Everyday Design: mettiamoci una croce sopra

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Gli antenati della nostra scheda elettorale sono le pietre colorate dell’Atene di Pericle (insieme ai frammenti di terracotta, gli ostrakon, che però servivano per esiliare un cittadino), e le foglie di palma che si usavano in India nelle assemblee del villaggio.

La nascita della scheda vera e propria si deve alla Lex Gabinia Tabellaria, nella Roma del II secolo a.C., che stabiliva il voto per iscritto, su una tavoletta detta tabella, e che introdusse anche la segretezza del voto. Nel XIII secolo, a Venezia, si votava con palline colorate, dette ballote. Parola da cui discendono il termine italiano ballottaggio, l’inglese ballot e ballot paper e il francese ballottage.

Oggi le schede elettorali sono prodotte dell’Istituto Poligrafico dello Stato, su carta da 90 grammi per metro quadro. Hanno colori diversi, a seconda dell’ambito elettorale: rosa Pantone U-230 per la Camera, giallo Pantone U-121 per il Senato, verde per le elezioni regionali, ecc. Dopo il voto, saranno conservate per almeno cinque anni, poi andranno al riciclo (le cartiere le acquistano volentieri, perché la carta è di qualità), e diventeranno carta riciclata, imballaggi o carta per uso igienico (non fate battute facili…).

Naturalmente il design della scheda, cioè il suo progetto grafico, può favorire o penalizzare la correttezza della competizione elettorale. Un layout inadeguato genera confusione e può indurre in errore l’elettore. Nel 2000 la scheda diffusa nella Contea di Palm Beach per le Presidenziali americane – una pagina doppia con nomi su entrambi i lati, ma una sola colonna di cerchi da forare al centro – fu paragonata ad un labirinto, e probabilmente penalizzò il secondo candidato, Al Gore, perché per votarlo bisognava forare il terzo cerchio invece del secondo, che era accanto al suo nome.

In Italia, nel 2006 si raggiunse un record dimensionale: la scheda era larga ben 65 centimetri!

Per fare la croce sulle schede nostrane si usa un particolare tipo di matita, detta copiativa, che, oltre alla grafite, contiene coloranti e collanti, grazie ai quali traccia un segno indelebile. Oggi questo risultato si potrebbe ottenere anche con una penna biro, ma questa potrebbe lasciare una traccia visibile sull’altro lato della carta, mettendo a rischio la segretezza del voto.

Ah, non so perché, molti credono che, per lasciare un segno indelebile, la punta della matita si debba inumidire. Non è vero, non fatelo. E soprattutto, non fatelo con la lingua, a meno che non vogliate contrarre qualche virus…

Roberto Ossani – Docente di Design della Comunicazione – ISIA Faenza