Una specie di boato mi ha svegliato nel cuore della notte, una delle poche volte che stavo sognando qualcosa di bello, forse delle tette. Mi sono alzato di scatto e ho esclamato “Hai sentito anche tu, cara?” Ma di fianco a me non c’è più nessuno, sono completamente solo in casa e non ho ricevuto alcuna risposta. Sono uscito sul balcone a guardare e forse sarebbe stato meglio non farlo. Le guardie hanno mitragliato un ragazzo che giace sulla strada immobile quasi tagliato in due dalla raffica. Lo riconosco perché il suo volto è intatto e sembra che dorma: è Andreino, il figlio del fornaio, abita in fondo alla via. Un bravo ragazzo, avrà si e no 15 anni soltanto.
“Scusate, ma perché gli avete sparato?”
I tre giovani militari, che sommati assieme avranno i miei anni, mi guardano in maniera interrogativa e un po’ spazientita.
“Ma a lei scusi, cosa importa? Torni a dormire, faccia il bravo.”
“Ma come, scusate, avete mitragliato Andreino? Se c’era una brava persona in questo schifoso mondo, era proprio lui!”
“Se ne andava in giro a correre come se fosse il 2019, se l’è cercata! Torni a dormire, faccia la cosa più giusta”.
“Ma siete pazzi, dico? Quel ragazzo soffriva di autismo, aveva un permesso speciale per poter uscire. Ma vi rendete conto?”
“Adesso lei sta cominciando ad esagerare sa? Noi non abbiamo visto nessun permesso e lei è pregato di rientrare in casa altrimenti saremo costretti a spararle!”
Mi conviene rientrare, anche se forse una raffica di mitragliatrice in questo momento sarebbe più utile di qualsiasi promessa. Sì, la promessa che fra 1000 giorni saremo tutti liberi di tornare a vivere come e pure meglio di prima. Nessuno sa più chi ci sia a capo di questo Paese. Il Premier Giovanotto è stato abbattuto sul suo jet privato mentre cercava di volarsene alle Canarie partendo dall’aeroporto militare di Cervia. Aveva inventato lo slogan “Io penso positivo finchè son vivo” ma adesso è morto, disintegrato sul cielo di Faenza. Non posso credere che là fuori abbiano appena sparato al piccolo Andreino. Ormai siamo abituati alle peggior cose, ci appare tutto estraneo, nessuno si espone più. Ce ne stiamo tutti nascosti, al sicuro dentro casa con la nostra follia, a impastare pane e pizza con la poca farina Nett-Flix rimasta in circolazione. Non posso andare a dormire, non riuscirei a prender sonno. Non posso uscire, non posso accendere la tv perché non c’è luce. Se ci fosse mia moglie le potrei dar la colpa, giusto per litigare un po’. Non posso neppure tirarmi un colpo di pistola perché se l’è presa mio figlio quando se ne è andato oltre due settimane fa. Sono sicuro che non lo rivedrò più. Anche se dovessi arrivare vivo alla fine di questa reclusione, alla fine di questi fatidici 1000 giorni che hanno un sapore biblico di totale redenzione, non avrebbe comunque senso. Non ci sarebbe nulla capace di darmi un buon motivo ad andare avanti. Potrei correre verso il mare, adesso in piena notte, cercando di schivare i proiettili e le camionette … ah, no! Hanno tolto pure quello, nascosto sotto un metro di catrame e scorie radioattive. Non ho più il conforto della lettura, i libri li ho bruciati tutti per alimentare il fuoco che uso per cucinare. Ho bruciato anche la pagina di giornale con la foto del mare. Tenerla sarebbe stato più doloroso. Posso soltanto pregare. O sognare ad occhi aperti, per esempio, che si tratti solo di un sogno.