Dal 16 luglio, a Sarsina, sta avendo luogo la sessantaduesima edizione del Plautus Festival, con la direzione artistica di Edoardo Siravo, che si protrarrà fino al 18 agosto.
Il programma, al motto de “Il classico non passa mai di moda”, propone una serie di rappresentazioni che attingono, appunto, al teatro classico greco e latino e alla commedia dell’arte.
Oltre al cartellone degli spettacoli, il Plautus Festival da qualche tempo offre anche la possibilità di partecipare a due laboratori di formazione attoriale, il Laboratorio Plautus Festival 22 e la Summer School tenuta dai docenti dell’École Internationale De Mime Corporel Dramatique di Parigi.
Entrambi hanno portato alla realizzazione di performance teatrali, in due forme differenti.
Il 28 luglio è andata in scena la Summer School Performance dei docenti e degli allievi della Summer School dell’’École Internationale De Mime Corporel Dramatique, una scuola che porta avanti la tecnica del Mimo Corporeo dell’artista e pedagogo Étienne Decroux, la stessa scuola dalla quale è uscito, per fare un nome celebre, Marcel Marceau.
Nelle due settimane di laboratorio è stato affrontato con Jean Claud Cotillard un primo modulo sul Teatro Burlesco, basato su situazioni tragicomiche e buffonesche, e un secondo modulo, tenuto dai due direttori dell’École Ivan Bacciocchi e Natalie Stadelmann, sulla tecnica del Mimo Corporeo.
Verso il termine del laboratorio una performance è stata offerta alla città di Sarsina, nella piazzetta più intima della città e con una nutrita partecipazione degli abitanti, proprio come se fosse stata fatta per loro, quasi a voler ricambiare l’ospitalità ricevuta.
L’umiltà e la semplicità di un tale pensiero sono le stesse di cui si sono vestiti gli attori, preparando uno spettacolo essenziale, minimo e luminoso, che il pubblico ha accolto con sguardo attento e applauso garbato.
Nella prima parte i docenti si sono esibiti in alcuni dei loro pezzi, tra cui piccole storie con protagonista la maschera Pierrot, l’adattamento di un’opera di Étienne Decroux, e una scena con una marionetta del Bunraku, il teatro di figura giapponese.
Tante piccole storie silenziose, costruite nel rapporto con la realtà invisibile nella quale si muovono i mimi.
Gente di poche parole, con un modo più efficace di comunicare, in grado di far vedere quello che non c’è.
Proprio su questo si concentrava la seconda parte della performance, nella quale gli allievi avevano il compito di “evocare” in scena singoli elementi/oggetti.
Così, uno alla volta, sono stati mostrati quattro degli elementi di base nella formazione del mimo: la corda, il muro, il fiore e la lancia.
Elementi che sembrano richiamare concetti a due a due antitetici: unione e separazione, amore e odio.
Forse perché, come ha commentato il direttore Ivan Bacciocchi in uno degli sporadici momenti di parola, “Le cose fisiche possono diventare morali”.
Infine il gesto più antico: l’inchino.
Il 29 luglio invece, all’ Arena Plautina di Calbano, è andato in scena lo spettacolo Epidicus, la commedia del doppio imbroglio, tratto da un testo di Tito Maccio Plauto e realizzato dagli allievi del Laboratorio Plautus Festival 22 diretti da Cinzia Maccagnano e con la partecipazione di Marco Simeoli nel ruolo del protagonista.
La commedia, sviluppata nell’arco di tre settimane di laboratorio, mette in scena uno dei testi meno rappresentati di Plauto, ma anche uno tra i più rappresentativi.
Nell’Epidicus, infatti, è presente quasi al completo la compagine dei personaggi plautini, da Epidico, servo astuto, al giovane innamorato Stratippocle, passando per vecchi avari, furfanti da strapazzo e schiave liberate.
Proprio per via di tutti questi personaggi, la commedia ha una trama piuttosto intricata, che Epidico stesso prova a spiegare al pubblico in alcuni siparietti metateatrali, salvo poi rinunciare, invitando semplicemente a godere di ciò che si vede in scena, anche senza capire.
È un invito che sembra rispecchiare la visione plautina della commedia come semplice forma di intrattenimento, senza particolari secondi livelli di lettura.
Un invito che il pubblico accoglie, mostrando di gradire lo spettacolo.
Anche in questo caso, come per il Mimo Corporeo, la tecnica attoriale è basata su una marcata gestualità, fatta di posture caratteristiche, sincronie tra attori e azioni che diventano leitmotiv, a questo si aggiunge la componente vocale, ben presente nonostante l’assenza imprevista dell’impianto di amplificazione dell’arena per cause metereologiche.
Infine, anche stavolta, l’inchino, anche se in un clima decisamente più rumoroso e plateale.