neanche quei quattro artisti iper-premiati che basta chiamarli per nome (“di battesimo”, si diceva una volta) e tutti, nella famiglia, sanno a chi ci si riferisce?
Conterà niente dirlo, ma è un gran peccato.
Perché questa operina (fuori dal tempo, fuori moda, fuori da ogni logica di mercato e da ogni facile catalogazione) ha alcuni indubbi meriti.
Ne elenchiamo tre.
IL POSIZIONAMENTO
“Non siamo delatori, inquisitori o censori. Men che mai legislatori”: così si apre il testo che colloca gli scriventi nell’atto di attraversare con occhi aperti -e alla ricerca del senso di un possibile noi– la fantasmatica Società dello Spettacolo (maiuscole non casuali) odierna.
“Abbiam fatto insieme degli esercizi di etica per curarci e radicarci nel solco della realtà”, scrivono nell’incipit. Chapeau.
Entrano nel merito, citano regolamenti, definizioni e dati (di fatto) con tagliente esattezza.
E con senso dell’utopia: “con i piedi ben poggiati sulle nuvole”, avrebbe detto il Maestro Flaiano.
L’IRONIA
Giustapposti a testi affatto complessi stanno vignette ed esercizi, lapidi e un esilarante elenco di brani musicali consigliati per accompagnare la lettura (che comprende tra gli altri Povera patria di Battiato e La gazza ladra di Rossini, Under pressure dei Queen con Bowie e Il carrozzone di Renato Zero).
Ironia, qui, non è presa di distanza tra il soggetto (salvificamente plurale) e ciò di cui tratta, piuttosto intelligente trasformazione in linguaggi altri, solo apparentemente più leggeri, delle questioni che si attraversano.
LA FRANCHEZZA
In queste pagine si dice -con poche, secche, ben dette parole- ciò che va detto.
Senza esaurire gli argomenti, va da sé: son sassi lanciati nello stagno.
Riportiamo, a mo’ di esempio e sintesi, alcuni frammenti, fra tanti:
– “Il teatro non è un sanatorio. Se hai bisogno di curarti devi farlo al di fuori. Altrimenti si ammalano anche gli altri”
– “Perché l’unica forma di organizzazione alla quale il settore ambisce è la famiglia?”
– “Non riempire il cartellone in maniera pervasiva con le proprie produzioni, favorendo quindi una pluralità di presenze”
– “Il potere è responsabilità, mai un mezzo per umiliare l’altro”
– “Il cammino verso un codice etico non è una battaglia per arrivare primi”
Per concludere: in apertura di questo articoletto abbiamo posto un’immagine presente anche nel libro (a p. 45), il cui titolo ci pare perfetto a sintetizzare la patafisica rivoluzione utopica che L’EDERA auspica e avvia: Tentativo di far formare dei quadrati invece che dei cerchi intorno a un sasso che cade nell’acqua (Gino De Dominicis, 1969).
Dire grazie, almeno, per questo donchisciottesco piccolo esercizio di incoraggiamento, di cui c’è grande, grande bisogno.