Link per consultare il percorso.
Ciceroni: Matteo De Lorenzi, Maurizio Melandri
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Il quinto Giretto propone l’itinerario tra i più completi visti finora, unendo nozioni di archeologia a passeggiate tra le foreste più imponenti e salubri di questa zona d’Italia: le foreste Casentinesi. L’ho chiamato Anello De Lorenzi in onore del Cicerone che, unendo più sentieri, ha dato vita a questo percorso che tocca luoghi sia della storia moderna che di quella antica: Matteo De Lorenzi, carissimo amico studioso di archeologia presso l’Università di Ferrara, appassionato di storia quanto di trekking. L’anello toccherà siti storici come il Lago degli Idoli, Capo d’Arno e le Terre Rosse, luogo protagonista del ben più noto Sentiero della Libertà.
Partenza dal Passo della Calla
Il Giretto parte lasciando la macchina nel parcheggio del Passo della Calla. Da qui prendiamo il sentiero che sale alla sinistra del ristorante i Faggi, il sentiero CAI 00. Dopo una salita leggermente ripida e superato il rifugio sciistico “Stia” arriviamo ai prati della Burraia, una radura dal verde sgargiante sulla quale continuiamo sullo 00. Il sentiero procederà in direzione della nostra prima tappa, il monte Falco. Nel tragitto passiamo al fianco sia di una grossa stazione metereologica, sia ai piedi di un impianto di skilift (strutture che regalano scorci suggestivi alla camminata), saggiando la prima delle tante tipologie di foreste che si possono trovare in questo magnifico Parco, quelle d’alta quota. Arrivati in cima al Monte Falco troveremo ad aspettarci una vista mozzafiato sulla valle romagnola dell’Alpe di San Benedetto, accessibile da un piccolo spazio con panchina che rende il momento più armonico, domenicale. Fatta una meritata pausa, ci avviamo verso la cima del Monte Falterona.
Proseguiamo sul sentiero 00, che continua alla destra dello scorcio di cui abbiamo appena goduto. Il sentiero scende nel bosco, arrivando dopo qualche centinaio di metri a un cartello sulla nostra destra che indica la deviazione verso il Monte Falterona (sempre sentiero CAI 00, tempo indicato di percorrenza 00.15h). Seguendolo, dopo uno strappo parecchio ripido, arriviamo sullo spazio su cui si erge la grande croce che domina questa vetta. Anche questo luogo merita una pausa sui suoi spiazzi, che godono sì di una vista meno panoramica rispetto a quella del M. Falco, ma che comunque inducono a sedersi e respirare un’aria fresca che difficilmente troverete tornando a casa.
Verso Capo d’Arno e il Lago degli Idoli
Poco più avanti della croce troveremo il cartello che a sinistra ci indicherà la strada per Capo d’Arno – la sorgente dell’omonimo fiume – e il Lago degli Idoli, passando dal CAI 00 al sentiero CAI 3.
Addentrandoci di nuovo nella foresta incontriamo come prima tappa la sorgente. Bisogna porre attenzione al cartello con su scritto “Capo d’Arno”, e unire vista e udito per individuare il ruscello che sulla destra del sentiero si inizia a far strada per arrivare a Firenze. Una breve sentierino visibilmente battuto ci porta di fronte alla nostra tappa: il luogo traspira pace e tranquillità, come d’altronde ogni esile corso d’acqua che calca le foreste appenniniche, e lo possiamo identificare grazie alla targa lapidea in marmo con su scritta una citazione dantesca del Purgatorio.
Goduta la dovuta pausa in questo locus amoenus, si continua il percorso verso il Lago degli Idoli. Dopo 10 minuti di camminata arriviamo a questo sito storico in vetta all’Appennino Tosco-Emiliano, citato da Dante e famoso per i ritrovamenti di statuette votive etrusche, molte delle quali – citando il nostro Cicerone Matteo De Lorenzi – “sono ora conservati in alcuni dei più importanti musei del mondo, tra cui il British Museum di Londra, il Louvre di Parigi, l’Ermitage di San Pietroburgo e la National Gallery di Baltimora”.
