In uscita in questi giorni il nuovo film di Yuri Ancarani, presentato in anteprima lo scorso settembre nella sezione Orizzonti del Festival del Cinema di Venezia. Si tratta di una tappa importante nel percorso di crescita dell’artista e regista ravennate.
Ancarani si è sempre mosso lungo un incerto confine tra documentario, cinema e videoarte, piuttosto distante dai percorsi seguiti del nostro cinema. Può quindi interessare gli spettatori più curiosi, alla ricerca di modalità espressive meno convenzionali.
Alla base del film non vi è una storia da raccontare e quindi una sceneggiatura già scritta e da mettere su pellicola. Come si legge nelle note di regia: “Atlantide è un film nato senza sceneggiatura. I dialoghi sono rubati alla vita reale, e la storia si è sviluppata nel divenire durante un’osservazione di circa quattro anni, seguendo la vita dei ragazzi”.
Partendo da un piccolo spunto di cronaca, il film esplora un particolare paesaggio e, all’interno di questo, ci racconta di alcuni personaggi che lo abitano. Il paesaggio naturale è quello, molto suggestivo, della laguna di Venezia, le sue placide distese di acqua, i canali, gli isolotti, le città d’acqua con i suoi magnifici palazzi. Di questo mondo è idealmente raffigurata una sorta di periferia, che vive ai margini dei percorsi frequentati dai turisti.
Qui, nell’appartata isola di Sant’Erasmo, vive Daniele. È un ragazzo, che come molti degli altri giovani che abitano in queste isole, vive in una sorta di indolente vuoto esistenziale, fatto di assenza di prospettive per il futuro, interessi o passioni capaci di motivare le proprie risorse interiori (un orizzonte non molto diverso in questo dalle tante periferie delle nostre città). Come loro, ma in parte diverso. Più chiuso, solitario, un po’ escluso dai suoi coetanei. La camera del regista segue Daniele e gli altri ragazzi, immersi in questo magnifico paesaggio, in giornate apparentemente fatte di niente. Giornate attraversate da una sorta di apatia indolente, per sopravvivere alla quale si va alla ricerca di ciò che può procurare emozioni forti e brucianti. La droga. E, come la droga, la passione per i “barchini”. Piccoli motoscafi con motore taroccato, spinti alla massima velocità possibile. Con impianti stereo che pompano a tutto volume musica trap ed elettronica. Eccoli sfrecciare, questi ragazzi, incuranti dei limiti di velocità, in competizioni spericolate, dirette a verificare chi ha il barchino più potente e veloce; per sopravvivere alla noia, o anche solo per fare colpo sulle ragazze. Ecco anche Daniele sfrecciare con loro, velocissimo: ha cambiato il motore della sua barca e vuole far vedere anche lui quanto vale, superando tutti quanti.
In questi rituali, che possono anche essere selvaggi e violenti, si consuma, in una sorta di sfida alla morte, una sorta di iniziazione, che vuole segnare il passaggio all’età adulta, ma che appare destinato al fallimento.
Bello e visionario il film mostra Venezia in una dimensione distopica in cui i canali diventano un passaggio verso un mondo sommerso che riflette immagini impossibili e distorcenti, un percorso senza meta realizzato in un piano sequenza estraniante e psichedelico che di notte ci accompagna alle luci dell’alba di un nuovo giorno, che poi tanto nuovo non è.
Il film è proiettato al Cinemacity di Ravenna, dal 29 novembre al 1° dicembre. Nella proiezione di lunedì 29 novembre il film sarà presente in sala anche il regista, per presentare la sua opera. Ore 20.45. Info: 0544 500410.