Io sono il mare, l’esordio letterario di Caterina Mazzuccato ci porta lontano in un viaggio insolito e del tutto inaspettato. Ci riporta alle origini della vita, allo stato primordiale, in un mondo riconoscibile alla nascita: l’imprinting.
Foreste di animali, praterie di posidonia, metropoli di coralli. Alghe dai colori cangianti e spugne multiforme. Briozoi, tunicati, molluschi e animali marini che mutano sesso a seconda dei cicli lunari.
Un mondo inesplorato in un universo rovesciato dove la scienza soccorre al fluttuante fantastico che l’autrice bolognese ci racconta con i toni del noir.
Con la scrittura si apre un mondo fantastico. Come è iniziata l’avventura della scrittura?
«Io mi sono sempre occupata di storie, in un modo o nell’altro, tutta la vita che gira attorno alle storie, me le faccio raccontare, le ascolto e me le racconto. Ad un certo punto ho capito che le storie, sentirle raccontarle, stargli vicino, è stato il mio modo di credere nel mondo, di poter vivere la realtà. Ad un certo punto tutto questo accumulo di storie narrate, ascoltate, vissute, sono traboccate e sfociate in questo libro. Il mio bagaglio interiore è uscito fuori e così ho scritto Io sono il mare, ci ho impiegato parecchi anni anche perchè il libro è frutto di ricerche e oltre le ricerche per il romanzo, dentro, vi si condensa tutta la mia vita. Tutto quello che c’è stato e entrato a contatto con le mie storie è dentro Io sono il mare».
Sorprendente come descrivi approfonditamente la fauna marina, la narrazione letteraria si compenetra con la scienza
«Si è proprio questo. Vi sono una miriade di creature che popolano il mare, sono quasi un paese delle meraviglie, un mondo fantastico che però è la realtà che ci circonda, è anche l’idea di incontrare la storia del mondo, la storia della vita e che in qualche modo tutto si realizzi».
Tutto è in equilibrio, la natura è armonica e affascina la magia della trasformazione del mondo animale sommerso, nulla è lasciato al caso, la solitudine viene soppiantata da nuova forma e vita
«Esatto, è un mondo meraviglioso, fantastico, in cui ci sono mostri e creature divine che ci sorprende e racconta tantissimo di noi. Io le ho usate per raccontare in realtà le nostre sensazioni, il nostro modo di vivere, la nostra interiorità. Questo nostro sub che si avvia verso l’abisso del suo essere e nello stesso tempo va nell’abisso marino tra le creature che gli raccontano in qualche modo di se stesso».
Lui, il protagonista, fa un’introspezione immersiva per gradi, come fanno i sub
«Esatto, è proprio quello che si avvera, con la sua ritualità ed i suoi tempi».
Il libro è tanto, è pregno, ma allo stesso tempo nella lettura è snello
«Effettivamente si, è una cosa che mi è piaciuto fare, quest’esplosione di storie diverse dentro un’unica storia».
Hai affermato: ‘Il mio bagaglio sono tutte le storie che ho sentito raccontare’ e ti chiedo: sono le storie che hanno fatto il libro oppure è il libro che ha fatto la storia?
«Le storie che ho sentito raccontare si sono intrecciate, impastate con la mia vita e la mia vita si è intrecciata e impastata con la scrittura del libro. Il risultato è un ‘brodo primordiale’, mi ha detto delle cose, tante cose, quindi ho atteso molto tempo prima di pubblicarlo, è come se io stessa, le storie stesse, la mia vita stessa non potesse esistere senza fare esistere lui e non ti so dire chi prima e chi dopo, perchè è come una genesi totale per me».
Descrivi i luoghi, alcuni riconoscibili come Sant’Antioco, Carloforte e Marettimo, come anche i personaggi e le loro storie con dovizia di particolari. In tutto ciò quanto c’è di reale e quanto di fantastico?
