Anche nel settore vitivinicolo c’è la voglia di tornare alla normalità ed è così che hanno ripreso le più importanti fiere del settore. Tuttavia crisi nuove che si sovrappongono alle vecchie e nuove calendarizzazioni, che deve fare i conti con le incertezze di un nebuloso futuro, hanno fatto capire che questa “normalizzazione” deve ancora avvenire (ne è un esempio il Prowein, la più importante fiera commerciale del mondo, che quest’anno ha visto un notevole calo di espositori e soprattutto visitatori rispetto all’edizione precedente).
In questo clima ha riaperto Back to the wine, fiera leader del vino biologico e biodinamico.
Questa fiera riunisce viticoltori “alchimisti” che, combinando caratteristiche del terreno, tecniche di antica tradizione e nuove tecnologie in un contesto che pone molta attenzione alle pratiche biodinamiche, cercano di ottenere dalle loro uve, per la maggior parte vitigni autoctoni o uve scomparse e riscoperte in un vecchissimo filare, il vino più puro, quello che può dare la maggiore emozione.
Questo permette a tutti gli appassionati del vino ed agli operatori del settore di degustare ed affinare naso e palato con prodotti difficili da trovare in giro.
Ho partecipato a tutte le fiere di Back to the Wine e rispetto alle mie perplessità sulle qualità sensoriali dei vini presenti alla prima edizione, ho riscontrato un notevole e progressivo miglioramento fino a considerare i vini biologici e biodinamici tra le migliori espressioni del settore vitivinicolo italiano. In questa edizione io e Facco, il mio compagno di degustazioni, abbiamo notato un aumento della presenza di vini con gradi alcolici più bassi, che incontrano le preferenze di molti mercati esteri, e vini rossi con macerazioni più brevi.
Per la prima volta quest’anno BttW si è svolta al DUMBO di Bologna. Se la scelta di una grande città come Bologna sembra essere la tappa obbligata di un percorso di crescita che permette di avere maggiore visibilità, meno felice è stata la scelta della location, anche in considerazione che la fiera si è svolta a maggio invece che a novembre. La kermesse ha infatti avuto luogo all’interno di un edificio che una volta ospitava le officine delle ferrovie dello stato, ma la sensazione avuta da tutti è stata un po’ quella claustrofobica del carcere e la luce, garantita dai neon, non dava la migliore delle sensazioni. La giornata particolarmente calda (non del tutto imprevedibile) e la mancanza di condizionatori ha reso le degustazioni alquanto difficili a partire dal primo pomeriggio. Scelte condizionate dal clima di incertezza che caratterizza questo periodo? Sono convinto che gli organizzatori faranno tesoro delle sensazioni avute dai visitatori e critiche ricevute dagli espositori per dare la migliore collocazione spazio temporale ad una fiera che considero una tappa fondamentale durante l’anno.
FERRUCCIO TRIVELLI
Visto il 22 maggio 2022