Dal 17 settembre 2021 al 6 marzo 2022, i Musei di Palazzo dei Pio a Carpi (MO), ospitano la mostra HABITUS. Indossare la libertà, che analizza come, nel Novecento, le tappe più significative di innovazione della moda abbiano spesso coinciso con momenti di liberazione del corpo, soprattutto femminile, da costrizioni fisiche e sociali. La moda, infatti, è una delle forme espressive umane che forse meglio incarna i continui cambiamenti storici, e la cui influenza ha coinciso con il concetto di libertà.
L’esposizione, curata da Manuela Rossi, Alberto Caselli Manzini e Luca Panaro, ideata e prodotta dal Comune di Carpi – Musei di Palazzo dei Pio, col contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi e Assicoop Unipol Assicurazioni, presenta una serie di indumenti iconici che hanno contribuito all’emancipazione, alla sovversione di paradigmi e canoni e alla liberazione dei costumi sociali.
«Se le città hanno un’anima – afferma Stefania Gasparini, Vice Sindaco e Assessore alle Attività Produttive della Città di Carpi – la mostra Habitus. Indossare la libertà rappresenta plasticamente uno degli aspetti distintivi dell’anima di Carpi, che dovremmo sempre più valorizzare e testimoniare: l’intima connessione tra una secolare ed illustre tradizione culturale, e la sua vocazione produttiva, non meno antica e radicata. Credo si debba fare di tutto affinché questa peculiarità costituisca tanto un motore di sviluppo quanto un elemento di coesione sociale della nostra comunità».
Il percorso espositivo si sviluppa in quattro passaggi, ognuno dei quali sarà introdotto da fotografie, video, musica che contestualizzeranno il periodo preso in esame.
Il primo, Liberare il corpo, prende avvio a inizio Novecento, quando i creatori di moda si pongono come obiettivo principale quello di liberare il corpo femminile dalle costrizioni dell’abbigliamento e quindi dalle convenzioni sociali che chiudono la donna in cliché predefiniti. Fu lo stilista francese Paul Poiret ad aver determinato, con il suo anticorsetto del 1914, la prima rivoluzionaria scelta di liberare il corpo della donna, sia fisicamente che sessualmente, che socialmente. Coco Chanel, pioniera della moda emancipata, subito dopo la Grande Guerra, disegnò capi confortevoli ed elegantissimi e sdoganò l’uso del pantalone da parte delle donne. Verranno rappresentati altri grandi stilisti come Marcel Rochas, che nel 1932 creò il power suit, ovvero il completo femminile giacca e pantalone, che divenne simbolo della parità dei diritti tra sessi, in particolare nel lavoro, e che verrà poi ripreso e rilanciato dagli stilisti negli anni ’80, e Ida Rosenthal, che nel 1922 ideò il reggiseno per come oggi lo conosciamo.
Scoprire il corpo introduce il visitatore negli anni del secondo dopoguerra, quando le donne, complice anche la diffusione delle immagini cinematografiche, affermano le loro libertà anche scoprendo il proprio corpo. Silvana Mangano di Riso amaro (1949) veste nel film esattamente come le mondine che partivano da Carpi per le terre piemontesi e le minigonne non erano molto diverse da quelle che le operaie delle fabbriche di Carpi si cucivano negli anni sessanta.
Iconici a riguardo sono i bikini, che liberarono le donne dagli scomodi camicioni da spiaggia, gli hot pants nati a cavallo tra gli anni quaranta e cinquanta che permisero di scoprire finalmente le gambe e, soprattutto, la minigonna, capo-simbolo della battaglia femminista che, grazie a Mary Quant si diffuse dalla Swinging London al mondo intero negli anni sessanta.
Con la sezione Work, sport, cool, la rassegna si spinge negli anni settanta e ottanta, periodo in cui la moda diventa unisex, e il vestito griffato, tipico della sartoria artigianale, lascia il posto al prêt-à-porter con capi prodotti serialmente. Esemplificativi di questo periodo sono le t-shirt e i jeans, entrambi nati come capi da lavoro, ma che divennero icone prima di ribellione (James Dean e la sua Gioventù bruciata) poi del nuovo modo di vestire casual, o lo sportswear, nuovo simbolo di lusso moderno. Ed è la felpa a rappresentare questo cambio di passo e di mentalità che riguarda anche il ruolo dei giovani nella società.
La mostra si chiude con Destrutturare, un passaggio all’interno della moda degli anni settanta caratterizzata da due capi divenuti iconici, come il Wrap dress di Diane von Furstenberg e la Giacca destrutturata di Giorgio Armani, che impongono una nuova concezione di abito “destrutturato”, con una innovativa modalità di chiusura facile ed essenziale per creare, come ha affermato Giorgio Armani, una vestibilità “rilassata, informale, meno rigorosa, che lascia intuire il corpo e la sua sensualità”.
Accompagna l’esposizione un progetto collaterale a cura di Fondazione Fashion Research Italy, no-profit nata per affiancare le manifatture moda attraverso attività di formazione e consulenza su temi strategici quali heritage, sostenibilità e innovazione digitale. In concomitanza con la mostra Habitus. Indossare la libertà, a Palazzo dei Pio sarà presentata al pubblico una serie di 29 disegni ispirati alla natura, parte dell’Archivio di Textile Design della Fondazione.
17 settembre 2021 – 6 marzo 2022
Carpi, Palazzo dei Pio, Piazza dei Martiri. Info & Orari: 059 649955, 059 649360, musei@carpidiem.it