Petite Maman, ritratto di un mondo creato dalla fantasia di una bambina

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L’ultimo film di Céline Scianna ci mostra il mondo visto, o immaginato, dagli occhi di una bambina. La nostra memoria, mentre lo guardiamo, corre al film che ce la fece conoscere, Tomboy, del 2011. Anche quel film era centrato sul mondo dei bambini. Entrambi sono racconti di formazione, che provano ad esplorare i recessi più profondi di una personalità in via di definizione. Ma sono diversissima tra loro, caldo e ricco di empatia il primo, più algido e onirico il secondo.

In Tomboy la protagonista era la piccola Laure, i cui genitori si erano trasferiti in una nuova città. Dovendo ricostruire il sistema di relazioni del suo nuovo mondo, a partire da quelle con i suoi amichetti, le viene spontaneo farlo inventandosi una nuova identità. Come ti chiami?, le chiedono. Dopo alcuni secondi di incertezza decide di rispondere: Michael. Un gioco, forse, un modo per essere meglio accolta dai nuovi compagni e amici. O forse qualcosa di più, la manifestazione di una identità ancora incerta.

In Petite Maman la bambina è Nelly. Accanto a lei Marion, sua madre. Esiste anche un padre, ma è una figura defilata. Anche in questo caso vi è una svolta della vita, che va affrontata. È la perdita della nonna, che ha trascorso l’ultimo periodo della sua vita in una casa di riposo. La piccola famiglia raggiunge la casa della nonna, in aperta campagna, dove restano alcuni giorni, per recuperare le sue cose, i resti di una vita. È la casa in cui Marion è cresciuta. Negli armadi i vestiti e i quaderni di quando era bambina. Nel bosco vicino alla casa ci sono i resti della casa di legno che aveva costruito da bambina.

Sia Nelly che Marion sono tristi. Nelly dice alla mamma che è dispiaciuta perché non ha avuto la possibilità di salutare la sua cara nonna come avrebbe voluto, con un tenero e lungo abbraccio. Marion sembra sopraffatta dai ricordi del passato, che la casa evoca in lei. Ricordi, o traumi, che non riesce a condividere con la figlia. Come invece lei vorrebbe. Mentre riposa, sul letto che era stato quello di sua mamma da bambina, Marion riesce solo a confidarle alcune delle sue paure da bambina, quando provava ad addormentarsi e guardava le ombre che si muovevano oltre il letto. Il giorno dopo la mamma lascia la casa. Nelly resta col padre e con la sensazione di qualcosa di misterioso, un vuoto che (forse) si nasconde dietro il silenzio dei grandi. Un vuoto che suscita domande e un bisogno di rassicurazione. E che i bambini, come in questo caso, possono essere capaci di colmare con la fantasia, che dal nulla è capace di creare un nuovo mondo.

 

 

Ecco che Nelly, nel bosco che circonda la casa, incontra una bambina della sua stessa età, con la quale entra in confidenza. Si somigliano tantissimo (le due attrici sono sorelle gemelle). Lei si chiama Marion, come la madre, e la sua casa ricorda per tanti aspetti quella della nonna. E così, con un semplice stacco di montaggio, senza ricorrere a magie o artifici, Nelly sembra poter vivere contemporaneamente in due dimensioni temporali. In questo modo il vuoto che avvertiva attorno a sé si trasforma in un pieno di nuove possibilità, dentro le quali poter sviluppare quel percorso di condivisione e di crescita comune che nell’altro mondo non aveva potuto sperimentare pienamente.

I dialoghi delle due bambine, Nelly e la sua petite maman, la loro complicità nei giochi non sono solo uno scherzo temporale, un paradosso che si può immaginare in nessun altro luogo che non sia una fiaba o un racconto fantastico. Il loro incontro rappresenta un modo per comprendersi intimamente, per condividere paure, sogni e speranze. Nelly tranquillizza la mamma/amica sul suo futuro, in un momento difficile del suo percorso d vita. Al tempo stesso riesce a vivere il suo sogno di bambina, abbracciando la nonna che non aveva potuto salutare nel momento dell’addio.

I ruoli di mamma e figlia, anche per la somiglianza delle due piccole attrici, a volte si confondono agli occhi dello spettatore, in un voluto gioco cinematografico che la regista utilizza per rendere quanto più naturale ciò che nella realtà è razionalmente impossibile. 

Il film è stato presentato in concorso all’ultimo festival cinematografico di Berlino. Dopo una fugace distribuzione in sala, è ora possibile vederlo nella piattaforma streaming cgentertainment.it. In occasione della presentazione di questo film CG offre anche la possibilità di assistere, in diretta streaming (il 10 febbraio alle ore 21, previa registrazione e fino ad esaurimento dei posti disponibili), alla proiezione di un film precedente di Céline Scianna, Diamante nero, del 2014.

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Dario Zanuso: Ama, al pari di un’iguana, crogiolarsi per ore al sole, ma come una talpa, si trova a suo agio anche nel buio di una sala cinematografica. Il suo sogno nel cassetto è di proporre alla Direttrice una rubrica di recensioni letterarie dal titolo “I fannulloni della valle fertile” o “La valle fertile dei fannulloni”, è indeciso; da sveglio si guarda bene dal farlo: è pigro quanto un koala australiano. Aldo Zoppo: Collaboratore di Gagarin Magazine dal 2010, ha ideato con il fido Dario la rubrica Telegrammi di Celluloide. Nasce a Napoli nei mesi delle rivolte studentesche del ‘68, si trasferisce a Ravenna a metà degli anni ’90 e diventa cittadino del mondo, pur rimanendo partenopeo nell’anima. Lo si trova abitualmente nei vari festival cinematografici del bel paese, apprezza molto le produzioni dei “Three amigos” del nuovo cinema messicano e la cinematografia italiana, dal Neorealismo alla commedia all’italiana. Attore teatrale per hobby, ha interpretato tanti personaggi della commedia napoletana, da Scarpetta ai fratelli De Filippo.