Tuttavia, non vi aspettate chissaché: il lago di per sé non regala uno scorcio degno della sua valenza, ma la storia che vi è dietro non può non lasciare affascinati – o perlomeno suscitare curiosità. Per questo ci affidiamo a Matteo, che ci spiega in questo breve documento tutte le curiosità legate a questo luogo.
Direzione Cappella di Montalto
Tornando a camminare, dal piccolo bivacco sul lago lasciamo il sentiero CAI 3 e iniziamo a percorrere il sentiero CT4-CAI 2 in direzione Rifugio Vitareta: come punto di riferimento segnalo il cancelletto di legno con su scritto “bestiame al pascolo” da aprire sulla destra.
Nel tratto fino al rifugio percorriamo una foresta sontuosa, parte di quelle che in queste zone vengono definite “sacre”. E con sacro silenzio io vi consiglio di percorrerle, per godere appieno di questa esperienza. Dopo il rifugio il sentiero continua su una strada sterrata, alla sinistra della quale dopo 200 metri vi troviamo una deviazione che scende nel bosco. Discesa che ci porterà ad intersecare un’altra strada sterrata, sulla quale procederemo andando a destra. Dopo poco ci troveremo a un bivio, di cui prenderemo la strada a sinistra verso Bocca Pecorina, sentiero sul quale troveremo una sbarra con un’altra piazzola che ci mette di fronte a un secondo bivio: qui continuiamo sulla sinistra, prendendo il sentiero CAI 2 diretto a Stia. Ci immergiamo ancora un po’ nel bosco, fino a trovare un altro bivio sul quale lasciamo la strada in direzione Stia per seguire il CAI 2 in direzione Montalto. Questo sentiero ci porta alla Cappella di questa località – chiamata per l’appunto Cappella di Montalto – molto carina da vedere e nei cui paraggi vi sono tavoli da area break.
Ritorno al Passo della Calla
La chiusura verso il Passo della Calla è molto semplice, poiché bisogna seguire un solo sentiero, ovvero il CAI 82. Un unico sentiero che, però, non si riserva dal regalare scorci meravigliosi e passare per luoghi della memoria.
Difatti la prima tappa verso cui ci dirigiamo è la cascina dell’Oia, rifugio che ospitò un gruppo di partigiani in fuga. Poco prima di essa calchiamo le Terre Rosse, così chiamate poiché qui venne fucilato un partigiano rimasto ignoto – la cui storia è spiegata in un pannello informativo lungo la strada. Questo che stiamo percorrendo fa parte del Sentiero della Libertà, che va da Biserno di Santa Sofia fino a Pian del Grado. Quanta storia passa di qui, che per fortuna ci viene spiegata dal nostro Cicerone Matteo in quest’altro documento.
Da Cascina dell’Oia continuiamo dritto in salita seguendo il CAI 82: dopo 30 metri troviamo un ruscello e ci teniamo alla sua destra. Da qui, dopo poco inizia una salita molto tosta che ci collega a una strada sterrata, che intersechiamo perpendicolarmente andando dritto e proseguendo la salita nel bosco; salita che ci porterà a una strada ghiaiata, e che inizieremo a calcare girando a destra. Dopo 200 metri giriamo a sinistra, passando di fianco a un traliccio sul quale possiamo riconoscere i colori bianco e rosso tipici del CAI. Questa è l’ultima deviazione e, dopo qualche decina di minuti, ci ritroveremo nel parcheggio da cui siamo partiti.
Elogietto all’impegno della divulgazione
Un commento finale non mi era ancora capitato di farlo e, nel pieno spirito dei Giretti, si aggiudica questo titolo ironico. Un commento dovuto, in cui voglio specificare perché ho intitolato questo Anello “De Lorenzi”.
