Lo European Research Council (ERC), l’organismo dell’Unione Europea che premia studiosi di talento impegnati in attività di ricerca di frontiera, ha deciso di finanziare il progetto Abstraction di Marianna Marcella Bolognesi, linguista dell’Università di Bologna.
Perché questo titolo?
Il titolo completo del progetto è Abstraction: unlocking meaning from experience through language. Il progetto si propone in generale di capire come le parole ci aiutino a reperire informazioni dall’esperienza e costruire significato, comprendere dunque quello che viviamo, che percepiamo. La lingua ha un ruolo fondamentale nell’aiutarci a mettere a fuoco le nostre esperienze percettive e classificarle. Questo è alla base dell’apprendimento, della nostra capacità di dare un senso a ciò che ci circonda. Le parole non sono semplici etichette che appiccichiamo alle esperienze. Al contrario, le parole sono strumenti fondamentali che ci permettono di comprendere le esperienze che viviamo, dar loro un senso, immaginare e simulare mentalmente esperienze passate e nuove esperienze, e tanto altro. Con una sola parola possiamo influenzare il comportamento di migliaia di persone, possiamo far ridere e piangere, possiamo influenzare elettori, possiamo insegnare concetti difficili, possiamo persuadere masse di gente a comprare un determinato prodotto eccetera.
È dunque importantissimo saper scegliere la parola giusta nel contesto giusto. Nonostante questa affermazione possa sembrare banale, e per niente innovativa, al giorno d’oggi lo studio sistematico e su larga scala degli effetti comunicativi della scelta delle parole in vari contesti, per la preparazione di testi destinati a vari tipi di pubblico, è un campo particolarmente fertile e promettente, proprio perché negli ultimi anni abbiamo visto come determinate affermazioni fatte da politici o postate sui social media possano influenzare elezioni, e come una comunicazione che utilizza parole poco efficaci possa generare sfiducia, sconforto, equivoci. In modo hollywoodiano questo è ben mostrato nel film Don’t Look Up, dove Leonardo di Caprio e Jennifer Lawrence impersonano due astrofisici che, utilizzando inizialmente un gergo abbastanza accademico e dunque molto tecnico, cercano di spiegare l’imminente arrivo di una meteorite sulla Terra al Presidente degli Stati Uniti e al pubblico di un dibattito televisivo. Il risultato è grottesco e tragico allo stesso tempo: un fallimento comunicativo totale. Parte del fallimento è proprio dovuto, in alcune parti del film, alla scelta delle parole che i due astrofisici comunicano: troppo tecniche e dunque sconosciute a chi ascolta.
Come impiegherà la cifra considerevole (1,4 milioni di euro) che è stata destinata?
Il finanziamento viene gestito dall’Università di Bologna, dall’ufficio centrale che mi aiuta con la rendicontazione e le spese più grandi, come le assunzioni, e dall’ufficio dipartimentale che mi aiuta con la rendicontazione delle spese minori. Il budget comprende assunzioni di giovani ricercatori e ricercatrici a diversi stadi della loro carriera accademica (due dottorandi e tre ricercatori/ricercatrici che abbiano concluso il dottorato) durante tutto lo sviluppo del progetto, che dura 5 anni. Ogni membro del gruppo di ricerca verrà assunto attraverso concorsi pubblici che saranno pubblicizzati in Italia e in Europa, perché le competenze richieste per l’implementazione del progetto sono estremamente avanzate e dettagliate. Speriamo di riuscire a trovare le persone adatte. Con questo gruppo di ricerca potremo lavorare al progetto, e dunque condurre esperimenti comportamentali che coinvolgeranno migliaia di persone, madrelingua italiani e inglesi. Inoltre, parte del budget andrà nello sviluppo di un software (una app) che ci permetterà di raccogliere dati linguistici in maniera ludica, attraverso una tecnica chiamata gamification. Altra parte del budget andrà nelle consulenze con esperti internazionali, esperti legali per il trattamento di testi protetti da copyright ed altri tipi di consulenze. Infine, un’altra parte andrà impiegata nella disseminazione dei risultati della ricerca, e dunque per la pubblicazione di articoli scientifici e divulgativi, la presentazione dei risultati a conferenze ed altri eventi scientifici e pubblici.