«Si, c’è tutto, c’è tutto il mediterraneo italiano, tutti i luoghi che ho conosciuto. C’è l’Adriatico, la Puglia, la Calabria, la Campania e la Liguria, certamente la presenza della Sardegna e dei suoi paesaggi straordinari e mutevoli è inequivocabilmente maggiore rispetto alle altre, ma c’è anche moltissima Puglia, ed il luogo in cui Lui abita è un’esplosione di tutti questi posti, è il luogo simbolo, è un luogo che raccoglie tutte le meraviglie, ci sono gli ulivi salentini ma anche i nuraghe sardi, che non sono esplicitati ma sono nei racconti, sono sotto le parole».
Ho riconosciuto i luoghi, il racconto si colora, è ricco di suoni e profumi che si traducono in un sottofondo musicale, si sente, si percepisce
«Esatto, è un tappeto che lega, o meglio, che dovrebbe legare l’esperienza di quest’uomo che si trova nel Mediterraneo, luogo dove la civiltà è nata oltre che essere luogo del cuore».
La lettura è appassionata. I nomi di Lui e di Lei non compaiono, la storia li assorbe, una sfumatura che li rende famigliari al lettore
«Non ci sono – Caterina sorride – sono persone riconducibili ad una propria individualità ma, nello stesso tempo, sono anche ‘Lui e Lei’, è come se il passato senza Lui e Lei, nel momento in cui li cogliamo, non fosse importante. Nell’insieme – aggiunge – devo dire che mi piace molto e mi diverto anche nel giocare con i ruoli classici del maschile e del femminile. Io parlo come un uomo, ma nello stesso tempo la figura più libera e più forte è Lei. Il femminile ed il maschile trovano un rimando e si ribaltano un po’ come succede spesso in alcune creature marine, ed anche lì c’è sempre una creatura marina che mi aiuta a raccontare il nostro mondo invece di umani, perchè volevo descrivere le nostre sensazioni, emozioni al meglio, ma anche per ridimensionare in un certo senso la figura antropocentrica dell’uomo».
Un romanzo appassionato, il percorso introspettivo di un uomo che attraverso un fatto di cronaca cerca il proprio riscatto emotivo
«Esattamente, altro grande tema è l’intreccio inestricabile tra vita e morte, noi che viviamo e crediamo che poi c’è un’unica via. Non sempre è così o tutto bianco o tutto nero»
Ritorniamo alla nostra lettura, si assumono i toni del noir: in una cornice apparentemente quieta improvvisamente una ragazza scompare. E’ qui che si apre l’enigma, hai reso al lettore il preludio di un nuovo romanzo o il sequel?
«In verità è la coda di un romanzo che non è mai stato, di un romanzo precedente. Posso dirti che è la fine di un primo romanzo che non ha mai visto la luce».
Il libro trae ispirazione da un fatto di cronaca?
«Si è un fatto di cronaca. O meglio, il romanzo parte da un fatto reale rimaneggiato ma è anche la spoglia di un romanzo mai ‘esistito’ che ha confluito in questo».
Racconti i personaggi e i loro aneddoti di vita. Dove inizia la realtà e finisce l’invenzione?
«Sono frutto di mia invenzione. Nel racconto del faro parto da un nome, Ventura, era il guardiano del faro di Marettimo, di lui riporto un racconto orale che avevo sentito e che ho completamente rimaneggiato. L’unica cosa, invece, che ho voluto che rispecchiasse fedelmente la realtà, perchè è quella che ho vissuto, è la parte su Chiara Vigo, anche perchè sarei felicissima che più persone andassero a trovarla».
Ci sarebbe ancora tanto da raccontare, con il suo primo romanzo Caterina Mazzucato ha saputo sondare l’animo umano con grazia e garbo come si fa quando ci si immerge per esplorare i fondali ed arrivare giù, in profondità, sino agli abissi dove tutto è imperscrutabile e cupo, dove l’inaspettato può trasformarsi in pericolo o tradursi in luce, epifania dell’essere.
Lettura consigliata!
Io sono il mare di Caterina Mazzucato
Edizione Il Saggiatore