Onoro il giro con il cognome di questo mio grande amico non per favoritismo, ma per dare spazio e visibilità all’ideale che incarna: un’intraprendente e viscerale curiosità per la storia che ha animato queste montagne (e la voglia di passarla alle altre persone), cercando anelli di congiunzione con passioni moderne come è in questo caso il trekking. Matteo, appassionato della storia dall’alba dei tempi fino ai giorni nostri, fa parte di quella categoria sociale senza tempo di persone che, senza che fosse un’imposizione, si sono prese il compito di tramandare la storia (locale e non) sulle spalle, interpretandolo come un piacere che gli si legge negli occhi ogniqualvolta gli si dia la possibilità di esprimere questa loro missione.
Ed è per questo che mi impegno a cercare questo tipo di Ciceroni, a mio parere una vera e propria categoria protetta. Questo perché seppur io riconosca che l’attenzione sociale moderna e delle nuove generazioni converga – per la maggior parte – verso tematiche rivolte più a ciò che sarà rispetto al ciò che è stato, vedo il fascino di scoprire collegamenti con le proprie radici culturali come una fiamma perennemente ardente: questo perché non lo vedo solo in me, ma in ogni sguardo che incrocio catturato da questa magia, trovando conferma negli occhi di chiunque altro abbia il coraggio di donare un briciolo di attenzione a chi si è preso il piacere – più che il dovere – di essere un divulgatore di conoscenza storica.
Perciò grazie a Matteo, giovane e forte baluardo di questa disciplina fortemente a rischio, per la voglia e l’impegno non richiesto di tenere salda l’identità culturale comune. Big Up.
MAGNÊ
Il mangiare, anche questa volta, lo abbiamo preso d’asporto. Purtroppo la lunghezza del trekking non ha permesso di arrivare per un’ora decente alla trattoria da me individuata, ma questo non ha influito negativamente sul lato gastronomico di questa gita più fuori porta del solito.
Il rifornimento è avvenuto lungo la strada per Modigliana, tornando al luogo dove i Giretti sono partiti: Marzeno. Per il pranzo al sacco ci siamo affidati con estrema sicurezza all’Alimentari Melandri, storica attività del paesino, nota meglio come la “Bottega”.
Il nostro primo Cicerone Maurizio Melandri, facente parte della proprietà, ci spiega che è dal 1911 che questa attività viene portata avanti dalla sua famiglia, acquistata dai suoi bisnonni Orsola e Vincenzo. Parliamo di una realtà rara da trovare in giro e con più di 100 anni di storia alle spalle, motivo per cui si è guadagnata la targhetta di colore verde scuro “Bottega Storica”.
Maurizio ci spiega come la Bottega fosse inizialmente nell’edificio a fianco (localmente noto come “la Palazza”), e che funzionava non solo da alimentari, ma sia da sali e tabacchi che da osteria. Le foto storiche che mi ha fatto vedere sembrano parlare da sole, narrando di una realtà che a stento riesco a collegare alla mia, ma che, grazie al sopracitato impegno a tenere vive queste vulnerabili e fragili memorie, per fortuna riesco a immaginare. Possiamo dire che era il vero e proprio centro della vita storica del paese. Poi, successivamente al boom economico degli anni sessanta, è stata spostata nell’edificio dove attualmente risiede.
Che vi posso dire sul mangiare, se non che incarna a pieno l’ideale dell’alimentari “di una volta” romagnolo? Formaggi e salumi di varietà diverse, che io amo farmi consigliare al banco. Ammetto di essere costantemente un eterno indeciso di fronte ai banchi delle botteghe, ma il motivo quando metto piede qui dentro è diverso: non passo spesso da Marzeno, tantomeno dalla bottega, e quelle poche volte che lo faccio sono sempre fiducioso di trovare Maurizio pronto a spiegarmi l’ennesimo aneddoto su questo paesino brulicante di storia.
Se verrete qui a rifornirvi di panini o quant’altro ricordate che, oltre ai generi alimentari, avrete la possibilità di farvi spiegare curiosissime storie, che potrebbero dare una pennellata di colore vivace alla vostra giornata!