Ravenna Teatro ha deciso di destinare l’intero importo dei fondi d’emergenza ricevuti in questi mesi ad artisti, residenze e spazi di ricerca. Ne abbiamo parlato con il Presidente.
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Siete autori di due recenti decisioni virtuose: il pagamento alle Compagnie coinvolte nella Stagione Ravenna-viso-in-aria dei cachet pattuiti per gli spettacoli annullati a causa dalle restrizioni sanitarie e l’aver destinato l’intero importo del fondo di emergenza e dei finanziamenti previsti per attività che non avete potuto svolgere (circa 70.000 euro, oltre alle spese che sosterrete per l’apertura degli spazi) ad artisti, attrici, attori, Compagnie, collettivi e teatri con meno tutele delle vostre. In che modo tali scelte si inscrivono nella vostra storia?
Abbiamo sempre vissuto il nostro essere centro teatrale attraverso il confronto e il sostegno ad altri gruppi. Negli anni Novanta affiancando e sostenendo la crescita di allora giovani Compagnie come, tra gli altri, Fanny e Alexander, oppure con la realizzazione di Stagioni come Ravenna viso-in-aria, organizzate assieme ad altre realtà titolari di spazi di spettacolo della nostra città, fornendo loro un contributo economico e lasciando autonomia nelle scelte di programmazione. Anche oggi non ci corrisponde la difesa di una posizione raggiunta e più crescono nuove realtà teatrali più forte sarà il nostro teatro.
Metterete a disposizione il Teatro Rasi e l’atelier-laboratorio Vulkano per alcune residenze, con strumentazioni tecniche, organizzative e un contributo per lavorare in sicurezza. Tra gli altri, usufruiranno di questa opportunità Pietro Babina, Alessandro Berti e Roberto Corradino. Come avete individuato gli artisti da sostenere, tra i moltissimi con cui siete in contatto?
Hanno lavorato direttamente alla scelta delle realtà da sostenere Laura Redaelli, Alessandro Argnani e Alessandro Renda. A loro abbiamo delegato il compito della selezione. Abbiamo pensato a realtà e a gruppi non sovvenzionati dal Ministero e che operano in tutto il territorio nazionale. Soprattutto realtà giovani. Per gli artisti in particolare a cui fai riferimento la scelta è stata dettata dall’alta qualità del loro lavoro artistico.
Altri riceveranno un contributo perché da voi considerati «spazi teatrali generanti e necessari». Cosa rende tale uno spazio o un’azione artistica, oggi, secondo te?
La capacità di dialogo con il territorio e con altre realtà teatrali in un’ottica di collaborazione, di creazione di luoghi. La capacità di essere creatori di relazioni. Ci sono realtà anche diversissime, per dimensione e collocazione, in cui si respira la stessa aria. Penso al Teatro Elfo-Puccini, in corso Buenos Aires a Milano, moderna e efficiente multisala teatrale, o alle Ariette e al teatro che hanno costruito in cima a una collina, tra i campi da loro coltivati. Li sento come luoghi generanti e necessari.
Sosterrete, infine, alcune realtà «che da tempo e con tenacia avvicinano il teatro alle nuove generazioni»: tra riconoscimento del già noto e avvicinamento a contenuti inediti e forme inaudite cosa credi sia corretto offrire, al pubblico dei ragazzi?
Più che alla parola “offrire” penserei al concetto di “condivisione”, all’idea di creare ponti reali tra la pratica artistica e le “infinite nuove generazioni”. In questa direzione va tutta l’esperienza della non-scuola che ha favorito la nascita di alcune realtà presenti in questo progetto, come il Collettivo LaCorsa e KËR Théâtre Mandiaye N’diaye. Siamo inoltre entrati in dialogo con altri artisti che operano in questa direzione – penso in particolare a Isola Teatro e a IAC-Centro Arti Integrate di Matera.
Un auspicio per i mesi a venire?
Usciremo da questa pandemia se sapremo sostituire la parola “ecologia” ad “economia”. Queste due parole hanno la medesima radice, oikos, casa. Mentre il nomos è la norma, il logos è il pensiero. Credo sia sempre necessario un pensiero per affrontare la sostenibilità delle norme. In altri termini questa pandemia ci fa comprendere i limiti di società come le nostre, che danno la priorità alla produzione e al consumo di beni quando invece sarebbe necessario considerare e reinventare prima di tutto le relazioni tra uomini, animali e piante.
Grazie.
MICHELE PASCARELLA
info > http://www.ravennateatro.com/