Il suo pianoforte? “È una navicella spaziale – dice -: le persone ci salgono a bordo e vanno a esplorare universi del tutto personali”. È un viaggio emozionante e introspettivo quello che Remo Anzovino porta sabato 18 luglio a Cesena: nella cornice suggestiva della Rocca Malatestiana lo sarà ancora di più, complice la magia dei primi raggi del sole che sorge. Alle 7 il pianista friulano inaugura l’ottava edizione di Acieloaperto, la rassegna organizzata da Retropop Live che, dopo mesi di incertezza e di concerti rimandati alla prossima estate, si ripropone al pubblico in una nuova versione adattata al contesto attuale. Si parte con un concerto a ingresso libero all’alba, “metafora di una rinascita, anche della musica dal vivo, dopo il più grande buio che abbiamo attraversato dal dopoguerra ad oggi”, ci racconta l’artista.
Considerato dalla critica e dal pubblico uno dei più originali compositori e pianisti in circolazione, nonché il nuovo vero erede della grande tradizione italiana nella musica da film, Anzovino – nato a Pordenone, ma con sangue napoletano, classe 1976 – ha esordito agli inizi del Duemila componendo le musiche per i maggiori capolavori del cinema muto (più di 30 pellicole), collaborando con le più prestigiose cineteche e partecipando con colonne sonore di sua composizione ai principali festival e rassegne internazionali. Ha all’attivo cinque album registrati in studio e due progetti speciali dedicati a Pasolini e a Muhammad Ali e ha composto le colonne sonore di cinque documentari d’arte dedicati a Van Gogh, Frida Kahlo, Picasso, Monet e Gauguin, che gli sono valsi il Nastro D’Argento 2019. Parallelamente al percorso discografico ha sviluppato un’intensa carriera concertistica in Italia e in tutto il mondo.
Remo, cosa porterai sul palco cesenate?
Ogni mio concerto all’alba è un unicum, ispirato al luogo che lo accoglie e costruito poche ore prima di salire sul palco. Sono felicissimo di ripartire da un luogo così simbolico per Cesena come la Rocca Malatestiana: quello che porterò sul palco non sarà un semplice concerto, ma un’esperienza collettiva molto potente e anche trasgressiva, nella più grande scenografia naturale che nessun teatro ci può dare.
Dove sta la trasgressione?
Intanto nell’orario del concerto, che porta il pubblico a svegliarsi di notte per assistere. E poi nell’esperienza che ognuno vive: la mia musica ha la capacità di parlare alle persone delle persone, e lo fa in modo trasgressivo. Ognuno nella mia musica trova i suoi segreti e, senza il vincolo delle parole, dà libero sfogo all’immaginazione, che è il tesoro più grande che l’essere umano ha. È l’immaginazione ciò che ci mantiene vivi, ha a che fare con i sogni, con i desideri.
Qual è la peculiarità di un concerto con le prime luci del sole?
Fare un concerto all’alba significa essere la colonna sonora istantanea della diagonale della luce di un giorno che nasce. Giorno in cui c’è sempre qualcosa che muore e qualcosa che rinasce: in questo senso è anche una grande metafora di quello che accade dentro di noi, che ogni giorno perdiamo e troviamo qualcosa.
Cos’hai fatto durante il lockdown?
Come il personale sanitario si è preso cura dei malati, io nel mio piccolo mi sono preso cura delle persone che mi seguono. L’ho fatto inventando un nuovo format audiovisivo, il Diario Sonoro: 15 puntate costruite per i social nelle quali, con il mio pianoforte, ho ripercorso il mio repertorio esplorando vari territori musicali. Ne ho anche approfittato per terminare la colonna sonora del nuovo film di Corsicato.
Musica e cinema e poi musica e arte: un altro ambito che ti piacerebbe esplorare?
Credo che la musica possa essere legata a qualsiasi contenitore la voglia accogliere. Io ho un grande rapporto con la natura e con gli spazi, mi piacerebbe raccontare i luoghi legati alla storia, alle nostre radici.
Parlando di musica e cinema, non si può non spendere una parola per Ennio Morricone, che ci ha lasciati di recente: cosa ha rappresentato per te questo maestro?
Non avrei mai potuto immaginare il mio mestiere senza la rivoluzione che lui, con la sua musica, ha portato nel cinema: il binomio con Sergio Leone è una pietra miliare, ancor più di quello fra Hitchcock e Herrmann. Ha introdotto dei suoni che non si erano mai sentiti prima nel cinema. Ai compositori e ai musicisti, poi, ha lasciato una grande lezione: la dedizione per lo studio. Se vuoi fare questo mestiere, diceva il maestro, devi conoscere anche il contrappunto e la fuga, non si può improvvisare. Un film, poi, è una grande metafora del rapporto con il pubblico.
Cosa intendi?
Un concerto deve essere in qualche modo un film. Le persone, quando finisce, si portano a casa una storia, la loro storia: questa è la mia ambizione.