Oggi, come un anno fa, la parola che tutti pronunciamo in continuazione è “ripartenza”, sperando che questa sia la volta buona. Tra i tanti a ripartire c’è anche lo ScrittuRa Festival, importante appuntamento ravennate nato nel 2014 e che nel tempo si è ritagliato un ruolo a livello nazionale, prima, e internazionale, poi, tanto da ospitare il Premio Nobel Olga Tokarczuk. Abbiamo intervistato Matteo Cavezzali, direttore artistico a capo del festival, ripercorrendo con lui la storia e le caratteristiche di questa rassegna.
Come sei arrivato a concepire l’idea dello ScrittuRa Festival e la sua struttura?
«Tutto è partito dalla mia passione per la lettura e da uno stabilimento balneare di Marina di Ravenna, Fandango, che ora non c’è più. Il proprietario l’aveva riempito di libri, cosa un po’ strana al mare: così abbiamo iniziato a parlare di questa passione comune. Lì veniva anche lo scrittore Pino Cacucci, traduttore di molti spagnoli e sudamericani. Con loro è nata l’idea di iniziare a invitare alcuni scrittori per fare degli incontri in spiaggia, era il 2009-2010 e invitavamo quelli che Cacucci conosceva, non si chiamava ScrittuRa Festival ed era una cosa informale. A un certo punto il proprietario ha mollato tutto e si è trasferito, nel frattempo apriva il Caffè Letterario a Ravenna. Passando per strada, ho visto che mettevano su l’insegna, mi sono fermato e ho chiesto “Ma voi siete un Caffè Letterario solo di nome o anche di fatto? Perché io, nel frattempo, ho preso dei contatti con gli scrittori e ho iniziato questa cosa…”. La proprietaria è stata molto contenta e abbiamo iniziato a fare gli incontri lì. Pian piano veniva sempre più gente, finché insieme all’assessora alla cultura Ouidad Bakkali e al sindaco Fabrizio Matteucci abbiamo reso questo percorso più istituzionale».
L’edizione di quest’anno, che inizierà il 1° luglio con Daria Bignardi, volge lo sguardo alla scrittura presente in tutte le arti: il rapporto parole-musica sarà raccontato da Giuliano Sangiorgi dei Negramaro e Francesco Bianconi dei Baustelle, mentre il designer Riccardo Falcinelli illustrerà il concetto di “figura” dal Rinascimento a Instagram; Nadia Fusini terrà una lezione su Shakespeare, numerosi altri esperti e scrittori parleranno di editoria, scienza e libri. Il vasto programma è riuscito a mantenere l’equilibrio tra antico e moderno: se da una parte avremo approfondimenti sul mondo classico con Eva Cantarella, dall’altra ci saranno Maura Gancitano e Andrea Colamedici – quelli di Tlon, che hanno sdoganato la riflessione filosofica su Instagram, rendendola fruibile anche ai più giovani. L’accostamento tra vecchio e nuovo non è solo una necessità ma soprattutto una scelta e, in questo senso, la dichiarazione d’intenti arriva dall’anteprima del festival, che si terrà l’8 giugno ed è affidata alla poetessa Olga Tokarczuk: la poesia contemporanea avrà un posto di primo piano durante le celebrazioni dantesche per tutto l’anno, veicolando così il lascito dantesco tramite il confronto sul linguaggio artistico a lui più vicino.
Un’altra partecipante internazionale sarà la scrittrice belga Amélie Nothomb, mentre non si hanno notizie dei due americani da cui Cavezzali stava aspettando conferma. In ogni caso, i nomi e temi che disegnano un ricco calendario sono ancora tanti.
Come si arriva ad avere un programma così articolato e con personalità del calibro del premio Nobel, poco sopra citato? Qual è la “macchina umana” che si muove dietro all’organizzazione di un festival così ambizioso?
«C’è una rete molto fitta di collaboratori. Siamo un’associazione culturale (Onnivoro) e siamo tanti, il personale della Biblioteca Classense ci dà una grossa mano da quando siamo lì, infine ci sono i collaboratori storici, come Stefano Bon e Stefano Carattoni, le sorelle Longo, gli amici del Caffè Letterario di Lugo. Ognuno fa quello che può e riesce, che sia da moderare un incontro, spostare le sedie, andare a prendere un autore in stazione, oppure anche solo accogliere con il sorriso e dare calore umano: io adesso frequento molti festival da scrittore e spesso sei davvero abbandonato a te stesso e quindi dici “vedi allora che noi siamo bravi!”».
