Sull’esistenza, in Romagna, di moltissime eccezionalità culturali non sempre apprezzate quanto meriterebbero, sfondiamo una porta aperta. E nessun dubbio che una di queste sia, da sempre, il MIC -Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, dallo scorso marzo straordinariamente ampliato nel settore dedicato alla contemporaneità.
Ora gli spazi museali, spesso suddivisi in più aree da grandi pannelli-vetrina che moltiplicano a dismisura l’effettiva superficie d’esposizione, sono arrivati a 5.000 (cinquemila!) metri quadrati talmente ricchi di spunti, di forme artistiche, di note ed esempi sulle tecniche realizzative e decorative, da rendere impossibile la visita completa in una ‘seduta’ unica. Il MIC è praticamente un vero e proprio “Louvre” della terracotta in cui sia gli studiosi, sia gli appassionati, sia i curiosi fino ai profani più disincantati possono trovare buon motivo per farci un giro.
In certi pigri ed annoiati momenti di vacanza, infatti, potrebbe essere un’idea intelligente anche per le intere famiglie in quanto praticamente infiniti i percorsi possibili. D’altro canto ogni fascia d’età e cultura, purché conservi un barlume di curiosità, riesce sempre a godere di una ‘full immersion’ nel gusto del bello. Effettivamente, gironzolando sia nei padiglioni storici che in quelli nuovissimi di viale Baccarini, ad un certo punto ci si sente inebriati, colpiti dalla Sindrome di Stendhal: vuoi per la miriade di colori e di forme, vuoi per la mole di cultura che si intuisce esser portata e testimoniata da quella che correntemente viene bollata come una semplice ‘forma di artigianato’. E invece dentro al MIC si spalanca un universo insospettato ai più, capace di far vibrare il cuore oltre alla materia grigia. Tanto che, a un certo punto della visita, verrebbe voglia di levarsi le scarpe e continuare…a piedi nudi. E non perché vi si cammina molto.
Questo museo, in particolare, non mostrando opere d’arte tout-court (quelle che si è abituati a classificare come tali, pitture, sculture etc.) bensì oggetti ‘divenuti’ opere d’arte attraverso la bravura di oscuri manifattori, rende il prodotto più vicino alla gente, lo fa pulsare perfino dietro ad una vetrina. E’ sorprendente il fatto che quegli oggetti, benché in certi casi elaboratissimi ed esagerati, riescano a conservare comunque il senso della loro funzione utilitaria! A ciò va aggiunta l’ ammirazione nei confronti dei ceramisti, della cui bottega pare avvertire la polvere, il frusciare dei torni e l’odore della terracotta calda, esperienza che a molti è capitato di fare almeno come spettatori. Mettiamoci poi l’innegabile fascino che esercita la consapevolezza della povertà della materia prima, ch’è non nei nostri neuroni ma nel DNA di tutti, davvero tutti, gli esseri umani. La prima cosa che l’Uomo ha fatto ai suoi primordi, mettendo insieme finalmente i 4 elementi fondanti della vita, guarda un po’ è stata la ceramica. Che parte dalla Terra, quindi, ciò che ci sostiene e giustifica la nostra evoluzione…
Scalzi al MIC, quindi, per uno slancio ancestrale e recuperare le nostre radici. Divertendosi, intanto, a guardare certe forme bizzarre, certi decori tanto belli quanto elementari, certe fisionomie rese curiose dall’impossibilità, una volta poggiato il pennello sulla prima cottura, di correggere i tratti sbagliati. Creando effetti in certi casi davvero esilaranti.
info su www.micfaenza.org