Il Suo progetto investigherà, si legge nei materiali di presentazione, «come la specificità e la concretezza delle parole influenzano il modo in cui comprendiamo il linguaggio scritto». Quando una parola può essere definita concreta?
Una parola è concreta quando definisce un oggetto che possiamo vedere e toccare, come ad esempio la parola cane, la parola tortellino, la parola foresta. Al contrario, le parole astratte sono parole che identificano concetti che non possiamo vedere o toccare, come ad esempio le parole libertà, politeismo, ossessione.
Varie ricerche scientifiche mostrano che le parole concrete sono comprese in maniera più veloce e diretta rispetto alle parole astratte, probabilmente perché le parole concrete sono rappresentate nella nostra mente sia attraverso il canale linguistico, sia attraverso quello visivo, delle immagini mentali. Al contrario, le parole astratte sono meno facilmente rappresentabili attraverso immagini, e quindi sono più sfuggenti, e in un certo senso più complesse da processare, per la nostra mente e per il nostro cervello. Tuttavia, alcune ricerche mostrano risultati opposti, dove sembra che le parole astratte siano invece più facili da comprendere e leggere, rispetto alle parole concrete. Questi risultati discordanti non tengono però in considerazione la specificità delle parole, sia astratte che concrete. E qui, su questo punto, si fonda l’intuizione che ha portato a questo progetto. Le parole, sia astratte che concrete, variano in specificità, nel senso che possono essere estremamente specifiche e precise, oppure generiche e vaghe. Ad esempio, la parola concreta cane appartiene ad un livello di specificità medio, mentre la parola animale è più generica, e la parola Dalmata è più specifica. Anche le parole astratte variano in specificità: arte è abbastanza generico, mentre pittura è più specifico, e Impressionismo, ad esempio, è ancora più specifico. Abbiamo dunque due assi di variazione, per le parole: concreto/astratto e specifico/generico. Testi diversi conterranno parole che variano in concretezza e specificità in modo diverso. I testi per bambini, ad esempio, avranno in media parole concrete e non troppo specifiche, mentre un articolo accademico per esperti del settore avrà tante parole estremamente specifiche e spesso molto astratte. È importantissimo calibrare la concretezza e la specificità delle parole per il pubblico lettore, se vogliamo che un determinato testo venga compreso e sia efficace.
Quali ricadute avrà, auspicabilmente, sull’analfabetismo funzionale, in rapida ascesa nel nostro Paese e non solo?
Con questo progetto raccoglieremo dati relativi alla concretezza e alla specificità delle parole della lingua italiana (ed inglese) attraverso il contributo di migliaia di persone: adulti e bambini, avidi lettori e lettori occasionali, esperti di terminati settori e pubblico non esperto, eccetera. Vedremo come le aspettative di concretezza e specificità cambiano, in base al tipo di testo ma anche in base al tipo di lettore. Raccoglieremo poi giudizi di comprensibilità, chiarezza e informatività relativi a centinaia di testi selezionati appositamente (articoli di giornale, narrativa, discorsi politici, ecc). Ed avremo dunque un quadro completo relativo a quali livelli di concretezza e specificità si aspettano di incontrare diversi tipi di lettore in diversi tipi di testo, affinchè il testo venga considerato massimamente efficace. Sulla base di questi dati potremmo poi pensare di sviluppare software per la scrittura assistita, che cioè aiutino autori, giornalisti ed insegnanti a predisporre testi al giusto livello di difficoltà, per un determinato pubblico, affinchè quel tipo di lettore possa essere stimolato a comprendere il testo, ma non sia scoraggiato dalla difficoltà eccessiva delle parole in esso contenute.
Gamification: che cos’è e come servirà alla Sua ricerca?
