Riaprono gli spazi espositivi della Fondazione MAST e ritorna visitabile la mostra “Uniform. Into the work/Out of the work” a cura di Urs Staehl.
Uno straordinario regesto di mondi e di espressioni umane legate alla vita lavorativa che raccontano in oltre 600 immagini il confine spesso labile tra personalità e attività lavorativa. Uniformi, divise, colletti bianchi, blu o rosa: l’appartenenza a una categoria impone un conformismo di azioni e di stili che sembra riflettersi nel pensiero e nell’aspetto di chi ne fa parte. Come racconta Staehl nel testo che accompagna la mostra: “Con l’abbigliamento da lavoro distinguiamo tra diverse forme e categorie professionali […]In tutte queste opere percepiamo chiaramente come non solo l’abbigliamento, ma anche la postura del corpo contribuiscano a raccontare la storia delle condizioni di lavoro.”
Quarantacinque gli artisti in mostra, per due sezioni espositive distinte che indagano tutti gli aspetti della vita lavorativa: una collettiva che nella PhotoGallery riunisce autori storicizzati quali Manuel Alvarez Bravo, Walker Evans, Arno Fischer, Irving Penn, Herb Ritts, August Sander e fotografi contemporanei come Paola Agosti, Sonja Braas, Song Chao, Clegg Guttmann, Hans Danuser, Barbara Davatz, Roland Fischer, Andrè Gelpke, Helga Paris, Tobias Kaspar, Herline Koelbl, Paolo Pellegrin, Timm Rautert, Oliver Sieber, Sebastião Salgado; e una monografica allestita nella Gallery/Foyer dedicata a Walead Behsty e al suo progetto dei “Ritratti Industriali”.
La mostra parte dalle immagini di Stephen Waddell allestite all’ingresso della PhotoGallery,
mettendo in relazione diretta due mondi, quello della classe operaia e quello dell’upper-class, e tracciando l’inizio di questo straordinario racconto per immagini che si muove sul labile confine tra essere e apparire. I “piccoli mestieri” – come li chiama Irving Penn – sono i soggetti di immagini che raccontano della durezza della vita nella società contemporanea, di minatori di Song Chao ai lavoratori di un supermercato tedesco fotografati da Marianne Mueller, con uno focus dedicato all’Italia nei volti delle operaie della Fiat ritratte da Paola Agosti. Sono invece i dirigenti di una grande industria i soggetti scelti da Clegg Guttmann, i cui volti emergono dall’ombra di uno sfondo scuro e indefinito, un’analisi psicologica fatta contrasti di luce che ricorda la pittura del Seicento italiano. Negli scatti di August Sander, torniamo a riflettere sulla simbiosi tra persona, professione e ruolo sociale, che l’autore descrive in modo magistralmente.
Sono 364 le immagini di Walead Beasty nella Gallery/Foyer, suddivise in sette gruppi di
cinquantadue fotografie ciascuno: artisti, collezionisti, curatori, galleristi, tecnici, altri
professionisti, direttori e operatori di istituzioni museali. E’ un dialogo interno al mondo dell’arte, che racconta di protagonisti e autori tra i più importanti del sistema internazionale. Nessuna divisa, nessuna distinzione per abiti o accessori caratterizza questi personaggi. Eppure si osserva una distinzione chiara nei ruoli: un messo nostalgico in cui il contesto ha il sopravvento e ingloba in sé l’essenza dell’individuo.
Fino a Settembre 2020
Fondazione MAST, Bologna, via Speranza, 42. Info & Orari: mast.org