In effetti, la reputazione del festival è aumentata notevolmente negli ultimi anni e Cavezzali attribuisce la causa a due fattori: il passaparola e la bella accoglienza, quella – dice lui, mentre noi annuiamo convinti – tipica della Romagna.
«Il pubblico è importante e da noi viene tantissima gente. La grande soddisfazione è che David Szalay, dopo essere venuto a Ravenna, ha scritto Tutto quello che è un uomo, in parte ambientato nella mia città e con cui ha partecipato al Man Booker Prize, il premio più importante della letteratura angloamericana. In questo libro, letto in tutto il mondo, Ravenna è raccontata in un’ottica molto contemporanea, per cui non è più solo quella dei bizantini e di Dante ma è qualcosa di vivo oggi».
Alcuni appuntamenti del festival si svolgeranno a Lugo e Bagnacavallo: se da una parte si coinvolge il territorio, che offre cultura anche in paesi più piccoli e meno conosciuti, ramificarsi su luoghi periferici può rappresentare un rischio per la mancanza di spazi adatti o, semplicemente, meno attrattività.
Come si è sviluppata la volontà di spostarsi in provincia?
«Il sindaco di Lugo Ranalli è un grande appassionato di letteratura e filosofia e veniva spesso agli incontri che organizzavo. Parlando con lui è nata l’idea di collaborare anche perché a me piace fare rete. E da lì si è aggiunta Fusignano, dall’anno scorso anche i lidi e quest’anno Cotignola e poi ci sono progetti di ulteriore espansione. Sono loro che vengono, perché deve nascere da un’intenzione del territorio».
Il dibattito è una formula assente nelle rassegne organizzate dalla squadra di ScrittuRa, come è stato denunciato da Lorenzo Zandoli, responsabile provinciale dei giovani della Lega: ritieni possa esserci spazio di riflessione su come affrontare alcuni temi come, ad esempio, quello della cittadinanza, di cui ha parlato lo storico Francesco Filippi, invitato a Scritture di frontiera?
«Il festival letterario è e deve essere l’opposto del salotto televisivo. La televisione fa in modo di creare questi dibattiti finti fatti di insulti, clamore e frasi fatte, dove si cerca di far litigare due persone che la pensano in maniera diversa. Non è quello che voglio fare: io invito degli ospiti e con loro parlo di determinati argomenti. Non ho mai chiesto a nessuno cosa votasse, non mi interessa e non ho mai fatto vedere all’amministrazione i programmi, li scoprono il giorno della conferenza stampa. Detto questo, ho invitato moltissimi pensatori di destra, non è quella la discriminante: se uno scrive cose interessanti, io lo invito. Se fosse vivo Céline, l’avrei invitato senza pensarci. Nel corso degli anni abbiamo invitato Mario Giordano, Gianluigi Nuzzi, Pierluigi Battista, Lilin, però non vengono per parlare di politica, ma di letteratura. Forse il problema è più negli intellettuali di destra, magari bravissimi romanzieri, che però preferiscono non esporsi politicamente. Ma la cosa che mi ha stupito di questo attacco è che ai nostri incontri vengono veramente tutti i cittadini, ho visto diverse persone attive in partiti di opposizione. Dare contro a un evento culturale si rivolta contro, perché tutti sono interessati alla letteratura, forse una nicchia di tutti, ma comunque ci sono quelli di destra come quelli di sinistra. In Trentino lavoro con un’amministrazione della Lega e anche lì non mi chiedono niente, non vogliono sapere prima chi invito. Lavoro nello stesso modo da Salerno al Trentino e non ho mai avuto problemi con nessuno, proprio perché sanno che faccio le cose in maniera indipendente».
I festival letterari in Italia sembrano non mancare, qual è il loro stato di salute? Tra questi grandi eventi c’è competizione o complementarità?
«È un momento molto positivo, perché il festival è una forma di partecipazione che le persone sentono molto e credo che in questa ripartenza post Covid si veda quanto avessero bisogno di tale dimensione piacevole. Sulla collaborazione, ne è nata una tra più di quaranta festival italiani, sotto l’insegna dell’anno dantesco: si chiama Piazza Dante, tutti i contenuti relativi alla tematica dantesca di ciascun festival finiranno in un unico contenitore online, un sito che prenderà questi materiali e diventerà una sorta di archivio nazionale. La notizia ha avuto molto riscontro anche all’estero, ne hanno parlato molti giornali perché è un esempio di collaborazione in un paese di campanili».
Il programma di ScrittuRa Festival 2021 è qui.