Gamification è una parola inglese che indica tutte quelle tecniche utilizzate, tipicamente in ambito scientifico, per ottenere dati utili per la ricerca, che facciano uso di approcci ludici. In ambito accademico, tradizionalmente gli esperimenti che coinvolgono partecipanti umani, nelle scienze umane ad esempio, vengono effettuati attraverso questionari, compiti di tipo comportamentale in cui si chiede ai partecipanti di leggere un testo e rispondere a domande, di associare parole a immagini, di memorizzare parole e poi ricordarle, eccetera. Tutti questi compiti vengono condotti in laboratorio, tipicamente. Il problema è che il contesto laboratoriale in un certo senso influenza i risultati, può mettere ansia, può spingere i partecipanti a comportarsi in modi che non sono naturali, ma che sono indotti dall’ambiente istituzionale del laboratorio scientifico. Oppure, più semplicemente, i compiti richiesti possono essere così noiosi che i partecipanti li svolgono in modo svogliato, e dunque i dati ottenuti ne risentono. Attraverso tecniche di gamification, invece, i partecipanti vengono coinvolti e prendono parte alla ricerca in modo più spigliato, naturale, rilassato, e la qualità dei dati forniti rispecchia questa attitudine. Dovendo dunque raccogliere grandi quantità di dati relativi alla specificità delle parole percepita da diversi tipi di lettore, abbiamo optato per questo metodo di raccolta dei dati: una app che i partecipanti potranno scaricare sul proprio telefonino, con cui potranno giocare, stimolare la propria competenza linguistica, ampliare il proprio vocabolario, e allo stesso tempo contribuire alla nostra ricerca. Un po’ come il gioco che va tanto di moda in queste settimane, Wordle.
In quale maniera si potrà essere informati sugli sviluppi e sugli esiti di Abstraction?
Non appena il progetto partirà ufficialmente (penso a settembre) svilupperemo un website relativo al progetto che terremo costantemente aggiornato con le ultime scoperte, attività, risultati e pubblicazioni relativi ad Abstraction.
Quali saperi altri, rispetto al Suo specifico campo di ricerca, si intrecceranno con questo progetto?
Il progetto è molto interdisciplinare, in realtà. Tanto che il team di ricerca che metterò insieme comprenderà ricercatori e dottorandi con formazione diversa. In particolare, il progetto mette insieme saperi relativi allo studio del linguaggio e della comunicazione, saperi relativi al funzionamento della mente e del cervello, durante la comprensione e produzione di linguaggio, e saperi relativi ai modelli computazionali e di intelligenza artificiale che si occupano proprio di comprendere e generare testi in maniera automatizzata.
Nel Suo percorso, sono numerosi e molto autorevoli i rapporti internazionali. Può indicare un punto di forza e una debolezza del nostro Paese, rispetto alla disciplina di cui si occupa?
Ahia. Siamo sicuri che vogliamo rispondere a questa domanda?
La disciplina di cui mi occupo è di per sé una disciplina bastarda, nel senso di ibrida. È un mix di discipline. Potrei definirmi linguista di stampo cognitivista, ma mi occupo anche di linguistica computazionale, linguaggio figurato (metafore nello specifico) e comunicazione multimodale. In Europa questo tipo di profilo è valorizzato, la capacità di instaurare collaborazioni interdisciplinari, che utilizzino metodi diversi, è molto ben vista. In Italia viene penalizzata. Il mondo accademico è diviso in settori disciplinari, per fare carriera bisogna restare attinenti al proprio settore, pubblicare in determinate riviste scientifiche, guai a uscire dai propri confini disciplinari. Questo atteggiamento è assolutamente controproducente sia per i ricercatori e le ricercatrici, sia per la ricerca in generale. Punti di forza del nostro Paese per la mia disciplina, se consideriamo come disciplina la Linguistica? La solidità delle conoscenze teoriche relative allo studio del linguaggio. La diversità e dunque la ricchezza relativa alle varie scuole di pensiero che caratterizza tradizionalmente gli atenei italiani in cui la linguistica è una disciplina forte.
Per concludere: un sogno per il futuro?
Contribuire alla crescita della linguistica bolognese mettendo in piedi in maniera sostenibile un gruppo di ricerca che venga costantemente alimentato con nuovi dottorandi, nuovi ricercatori, nuovi fondi per la ricerca sperimentale linguistica. E, dunque, creare un centro di eccellenza in Italia per lo studio sperimentale del linguaggio umano nelle sue varie forme e manifestazioni.
Grazie.
In bocca al lupo, Marianna! Un progetto affascinante che ci fa sognare.
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